martedì 27 gennaio 2015

Mike Leigh a Roma per presentare "Turner" - premio al miglior attore per Timothy Spall al Festival di Cannes e ora in corsa per l'Oscar -, che racconta 26 anni dell'artista inglese che rivoluzionò la pittura dell'Ottocento

Da 29 gennaio approda in sala “Turner” di Mike Leigh con Timothy Spall, miglior attore al Festival di Cannes e in corsa per l’Oscar, e per l’occasione abbiamo incontrato il regista a Roma per parlare del film e del suo protagonista, dato che racconta l’ultimo quarto di secolo dell’esistenza dell’artista inglese che rivoluzionò la pittura nell’Ottocento.
“Io non scrivo sceneggiature – risponde Leigh sulla scelta dell’attore, già interprete di alcuni dei suoi film più celebri (da “Topsy-Turvy” a “Segreti e bugie”) -, il copione è il risultato di una lunga collaborazione e di prove, un processo di conoscenza con gli attori. Timothy è stata la prima e unica persona a cui ho pensato, e lui ha accolto la mia proposta convenendo con me che dovesse imparasre a dipingere, durante i due anni e mezzo di lavoro sul progetto”.
“Non è un documentario ma una riflessione su 26 anni della sua vita – confessa -, ci sono tante cose che ci sono e altrettante che non ci sono, ho dovuto fare una sorta di selezione ottica per trasmettere l’essenza dell’uomo e dell’artista, sono stato costretto all’esclusione di un’importante meta dei suoi viaggi e ispirazione dei suoi quadri come Venezia perché sarebbe costato spostare l’intera troupe per una sequenza, di più ambientata in un’altra epoca. Nel contesto dei limiti ho cercato di fare tutto quello che potevo rispettando la veridicità degli eventi, il film è una sorta di distillato il più vero possibile, racconta di un gruppo di persone, di un essere umano e di un artista. Possiamo considerare una scena documentaria, quella della Royal Academy perché accadde veramente. Turner vide il suoi dipinto dominato dal grigio che era stato collocato accanto a quello dai rossi accessi di John Constable e mise un macchia rossa sull’acqua che poi trasformò in una boa. Ho cercato di dare una struttura cinematografica a tutti i documenti raccolti all’interno della finzione perché fosse più vicina alla realtà”. “D’altra parte se attraverso una macchina del tempo che ci catapultasse nel 1832 probabilmente questo film non avrebbe niente a che fare perché è la visione di un uomo vissuto nel nostro tempo, però il frutto è rappresentare l’essenza dell’uomo”.
“Non ho avuto mai l’intenzione – prosegue - di creare una struttura narrativa del film sul modo di vivere e di lavorare di Turner perché non è un biopic, ma una costruzione basata sul binomio causa-effetto, la contrapposizione tra immagini ed eventi è il risultato, una somma ‘incausale’ di quanto è stato, in parte è una riflessione sulla natura dell’arte e dell’essere artista. Il film non spiega il processo creativo perché è impossibile spiegarlo, non si può; ma è una riflessione sul mestiere, sull’ardua impresa della pratica artistica, il sublime in costante tensione col vivere quotidiano”. “Esistono molti disegni di prostitute, però John Ruskin che è stato l’esecutore testamentario oltre che critico e sostenitore di Turner, per bigottismo ne ha distrutto una gran parte, quelli sopravvissuti fanno parte dell’archivio, e su questi è stato pubblicato un libricino di disegni erotici”. “Sulla ragazza morta annegata nel Tamigi - aggiunge -, Turner non ha potuto trattenersi (la scena prima del finale ndr.) e di alzarsi dal letto per poter disegnarla, è un documento che ha un valore simbolico e metaforico, perché lui dedica un ultimo sforzo per disegnare una ragazza morta nell’approssimarsi della sua morte”.
“Turner reagiva alla vita e agli elementi naturali con grande e diversa sensibilità, quindi anche all’amore e ai rapporti interpersonali. Io, invece, ho frequentato la scuola arte e in realtà so disegnare e dipingere, ma è qualcosa che non ho mai praticato, ho sempre fatto cinema e teatro, guardo e seguo l’arte, perché il cinema è un insieme di pittura, fotografia, architettura, scultura, musica, inoltre l’arte fa parte del bagaglio culturale e cinematografico. Non sono un collezionista, ma posseggo opere opere di illustratori e fumettisti, mai dipinti, quadri, anche perché vivo in un appartamento vittoriano che ha tante finestre e poche pareti”. “Anche l’episodio che riguarda la fotografia – dichiara - è un fatto realmente accaduto, ci sono tanti scritti che dimostrano quanto Turner fosse affascinato dalla fotografia tanto da farsi fotografare, ne ha colto gli elementi e lo sviluppo che questo mezzo avrebbe avuto in futuro. La cosa che lo stupisce è che la foto non è a colori e, forse, è stato l’unico a pensarci allora. Ho ritenuto fondamentale includere questi eventi per illustrare una personalità e le implicazione che la fotografia ha impattato sulla sua pittura, nonostante lui avesse già compiuto una vera rivoluzione nella pittura e dimostrato di essere un grande anticipatore dell’impressionismo e dell’arte pittorica del suo secolo. Infatti, vedeva nella fotografia una sorta di reincarnazione della pittura”.
“E’ difficile ragionare sul fenomeno internet – a domanda risponde, a proposito di nuove tecnologie e sul proliferare di nuovi mezzi espressivi artistici o meno - e sulla sua influenza sull’arte in assenza di dati, ci vuole distanza e oggettività, certo è facile adesso speculare, ma andrebbe analizzato solo a rivoluzione o cambiamento accaduto. Quello che sento, in un grande disegno di cose, non credo sia un pericolo per l’arte, l’immagine della bellezza o di grottesco non può cambiare, nell’uomo prevale l’essere creativo; non credo sia totalmente negativo ma qualcosa di nuovo, un nuovo linguaggio non ancora acquisito, quello che è digerito assimilato preso, non mi fa paura, è un pessimismo che non condivido. Una volta dicevano che la fotografia avrebbe annientato la pittura, poi che la tivù avrebbe ucciso il cinema, ma questi pronostici non si sono avverati. Io vedo, invece, dei giovani cineasti e artisti che si stanno impossessando di questi nuovi modi espressivi con buoni risultati”.
“Non mi piace come il cinema vede le persone, artisti e non – riprende sulla figura dell’artista al cinema -, la vita non è quella di Hollywood, credo che da questo dipenda il successo di questo film. Il fatto è che abbiamo a che fare con immagini iconiche, con dei miti, ma se decidiamo di affrontare e trattare l’esistenza umana come era allora, e per quello che è la vita, dobbiamo mostrare che è imperfetta, sporca, disordinata, dove il sesso non è meraviglioso, l’amore non è bellissimo, le persone non sono belle come nei film americani. Da piccolo ho sempre guardato la realtà intorno a me e ho cercato di rappresentarla in maniera onesta perché mi affascina poter decidere su questo mestiere, sovvertire l’idea precostituita, tutto ciò mi ha spinto a raccontare Turner mostrandolo nel suo secolo. Noi oggi ci facciamo la doccia tutti i giorni, lui, forse, non l’ha mai fatta. La gente spesso vede l’artista come una persona quasi angelica, una signora mi disse dopo aver visto il film ‘non immaginavo Turner potesse essere così nell’aspetto e nello stile di vita’, come se i quadri fossero una versione ectoplasmatica sulla tela, invece, lui è uno che si sporca le mani per fare un’arte sublime”. “Da un lato Turner era affascinato dalla luce ultravioletta dall’altra dalla ferrovia – afferma -, per questo motivo era un grande rivoluzionario, era qualcosa che veniva dal suo interno, era un prodotto della sua epoca, ne aveva stessa fascinazione, anche nell’assorbire quello che c’era attorno a lui, questo lo ha portato ad essere rivoluzionario nell’espressione artistica. Impossibile affrontarlo negli anni Venti perché non si erano riflessi sulla sua arte, poi invece a inserito determinati colori, i rossi, tutti ci alimentiamo di ogni cosa”.
“Amava mangiare, bere, scopare, ridere. Il suo atteggiamento era un po’ quello che noi abbiamo nei confronti dei critici, Turner considerava Ruskin un ‘cazzone’, ma è entrato nella sua vita con entusiasmo, e diventato il suo paladino. Turner ne aveva un atteggiamento ambivalente verso di lui, lo considerava un po’ eccessivo, faticoso da seguire, però si fidava di lui. Il film emana respira traspira quello che Turner aveva nella sua tavolozza, nello spirito, nella realtà della vita, per riuscire ad apprendere tutto questo ho studiato i suoi quadri ad olio, gli acquerelli, i disegni, i colori, ci è voluto molto tempo per dare un valore aggiunto a quello che sarebbe stata l’immagine che il direttore della fotografia Dick Pope ha restituito insieme alla costumista e alla scenografa”.
“Non avrei saputo farlo altrimenti – prosegue -, non è un racconto frammentato ma in parallelo rispetto a quelli più convenzionali, più tondeggianti, i film fatti da altri non li ho paragonati al mio, per me il film è come il movimento di un concerto, ha una sinuosità, una struttura architettonica precisa, anche perché l’azione si svolge su 26 anni e ho dovuto cogliere qui e là”. “Di solito i miei film tendono a tratteggiare ritratti delle persone per quello che sono, su quale comportamento assumono, perché non sono simboli ma realtà, diverse fonti fanno riferimento al fatto che facessi questa sorta di grugniti brontoli, mentre altre volte era molto eloquente, facendo commenti ora ironici ora retorici, tutto per comporre il suo comportamento”. “Il primo film d’epoca che ho fatto è stato ‘Topsy Turvy’, tutti i precedenti erano contemporanei, poco tempo dopo, guardando un quadro di Turner, mi è venuto l’idea perché allora non conoscevo nulla dell’uomo, e mi ha colpito, affascinato, il contrasto molto forte tra la persona e l’artista sublime, ci è voluto del tempo per convincermi a fare un film d’epoca col mio metodo di lavorazione”.
‘Nella pittura la magia è un quadro, nel cinema un film – conclude -. Un grande pittore non è solo un’immagine, Vermeer nel quadro ‘Donna in una stanza’ offre sì solo un'unica immagine, ma questo si espande e va oltre il primo sguardo; visto dieci anni dopo è un’altra esperienza, perché troviamo qualcosa di diversa, forse è diversa la durata della fruizione del film, due ore circa, un lasso di tempo più lungo. Altre forme d’arte limitano il lasso tempo, ma fare una contrapposizione tra immagine singola e molteplici è molto semplicistica”.
“La fruizione è la stessa, è diverso il tempo. Forse l’uomo ha perso la capacità di guardare un quadro come lo faceva prima della nascita del cinema, ma questo fa parte della disciplina che il cineasta si dà, quando lavoro col direttore della fotografia lo faccio su ogni singolo fotogramma come fosse un’entità a sé, poi viene adattata con una serie di altre per comporre il film, il processo del fotogramma è identico a quello del quadro. Noi qui potremmo essere otto persone in una stanza allora riprenderei da un angolo ravvicinato, se invece si trattasse di una stanza con 8 persone la mdp la collocherei lontana. Una differenza è che le mdp e le telecamere si muovono”.
E chiude sul futuro lavoro: “Col tempo saprete sul progetto di un film d’epoca, vi posso anticipare che non sarà su un grande artista. Il passato non mi affascina più del presente, faccio una cosa alla volta, che sia presente passato o futuro lavoro nello stesso modo”. José de Arcangelo

Nessun commento: