martedì 1 maggio 2012
Sulla scia della fantascienza anni Settanta approda sugli schermi "Hunger Games", giochi mortali per 'svantaggiati'
Dalla trilogia best seller di Suzanne Collins, arriva nei cinema italiani – distribuito da Warner Bros. - il primo episodio di una nuova saga fantascientifico-avventurosa, ovvero “Hunger Games” di Gary Ross, già apprezzato per le sceneggiature candidate all’Oscar di “Big” e “Dave, presidente per un giorno” e, soprattutto, per la sua opera prima, il non dimenticato “Pleasantville. Come di consueto, da un fenomeno editoriale – il libro (edito in Italia da Mondadori) ha venduto soltanto in America 36 milioni di copie – si costruisce quasi contemporaneamente un prodotto destinato al grande schermo.
Certo, non si tratta ancora di un successo dalle proporzioni di “Harry Potter” o “Twilight”, ma produttori e realizzatori ci credono (sperano).
Stavolta ci troviamo di fronte a un discreto film, sulle orme dei classici del genere e con un cast di tutto rispetto, dalla giovane rivelazione di “Un gelido inverno” (non solo) Jennifer Lawrence, che ne è la protagonista, ai veterani Stanley Tucci, nel ruolo dello stravagante presentatore televisivo, Caesar Flickerman; Woody Harrelson in quello del ‘coach’ ubriacone, Haymitch Abernathy, e il sempre grande, inimitabile, Donald Sutherland nelle vesti del presidente Snow.
Una storia non proprio originale – almeno a grosse linee -, ma aggiornata e corretta a dovere, tanto nel romanzo quanto nella pellicola, attraverso il filtro della realtà attuale e con tanti riferimenti e citazioni, alti e bassi, consci o inconsci che dir si voglia, fra letteratura e settima arte. Dal celebre “Rollerball” (remake incluso) alle atmosfere orwelliane (e visioni da realismo socialista) tante volte rivisitate dal cinema, con accenni a Ray Bradbury (e qualche strizzatina d’occhio ai costumi dei ‘poliziotti’ di “Fahrenheit 451” di François Truffaut) e Philip K. Dick, alla fantascienza cinematografica anni Settanta. Tanto che, forzando un po’ la mano (e la visione), lo si potrebbe anche considerare una velata metafora della società contemporanea, visto che gli ‘svantaggiati’ potrebbero essere scambiati con i nostri odierni ‘esodati’ o disoccupati, data la crisi – non solo economica – di proporzioni globali che colpisce la nostra realtà attuale.
In un medioevo prossimo venturo, ogni anno, tra le macerie di quello che una volta era il Nordamerica, la capitale della nazione di Panem – ricorda un po’ la zona ‘benestante’ dei potenti di “In Time”, ma con personaggi più colorati e bizzarri -, costringe ognuno dei suoi dodici distretti a sorteggiare un ragazzo ed una ragazza (prima di tutto ‘figli’, adolescenti o poco più) per partecipare agli Hunger Games.
Una contorta e crudele punizione per una precedente rivolta oltre ad essere una tattica intimidatoria del governo, infatti i mortali ‘giochi’ (soltanto un ragazzo/ragazza si salverà) sono soprattutto un evento mediatico nazionale trasmesso in diretta tivù (come i reality di oggi seguiti anche in studio), nel quale i ‘tributi’ combattono all’ultimo sangue l’uno contro gli altri (non solo, perché c’è anche una perversa ‘regia’ che ostacola e inganna i partecipanti) finché rimarrà un solo superstite.
La sedicenne Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) si offre volontaria al posto dell’amata sorellina Primrose per partecipare ai giochi, e può contare soltanto sul suo acuto istinto, sulla sua abilità con l’arco e le frecce (va a caccia per dar da mangiare a madre e sorella) e sui consigli dell’allenatore Abernathy (Woody Harrelson), svogliato ex vincitore dei giochi, visto che dovrà affrontare dei ‘tributi’ super allenati (quelli dei distretti più ricchi), che lo fanno da una vita. Se mai dovesse ritornare a casa, al distretto 12, l’ultimo, Katniss si troverà di fronte all’impossibile scelta di contrapporre la sopravvivenza all’umanità, alla vita l’amore. Finale, ovviamente, aperto in vista di una seconda puntata.
Lo spettacolo – inclusi effetti speciali digitali e visionari costumi, da carnevale della vita - non manca di certo, in due ore e mezza scarsa di proiezione, soprattutto per chi ama il genere, tra azione e fantascienza, avventura e (melo) dramma, anche quando le vere emozioni scarseggiano, nonostante gli attori siano giusti e affiatati.
Nel nutrito cast anche Josh Hutcherson (da “I ragazzi stanno bene” a “Viaggio nell’isola misteriosa”), nel ruolo di Peeta, il compagno del 12° distretto, segretamente innamorato di Katniss; Liam Hensworth (fratello di Chris ‘Thor’ Hensworth), nella parte di Gale Hawthorne, altro amico innamorato della ragazza; e poi un’irriconoscibile Elizabeth Banks (Effie Trinket); Toby Jones (Claudius Templesmith); il musicista Lenny Kravitz (il personal trainer Cinna), Alexander Ludwig (Cato); Isabelle Fuhrman (Clove), Amandla Stenberg (Rue); Jack Quaid (Marvel), David Okeniy (Thresh), Leven Rambin (Glimmer), e Wes Bentley (da “American Beauty” a “In campo per la vittoria”) nella parte del funzionario Seneca.
L’originale cornice – tra la rigogliosa natura della foresta (vera) e gli interni futuribili - è firmata dal direttore della fotografia Tom Stern, fedele collaboratore di Clint Eastwood (due nomination all’Oscar); dallo scenografo Philip Messina che lavora spesso, invece, con Steven Soderbergh; dalla costumista Judianna Makovsky, tre nomination (per “Pleasantville” e “Seabiscuit” dello stesso Ross, e “Harry Potter e la pietra filosofale”); dalla montatrice Juliette Welfling, collaboratrice del francese Jacques Audiard (4 premi César e una candidatura all’Oscar per “Lo scafandro e la farfalla”); dall’arredatore Larry Dias e dal coordinatore degli effetti speciali Steve Cremin. Le musiche originali sono del veterano James Newton, 8 nomination (da “Il principe delle maree” a “Michael Clayton”).
José de Arcangelo
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