venerdì 3 marzo 2017

Un noir cupo e malinconico in un'inedita Napoli per Fortunato Cerlino e Michele Riondino: "Falchi" diretto da Toni D'Angelo

Ecco il terzo lungometraggio di Toni D’Angelo - dopo “Una notte” e “L’innocenza di Clara” (e il documentario “Poeti”) -, un cupo e malinconico viaggio nel cinema di genere a lui più congeniale e che più ama (dopo la
tesi di laurea su Abel Ferrara ha collaborato con l’autore italo-americano come assistente alla regia e sceneggiatore). Però “Falchi” non è il solito action thriller, ma in raro equilibrio tra il poliziesco esistenziale (che rimanda al cinema di John Woo più che al ‘poliziottesco’ anni ‘70) e il polar francese d’autore. Infatti, azione e violenza ci sono, ma le si percepisce anziché vederle, mentre l’autore indaga
profondamente nella psiche dei tormentati poliziotti protagonisti più che sulla criminalità, senza trascurare tensione e suspense. In una Napoli nota ma al tempo stesso inedita e soprattutto notturna, dove può accadere tutto e il contrario di tutto, Peppe (un Fortunato Cerlino lontano dal boss di “Gomorra la serie”) e il più giovane Francesco (un
inedito ed efficace Michele Riondino), in sella alla loro moto portano la legge tra i vicoli più malfamati della metropoli, usando spesso metodi poco convenzionali, mirando soprattutto la piccola criminalità, ma incrociando quella più grossa e pericolosa. La loro vita, già carica di tensione, viene sconvolta da una tragedia personale e professionale (il loro capo si suicida perché indagato su fatti di camorra). Francesco ha il senso di colpa per un tragico errore compiuto durante un’azione, e trova rifugio nella droga e cova vendetta; Peppe conduce una triste e
solitaria esistenza in un casa sulla costa degradata, addestra cani da combattimento, e anche lui accumula dolore e rabbia. Sono come due fratelli ma, nonostante siano sempre insieme, si parlano e, in fin di conti, si conoscono poco. Ma ora, uniti ancor di più dalla sete di vendetta, iniziano una lotta senza esclusione di colpi contro una potentissima e spietata organizzazione criminale cinese. Loro sono uomini come tutti gli altri, in bilico tra vizi e virtù, bene e male, e cercano la redenzione in un sogno che, forse, non si avvererà mai.
Un noir particolare e oscuro – non solo per l’ambientazione notturna -, tragico e dolente, arrabbiato e pessimistico, originale e, quindi, diverso. “Falchi” è una sorta di melodramma tragico – nel senso vero del termine – che da locale diventa globale. Forse, l’unico punto debole è un finale prevedibile, soprattutto per chi conosce i meccanismi del noir classico, che rischia di offuscare il punto di vista diverso sul dramma personale dei poliziotti, sulla criminalità e su una città, amata e odiata con la stessa intensità, spesso vittima di stereotipi e luoghi comuni.
“Falchi vuole essere una storia universale – dice, appunto, nelle note Toni D’Angelo – narrata con il pathos dei grandi classici della tragedia greca, a partire dalla quale tutto è stato raccontato ma prendendo forme diverse nel corso dei secoli, subendo una continua evoluzione. Ed è da questo flusso di emozioni che ho attinto i grandi temi dell’amore, dell’amicizia e del tradimento facendoli confluire nel genere del melodramma”. Non a caso la ‘sceneggiata’ cinematografica partenopea, ovviamente con altri risultati, proprio negli anni Settanta, si ispirava alla tragedia e sconfinava nel noir e persino nel più sopra citato ‘poliziottesco’.
“Durante la preparazione e sul set poi – aggiunge -, mi sono lasciato ispirare visivamente da un filone cinematografico al quale sono particolarmente affezionato: quello di Hong Kong negli anni ’90, con i suoi mélo, polizieschi e noir raccontati da grandi registi. E proprio come accadeva con Johnnie To o John Woo, anche in ‘Falchi’ non ho cercato una rappresentazione neorealistica della verità, quanto piuttosto una ricostruzione credibile della realtà attraverso la spettacolarità. Così facendo, anche la violenza utilizzata attraverso le immagini diventa una metafora ma non un riflesso vivo della vita”.
Accanto ai due bravi protagonisti, recitano Xiaoya Ma (Mei), Aniello Arena (ispettore Russo), Gaetano Amato (Luciano), Alessandra Cao (Liu) Carlo Caracciolo (agente Caserta) e in partecipazione straordinaria Pippo Delbono (Marino, il commissario) e Stefania Sandrelli (Arianna). L’efficace e azzeccata colonna sonora originale è firmata Nino D’Angelo, padre del regista, autore anche della canzone dei titoli di coda “Puortame cu' te”.
José de Arcangelo (3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 2 marzo distribuito da Koch Media

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