giovedì 6 marzo 2014
"Felice chi è diverso" di Gianni Amelio, per scoprire quasi un secolo del mondo omosessuale nel nostro omofobico Belpaese
"Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune", da queste parole della poesia di Sandro Penna, prende spunto il regista Gianni Amelio per costruire un documentario sull'Italia del mondo omosessuale nel Novecento, partendo dai primi anni del secolo per arrivare agli edonisti anni Ottanta, quando - sulla scia di certi movimenti statunitensi -, prendevano piede i primi tentativi di "liberazione".
Il tutto raccontato attraverso immagini di repertorio, articoli di giornali - scandalistici e ‘seri’ -, quotidiani e televisione (sketch e scenette con Tognazzi, Vianello e C.), ma soprattutto con le testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle il peso di sentirsi 'diverso', quasi sempre ripudiato dalla stessa famiglia, preso in giro e umiliato a scuola (il bullismo, forse, era meno violento ma esisteva, eccome), in poche parole escluso dalla società cosiddetta dei 'normali', senza distinzione di classe.
Manca all'appello, ovviamente, chi è venuto a mancare e persino chi non ha fatto mai più 'outing' per paura di perdere affetti e amicizie, ma i testimoni - illustri e non - ricordano com'era vissuta questa condizione prima sotto il fascismo poi nel secondo dopoguerra, quando ancora si alzava un muro di silenzio sull'argomento, e si viveva nella paura e nella repressione, perché allora l'idea più diffusa era che si trattava soltanto di una 'degenerazione’, di un pericoloso ‘vizio’ oppure di una malattia, da 'curare' addirittura con l'elettroshock.
Da nord a sud, da est ad ovest, lungo la Penisola, l’autore del sottovalutato “Il primo uomo” ha raccolto diverse storie rappresentative dei sentimenti e delle abitudini di una nazione antropologicamente e culturalmente assai differenziata. Vicende ora tragiche ora serene di persone che hanno saputo, non senza difficoltà e talvolta usando l’auto-repressione, un relativo equilibrio privato e sociale.
Così come c'è l'artista riconosciuto che ha fatto della propria 'diversità' un'arma vincente, e della propria solitudine un punto di forza; oppure l'uomo comune che è stato sconfitto dall'incomprensione spesso crudele di famigliari, parenti e amici. E c'è, naturalmente, chi ha trovato una stabilità affettiva con un altro essere umano, formando una coppia - visto che due maschi potevano convivere insieme senza far gridare allo scandalo, quindi insospettabile; così come accadeva con due donne - che resiste nel tempo e attraversa gioie e dolori né più né meno di una coppia eterosessuale.
Non mancano i duri attacchi e la violenta derisione - tramite i media - di grandi artisti come Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini, né la testimonianza di un grande del palcoscenico come Paolo Poli, o di un famoso giornalista (della 'Dolce Vita') quale John Francis Lane.
E proprio da questo confronto - tra mezzi di comunicazione e testimoni - che trapela una violenza e un'intolleranza che ci invita a riflettere su quanto omofobica sia stata e continui ad essere la nostra società, anche quando si maschera dietro un'apparente permissività. Un quadro inquietante della società in cui siamo cresciuti, su come siano state distorte e manipolate cose e storie per ridurre tutto in un ‘fenomeno da baraccone’, assolutamente da condannare.
Infatti, Amelio conclude il suo film - presentato nella sezione Panorama al recente festival di Berlino - con la testimonianza di un ragazzo che - quando la madre rivolgendosi a un giovane gay, disse 'poveretto' - ha deciso di fare outing in famiglia, ma che non sa come non reagiranno i suoi compagni di liceo, visto che l'Italia ha ancora bisogno di fare molti passi in avanti nel rispetto e nella libertà delle persone.
A questo punto, sarebbe forse il caso che un giovane collega del regista ci raccontasse quello che è accaduto dagli anni Ottanta ad oggi, per completare un quadro degli anni a cavallo tra i due secoli, cioè nel terzo millennio.
Gli altri testimoni (in ordine di apparizione): Giorgio Bongiovanni, Nicola Calì, Francesco Cocola, Pieralberto Marchesini, Roberto Pagliero, Claudio Mori con Alba Montori, Aldo Sebastiani, Corrado Levi, Ciro Cascina, Agostino Raff, Ninetto Davoli, Fernando Nigiro, Mosè Bottazzi, Lucy Salani, Roberto David, Glauco Bettera, Aron Sanseverino.
L’interessante documentario è stato prodotto da Istituto Luce - Cinecittà, con Rai Cinema e con Rai Trade in collaborazione con Cubovision di Telecom Italia, con il contributo del MIBACT - Direzione Generale per il Cinema e il sostegno della Regione Lazio, Fondo regionale per il cinema e l'audiovisivo.
José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5)
Nelle sale dal 6 marzo distribuito da Luce - Cinecittà
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