martedì 30 luglio 2013
A Locarno "La variabile umana", un giallo dei sentimenti che indaga su un omicidio ma soprattutto sul rapporto padre-figlia nella Milano notturna di ieri e di oggi
L'opera prima del napoletano Bruno Oliviero, con una lunga attività di documentarista alle spalle, "La variabile umana" verrà presentato in anteprima mondiale in Piazza Grande al Festival del Film di Locarno il 28 agosto e il 29 farà la sua uscita nelle sale italiane. Un giallo dei rapporti umani, un thriller dei sentimenti incentrato sull'ispettore Adriano Monaco (un inedito Silvio Orlando), stanco del suo lavoro da quando, tre anni prima, è morta la moglie, e l'uomo ha un rapporto conflittuale con la figlia adolescente Linda (la rivelazione Alice Raffaelli).
"L'ispirazione viene dal noir americano anni Trenta - esordisce Oliviero alla presentazione romana -, da Chandler, Hammett e compagni".
E a proposito di folli notti fra droga, alcol e adolescenti alle prese con maturi e morbosi amanti occasionali, leggi escort e bunga bunga, confessa: "Il film è stato concepito prima di tutte queste notizie di cronaca. Milano è un generatore di miti, e volevo protagonista un uomo che rappresentasse le istituzioni del paese messo in crisi da condizioni morali ed etiche, però era già così prima della cronaca degli ultimi anni".
Infatti, una notte nella Questura di Milano, oltre al caso dell'omicidio del signor Ulrich, entra anche la figlia Linda, fermata perché trovata in possesso di una pistola. E la solidità apparente di Monaco, protetto dalla burocrazia, è messa a repentaglio dal suo ruolo di padre. Si rende conto dell'abbandono in che ha lasciato la sua vita privata, e di non essere più il poliziotto di una volta, il maestro di tanti altri, neppure di Levi (Giuseppe Battiston), suo allievo e amico di famiglia, sorta di zio per la figlia.
Sulla colonna sonora dell'americano di Michael Stevens aggiunge: "Clint Eastwood è un regista che amo molto (Stevens oltre a suonare col figlio Kyle, ha composto alcune colonne sonore dei suoi film ndr.), e grazie a Michael che ha questa sua idea di cinema europeo, sono riuscito a far sì che la musica seguisse l'arco delle emozioni. Un lavoro fatto insieme, e nonostante lui sia abituato a lavorare da un punto di vista musicale americano, è riuscito ad adattarlo a un film europeo, anzi italiano nello specifico".
Qualche collega accenna ad una similitudine tra il protagonista e quello di "La ragazza del lago", e Oliviero risponde: "Lì la moglie del commissario era in ospedale, certo, quando ho iniziato a girarlo ci ho pensato, ma è diverso; là era tutto molto puntato sulle indagini, qui sul personaggio dell'ispettore, su quello che gli fa male, è un percorso di conoscenza. La storia racconta il percorso di un padre a confronto con la figlia, che incrocia tutte le delusioni lavorative".
"Diceva Eduardo, di cui sono indignamente conterraneo - prosegue -, 'cerca la vita e trovi lo stile, cerca lo stile e trovi la morte'. Ho avuto problemi riguardo la precisione del raccontare questa piccola storia che tocca la nostra società. Ho cercato di essere il più preciso possibile su una città che presenta una serie di mitologie. E mi sono sentito più libero che nel documentario. La scelta di passare alla ficiton è stata il poter affrontare tutta quella parte intima delle persone senza fare violenza, perché nel documentario rischi di essere voyeuristico nel raccontare vite reali. Pezzi di vita reale o presunto racconto senza forzare nessuno, mentre nel cinema del reale devi rimanere un passo indietro per essere rispettoso della privacy delle persone".
"Ovviamente per realizzare un'opera prima ci vuole un po' di tempo - dichiara sul casting -, abbiamo pensato e contattato un po' di attori, ma il progetto non si concretizzava. Quando abbiamo iniziato, invece, Silvio ci è sembrato la scelta giusta perché strana rispetto ai ruoli da lui interpretati; il personaggio di Monaco non ispira nessuna simpatia mentre lui sì. E ho visto che in un certo modo, nella serie di scommesse che avevo da fare, riguardo Orlando mi sembra di aver ben vinto. Sono grato a Silvio per il lavoro nel film, si è fidato di fare il meno possibile, ed era sempre giusto".
"Per fare cinema, ci vuole sempre il fuori campo - continua -; nel documentario questa cosa non puoi che impararla, altrimenti fai dei brutti film. Esiste un mondo reale fuori campo che fa sempre parte del racconto, quanto più lavori sul dettaglio della vita puoi immaginare quello che c'è intorno. Sul personaggio di Alice abbiamo molto discusso dell'ambiguità del soggetto perché l'attrazione dei giovani corpi è legittima, non potevamo escluderla, far finta che non esistesse. Quindi, doveva avere un corpo degno di essere ammirato e desiderato, e non per questo doveva essere una vittima".
"Monaco, dalla morte della moglie ha lasciato tutto da parte, soprattutto la figlia, perché se ne era curato quasi esclusivamente la moglie. Lui ha perso tutti i legami col mondo reale, è come un uomo che riaggancia il rapporto con la realtà attraverso uno shock".
"Ho un certo affetto per Milano - afferma -, la trovo molto bella, anche quella cosiddetta 'non bella'. Venendo da Napoli, una città che ha più contraddizioni, per noi Milano è molto calma, una metropoli che si sviluppa come grande città internazionale mi tocca, mi piace. Per chi non è di Milano come me, è come un oggetto di cui ci si innamora durante la maturità, e la filmi con più amore. Doveva essere un personaggio nel film, un po' come la ragazzina vilipesa, una specie di donna percossa e vilipesa, ma anche una città europea".
"E' un progetto che Bruno iniziò nel 2009 - ribatte la coproduttrice Gabriella Manfrè per Invisibile Film -, con Cirri avevamo pensato di fare cose insieme come facevamo già col documentario, metterci d'accordo, condividere i progetti, che riguardassi una grossa condivisione di punti di vista, una grande esperienza che Lumière & Co. ha messo nel film. Sono romana ma ho deciso di produrre film a Milano. Continuare a fare collaborazioni future tra noi? Perché no, visto che non ce ne sono tantissime. Comunque, voglio continuare a lavorare a Milano".
"L'ambizione della Lumiere & Co. di fare un'opera prima - afferma l'altro coproduttore, Lionello Cerri -, nonostante le grandi difficoltà dell'inizio, era giusta perché poi è andata via come un treno. A partire dal coinvolgimento degli attori, dato che Silvio non aveva mai fatto una parte così, e ha detto 'mi sono ritrovato a fare una cosa che non avevo mai avuto occasione di fare, sono riconoscente perché è un altro aspetto del Silvio che il pubblico conosce'. E' un attore molto bravo, si è immedesimato nel ruolo di padre quando lui padre non è; ha usato il suo mestiere con onestà e semplicità. Alice (Raffaelli) ha un monologo molto importante, è un'attrice rivelazione, perché poi ha fatto solo un video e frequenta ancora la Scuola di Teatrodanza. Un talento superiore è Battiston al quale siamo andati a chiedere di fare cose diverse. Abbiamo vinto una scommessa, anche sul fatto del rapporto padre-figlia che non era tale prima che succedesse il fatto, era inquinato dal lutto. Non bisogna fare film solo a Milano - ribatte - , la nostra ambizione è di farli in tutt'Italia, anche se la situazione è critica, difficilissima rispetto al cinema in Italia. Produrre opere prime o seconde, è come vincere un terno al lotto, non è facile andare avanti, ma quando è necessario bisogna farlo, aiutare un'industria che poggia solo sulle sue gambe. Il modo di fare film diventa meno importante rispetto a 'cosa' vogliamo raccontare".
"Abbiamo girato nel vero obitorio di Milano - spiega il regista sulle location -, come Dreyer aveva fatto vedere l'uso delle lenti (antenati degli odierni occhiali che davvero esistevano allora ndr.) in 'La passione di Giovanna d'Arco', la stessa cosa abbiamo fatto noi (ci sono delle 'barelle' telecomandate per i cadaveri ndr.). Abbiamo lavorato con la responsabile dell'obitorio della polizia di Milano, col capo della omicidi, il vice questore che ci hanno dato consigli di credibilità, le cose più strane, e permesso di girare nella questura vera, tenere i disegni dei bambini (figli dei poliziotti ndr.) sul muro, gli armadietti, persino i lavori in corso sono presi dalla realtà".
"E' abbastanza naturale che l'ispettore fosse napoletano, l'idea di una carriera. Anche la carriera di Silvio inizia a Milano, e volevo vi tornasse per fare Monaco. Un giorno si dovrà fare il conto di quanto i napoletani hanno dato allo sviluppo di Milano. Il viaggio dei napolitani verso Milano, dal secondo dopoguerra in poi, è immenso".
"La scelta è molte volte etica - ribatte Cerri -, il personaggio ha una sua etica molto forte rispetto a questa situazione, è un tema comune in quanto tutore della legge e genitore responsabile. Sull'ispettore polizia volevamo creare un'etica, c'è tutto un ragionamento dietro, un piccolo segnale in una storia piena di una serie di cose".
"Sono padre di un bambino di 10 anni - riprende Oliviero -. Ma la storia ha colpito di più chi non ha dei figli, i quali, attraverso piccoli dettagli, capiscono di più di chi ormai ha dimenticato l'adolescenza, che è un po' irrazionale. Volevamo che i personaggi avessero modo di confrontarsi con pezzi di vita irrazionale".
"Col direttore della fotografia Renaud Personnaz abbiamo cercato un'ottica nuova, diversa, per fare un cinema che offrisse delle proposte agli spettatori, qualcosa di nuovo rispetto alla massa di immagini che subiamo quotidianamente. Di solito si tende a desaturare la fotografia in film di questo genere, di andare su colori lividi che tendono al bianco e nero. Noi abbiamo deciso di lavorare sul piano dell'iperrealtà, e poi abbiamo saturato in post produzione. Le scelte di regia sono state soprattutto sui movimenti di macchina e ne avevo molto discusso con l'operatore. Volevamo mischiare il cinema classico hollywoodiano - carrelli, dolly - per i momenti noir e la macchina a mano, nel modo più semplice possibile, per girare le scene non appena Monaco si trovava a casa, perché sono due intimità diverse. Questo ci ha guidato per cercare di dare qualcosa di poco visto finora".
"Abbiamo conosciuto degli operatori e dei ragazzi, frequentato - imbarazzati - le discoteche con l'aiuto regista e il direttore della fotografia, è il nostro lavoro, e l'ambiguità ci ha dato anche delle idee. Una delle sceneggiatrici (Valentina Cicogna, con la Leondeff ndr.) ha 28 anni, ma allora ne aveva 24, e abbiamo chiamato lei perché è molto vicina a quell'età. Era alla base della nostra ricerca".
"Il mix di ragazze adolesceni e uomini maturi, è un dato di fatto che non abbiamo scoperto noi, è così, peggiora sempre di più, perché oggi sembra una prospettiva di vita, e anche i genitori ne sono coinvolti. Questi non li ho incontrato, ma visti sui giornali e in tivù. Sarebbe come scoprire l'acqua calda".
"Piangono per due motivi diversi ma convergono - dice il regista sul fatto che i personaggi di Orlando e Battiston lasciano sfuggire delle lacrime -, uomini che vedono distrutta una vita in cui credevano e ci sembrava un omaggio all'essere diversamente maschi. Uomini che non stanno a guardare, volevamo che i personaggi principali maschili potessere piangere, diversi di quelli che vediamo nei film".
"Ho seguito dei magistrati per lavoro - conclude - e ne ho visto piangere tanti durante i loro lavori perché sotto stress. Battiston piange perché tutto il suo mondo gli crolla intorno, il suo maestro e quello in cui ha creduto. Un particolare che nessun poliziotto ci ha contestato, non piangere non vuol dire essere uomini duri. Abbiamo dato il nome di Carlo Levi al personaggio di Battiston perché è una sorta di testimone della storia, come Levi lo è stato dello sviluppo perverso del Meridione".
Il 28 agosto ci sarà l'antepirma italiana del film, subito dopo Locarno, e l'Anteo di Milano, dotato di una parabola di trasmissione, potrà trasmettere l'esibizione di Michael Stevens che suonerà dal vivo - alla presenza dei protagonisti del film -, in diretta in tanti cinema di tutt'Italia. Un vero incontro pubblico via satellite, mentre il giorno dopo "La variabile umana" uscirà normalmente nelle sale".
Nel cast anche Sandra Ceccarelli (signora Ulrich) e Giorgia Senesi (medico legale).
José de Arcangelo
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