lunedì 26 novembre 2012

"L'amore è imperfetto" parola e film dell'esordiente Francesca Muci con Anna Foglietta e Giulio Berruti

Dal libro al film, "L'amore è imperfetto", nelle sale dal 29 novembre in 128 copie distribuito da O1. Un romanzo scritto da Francesca Muci e un film diretto da lei stessa, già affermata documentarista. Un dramma che, come la vita, passa dalla commedia al mélo, dall'eros ai sentimenti, dal sorriso alle lacrime. Tutto in un raro equilibrio narrativo ed emotivo, grazie al lucido e anticonvenzionale sguardo femminile.
"Io non rinuncio più a niente. L'amore però, quello non me lo invento più. Mi prendo quello che viene, senza più regole, anche se non so cos'è." Sono parole della protagonista - nel film interpretata da una sorprendente Anna Foglietta che dà grande naturalezza e freschezza ad Elena -, in un certo senso alter ego dell'autrice. "Rispetto al libro - esordisce la Muci che l'ha sceneggiato con Gianni Romoli (anche produttore con Tilde Corsi per R & C) - abbiamo mantenuto lo spirito del racconto, anche se nel romanzo aveva uno spessore anche più cupo, e abbiamo condiviso l'idea che nella sceneggiatura prevalesse la leggerezza. Elena è un'eroina e un'antieroina al tempo stesso, una donna che cammina sul filo, ogni tanto cade e si rialza. L'abbiamo raccontata senza incupire la sua storia."
"E' stata una grande fortuna - ribatte la Foglietta -, un grande ruolo, anche perché spesso ti incasellano in una parte e ti costringono a fare sempre quella. Un fortuna grande incontrare Francesca e dei produttori che mi hanno voluta anche loro. Una donna complessa, sfaccetata, poliedrica. Una che ha avuto due vite, ed io il grandissimo privilegio di interpretare due donne. Un ruolo con cui dimostrare che (le attrici ndr.) sappiamo fare altro." "L'idea del libro è nata dopo un viaggio in Terra Santa - prosegue la regista - per un documentario. Una donna moderna, contemporanea al centro della storia di un amore assoluto. Nato anche da uno sms ricevuto davvero ('ti ho leccata tutta', in sogno ndr.) da una sorta di Adriana (la diciottenne interpretata da Lorena Cacciatore ndr.). Ma il mio è stato un percorso naturale, dopo aver avuto un figlia, sono rimasta scossa ma anche divertita; da lì è nata la storia".
"Elena, in scrittura, sembrava più impegnativa che non vedendola - riprende la protagonista -; poi Francesca ha una naturalezza che riesce a trasmettere anche in scena. Certo abbiamo pensato fin dove ci saremmo dovute spingere, un attore in certi casi può anche sentirsi violato. La scena con Lorena è stata buona la prima, perché ci siamo prima parlate, eravamo entrate in sintonia, altrimenti poteva lasciare delle tracce". "Ho scelto Bari (dove il film è ambientato ndr.) per campanilismo, volevo venisse dalla mia terra, anche se io sono leccese di nascita, vi ho trascorso gli anni dell'università. E rappresentava lo spirito della protagonista, ha il più lungomare più esteso d'Europa, un luogo babelico per degli incontri. I personaggi non hanno una dizione perfetta, ognuno porta il proprio carico, Lorena palermitano, Camilla (Filippi) bresciano, Bruno (Wolkowitch) francese. Perché non volevo raccontare l'amore come si vive a Bari ma ovunque."
"Un racconto abbastanza nuovo, un film in cui si torna anche a parlare di eros - afferma Romoli -, in fondo è abbastanza mélo, soprattutto nella parte finale. Infatti, la maternità rifiutata è di tradizione melodrammatica. In una storia così mélo, romantica, non volevo che gli elementi erotici fossero oscurati o tagliati. L'erotismo è sempre stato al centro del cinema italiano, da Fellini a Visconti e Pasolini. L'eros era alla base del cinema italiano d'autore, poi è un po' scomparso. Soprattutto per le leggi sui film vietati in tv, perché quelli ai 14 avevano una programmazione in seconda serata, ai 18 nessuna. Ed erano prodotti coi soldi televisivi, così c'è stata una sorta di autocensura non solo sull'eros, ma anche su determinati argomenti. Credo sia abbastanza stimolante questo miscuglio tra eros e tutto il resto." "Nel film sono una stalker a tutti gli effetti - chiosa la Cacciatore -, comincia con una sorta di pedinamento assiduo (sms, videochiamate, piomba in casa) e man mano diventa un gioco sessuale tra le due. In Adriana c'è un lato di fragilità, di bambina cresciuta; si trova nel mondo di un'ottantenne, e deve passare attraverso questi stati. Lì per lì l'ho amata fin dal primo momento, ma ho imparato a conoscerla man mano sul set, mi è entrata dentro e adesso... non se ne va più", ironizza.
"C'è un forte senso di intimità in tutto il racconto - aggiunge la regista sulla presenza di simboli religiosi come edicole, immagini sacre della città -, non avevo idea di creare un contrasto, ma offrire dei momenti d'intimità. La processione è vera, tanto che l'operatore aveva sospeso la ripresa - eravamo a Bari vecchia -, però io l'ho esortato a riprenderla. La telefonata in cui l'amica le chiede di consigliarle un analista, riguarda l'io profondo, mi è sembrato bellissimo. Non volevo dissacrare o qualcosa del genere." Sullo spogliarello maschile (Marco/Giulio Berruti), confessa: "E' una spudorata citazione di '9 settimane e 1/2', volevo omaggiarla come ricordo della mia generazione, che Elena (e il pubblico femminile ndr.) potessi godere dello spettacolo e dello spettacolare compagno."
"Larsen ha scritto 'Uomini che odiano le donne' - dice Camilla Filippi -, Francesca 'donne che amano le donne'. Roberta/Beba è un'amica vera, nel bene e nel male, la loro è un'amicizia molto solida raccontata come un altro modo di amare, con un'apertura enorme. Sono molto felice e la ringrazio perché è una spinta per gli altri a raccontare cose così. Sono contenta che i produttori abbiano sostenuto un film dove si parla di 'una donna', non tanto o solo come madre, fidanzata o amante; una donna che non si vede e abbiamo bisogno di vedere." "Francesca ha fatto dei documentari molto belli per la Rai - dichiara Paolo Del Brocco di Rai Cinema -, e negli ultimi due anni abbiamo prodotto più di 70 tra opere prime e non. Inoltre aveva scritto un libro che mi ha colpito molto, e poi ci è stato proposto da produttori affezionati al progetto. L'esordio è un piccolo punto d'onore per quanto ci riguarda, la storia è molto bella e femminile. E ne abbiamo parlato dato che dalla semplice scrittura non era comprensibile fino in fondo come sarebbe stato il risultato."
"Ringrazio la Rai tutta, i produttori e Francesca per avermi scelto - afferma Berruti -, perché mi hanno dato la possibilità di affrontare questo ruolo e... di spogliarmi! Quando mi hanno chiamato per il provino, lessi le due scene e rimasi un po' smarrito perché non capivo la direzione del film, anche un po' impaurito dal dover espormi. Ma per un attore è doveroso, stimolante, fare dei ruoli che ti mettono alla prova. E lo spogliarello ha funzionato perché fatto con molta ironia, visto che non l'avevo mai fatto nella vita (Bugiardo!, urlano le colleghe ndr.). Dà umanità e vulnerabilità al personaggio, è ironico per l'imbarazzo; lo rende più umano e vicino, e lo ritengo più interessante. Marco è molto vulnerabile, vuole ribaltare la realtà anziché accettarla, è un antieroe." "Giulio ha una bellezza prorompente, quasi finta - ribatte l'autrice -, è la prima cosa che ti colpisce; doveva rappresentare il 'principe azzurro', l'idea dell'eroe delle fiabe, l'eroe romantico, in realtà Marco è il più fragile, nasconde la vera natura per poter avere un figlio. Solo alla fine, quando dice 'noi ti aiuteremo', per il loro rapporto diventa 'noi'."
Le musiche sono di Manuel De Sica, mentre le canzoni (nei titoli di testa e di coda) "L'amore è una cosa semplice" e "TVM" sono di Tiziano Ferro che ha scritto: "Sono estremamente felice di essere stato coinvolto in questo progetto. Mi innamorai di questa bellissima storia già dal romanzo, gli intrecci dei personaggi ricordano molto le storie che racconto nelle mie canzoni. C'è fragilità, controversia, attesa, rabbia. La lotta continua alla ricerca della serenità." José de Arcangelo

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