giovedì 4 febbraio 2016

Un solido e avvincente dramma noir firmato J.C. Chandor per due grandi protagonisti, Isaac e Chastain in "1981: Indagine a New York"

Scritto e diretto J.C. Chandor (acclamato regista di “Margin Call”), “1981: Indagine a New York” (A Most Violent Year”) è un amaro dramma noir contemporaneo, nonostante sia ambientato oltre trent’anni fa, perché racconta la piccola grande battaglia quotidiana di un giovane imprenditore di successo, di quelli che si sono ‘fatti da soli’ ma in modo diverso rispetto alle generazioni precedenti, e proprio per questo vengono ostacolati da colleghi corrotti-corruttori e perseguitati dalle istituzioni (noi ne sappiamo qualcosa). Una sfida contro tutto e tutti per poter affermare la propria onestà e mantenere il potere
conquistato – anche col sudore della fronte - a costo non solo della propria immagine, ma soprattutto della propria esistenza e di quella dei suoi cari. New York City, inverno del 1981, statisticamente considerato l’anno più pericoloso nella storia della metropoli (come da titolo originale, “L’anno più violento”), in una vicenda interpretata da un perfetto Oscar Isaac (da “A Proposito di Davis” dei fratelli Coen a “Star Wars”) e Jessica Chastain (da “The Tree of Life” a “Zero Dark Thirty” e “Sopravvissuto – The Martian”).
Infatti, il terzo lungometraggio di J.C. Chandor ci parla della risoluta ascesa di un figlio di immigrati, Abel Morales (Isaac) che è riuscito a costruire onestamente un piccolo impero (nel settore del petrolio, trasporto e vendita) in una società moralmente corrotta, dove rivalità che covano da tempo e aggressioni gratuite minacciano il suo lavoro – i suoi camionisti vengono spesso aggrediti, malmenati e derubati del combustibile -, la moglie e collaboratrice Anna (Chastain) e, soprattutto, la sua incrollabile fiducia nella rettitudine del suo percorso personale.
Come ogni uomo, ovviamente Morales non è un santo, ma nemmeno un gangster però i suoi nemici si chiamano invidia e pregiudizio, corruzione e abuso di potere, tanto che il procuratore Lawrence (David Oyelowo, Martin Luther King in “Selma”) ha preso di mira la sua azienda convinto che i suoi bilanci siano truccati, anche perché la moglie – dotata di vera grinta - è figlia di un boss. E, quando uno dei suoi giovani camionisti – fragile e insicuro – viene aggredito e decide di sparare, nonostante gli abbia vietato di portare la pistola - tutte le porte si chiudono per spingerlo al fallimento.
Riferimento del regista Chandor è il dramma noir anni Settanta – soprattutto quello di Sidney Lumet – che riusciva a unire impegno civile e spettacolo, feroce realtà e sobria finzione. E forte degli insegnamenti avuto da quel glorioso cinema, raggiunge raro equilibrio per raccontare la storia di un uomo che intraprende coraggiosamente una nuova strada, verso il luogo in cui le migliori intenzioni cedono il passo al puro istinto, il luogo in cui finiamo per essere più vulnerabili nel compromettere ciò che sappiamo essere giusto.
Quindi, un intenso e avvincente dramma sulla scia del thriller che si sviluppa poco a poco e coinvolge pian piano lo spettatore rivelando i retroscena e i ricordi del passato dei protagonisti uno ad uno come in un giallo, senza eccessi né mancanze come nella realtà, appunto, a cui si ispira. Facendoci persino cadere nella trappola del pregiudizio per poi riaffermare che ‘le apparenze ingannano’. Sostenuto da un ottimo gruppo di attori, il film offre un riuscitissimo disegno psicologico dei personaggi, tra cui spiccano i due protagonisti, davvero inediti e convincenti.
Nel cast anche Elyes Gabel (Julian), Christopher Abbott (Louis Servidio), Matthew Maher (John Dominczyk), Jerry Adler (Joseph Mendelsohn), Quinn Meyers (Moishe Mendelsohn e il veterano Albert Brooks (Andrew Walsh). Ottima anche l’ambientazione d’epoca che ci mostra un’inedita New York cupa, fredda (non solo per la neve) e indifferente, e una fascinosa Chastain in Armani vintage. José de Arcangelo
(3 ½ stelle) Nelle sale italiane dal 4 febbraio distribuito di Movie Inspired

Nessun commento: