mercoledì 17 ottobre 2012
"Il comandante e la cicogna" di Silvio Soldini in volo sull'Italia contemporanea, testimoni del degrado materiale e morale
Silvio Soldini torna alla commedia con “Il Comandante e la Cicogna” - nei cinema da domani distribuito da Warner Bros. in 250 copie -, ma non sono più le atmosfere - e nemmeno gli anni - di “Pane e tulipani” a invadere lo schermo, ma piuttosto quelle della commedia morale (realistica) e di quella surreale, che però stavolta non si fondono per rappresentare l’Italia di oggi, tra degrado materiale e morale.
“Dopo ‘Giorni e nuvole’ e ‘Cosa voglio di più’ girati intorno e dentro la realtà – esordisce l’autore -volevo tornare alla commedia per raccontare con un certo distacco, leggerezza e ironia fatti importanti e gravi che riguardano la nostra attualità. L’idea delle statue (parlanti) mi è venuta in treno e viene da lontano, da ‘Jonas che avrà vent’anni nel 2000’ (di Alain Tanner, 1976 ndr.) dove era quella di Rousseau a parlare”.
Già, anche se non ci sono riferimenti diretti né citazioni, come dice il regista, però ora personaggi ora atmosfere ora situazioni ci riportano in mente ‘Fantasmi a Roma’ di Antonio Pietrangeli, oppure ‘Mortacci’ di Sergio Citti, persino “Questi fantasmi” di Renato Castellani e “Miracolo a Milano” di De Sica/Zavattini soprattutto per quelle panoramiche dall’alto, dal volo della cicogna (Agostina, altro simpatico personaggio che non parla ma comunica a modo suo con l’adolescente Elia, l’esordiente Luca Dirodi). Inoltre, sebbene il film sia stato girato interamente a Torino, la città non viene riconosciuta sennò da chi vi è nato e/o ci ha vissuto. Perché non è quella dei monumenti né della Mole né del Lingotto. Casomai un mix di Torino e Milano per rappresentare una città italiana tout court.
“Doveva rappresentare tutte le nostre città – afferma il regista -, tra giardini e piazze, ne abbiamo ‘inventata’ una piazza nuova di zecca, e fatto statue che non c’erano o si trovano in posti diversi”.
Tanto che quella di Garibaldi (voce di Pierfrancesco Favino) – tra Leopardi, Leonardo (‘doppiati’ da Neri Marcorè) e Verdi – sembra quella della piazza omonima di Buenos Aires; ma un’altra scelta di Soldini per rappresentare tutti gli italiani è stata quella di assegnare ad ogni attore un dialetto diverso, o quasi.
“Bisognava trovare la cifra giusta – dichiara Luca Zingaretti che è l’avvocato truffaldino Malaffano – senza cadere nella caricatura visto che si parla della realtà su un piano traslato. E’ stata un’esperienza divertente con cui ho avuto occasione di sorridere anche di me stesso; ed è bello vedere tante chiavi di lettura, dalla tenerezza al garbo, in un film che riesce a far sorridere, a commuovere per finire con la lettura più amara, quella delle statue dei progenitori su tutti i colori del degrado che travolge un’unica nazione”.
“Mi sono trovato bene col napoletano – ribatte Valerio Mastandrea che è l’idraulico Leo con due figli a carico, Elia e Maddalena (Serena Pinto) – che era un mio sogno nel cassetto. E’ uno dei più belli ed efficaci del Paese, ma è stato un caso perché all’inizio dovevo parlare il dialetto di una città del nord, però dopo aver provato, non trovavamo quello giusto. Sono stato io a proporre il napoletano (da ‘A livella) e di conseguenza sono stati scelti gli altri per una commedia morale che rappresentasse l’Italia tutta. Ma sul risultato devo dire che io non mi piaccio mai del tutto”.
Invece Alba Rohrwacher, nel ruolo di una giovane artista sognatrice e squattrinata, doveva avere “un accento del nord molto generico. Rispetto a ‘Giorni e nuvole’ dove parlavo un genovese/milanese, qui recito nel veneto della mia fantasia”. E Claudia Gerini voleva anche lei parlare napoletano ma le è stato assegnato il genovese: “Silvio ci teneva perché Genova è la sua città del cuore e mi ci trovo bene, e lo conoscevo abbastanza perché l’avevo già fatto per Pasquale Pozzessere (in ‘Padre e figlio’, 1994 ndr.). Inoltre, era bello il carattere, il personaggio mi è piaciuto molto, mi sono divertita, emozionata. Un bellissimo lavoro attoriale di tutto il cast e un ruolo così straordinario non mi capiterà mai più”. Infatti è il ‘fantasma’ in bikini della moglie di Leo/Mastandrea.
Da parte sua Giuseppe Battiston, nel ruolo di un bizzarro moralizzatore, afferma:
“Amanzio so per certo che è un personaggio che esiste da qualche parte, perché è un parente di Doriana (Leondeff la co-sceneggiatrice ndr.) che viene dall’Est. Pensavo di dover lavorare sul personaggio di uno straniero che venisse dall’alto del paese, ma poi abbiamo riflettuto sulla questione morale del film e la parte del moralizzatore è più marcata in chi sente di essere italiano. Così abbiamo deciso per Trieste, visto che io vengo dall’Est d’Italia (Udine) e siamo vicini, a qualche secolo di distanza. E poi mi hanno detto, non ti preoccupare, basta che sbagli tutti gli accenti”.
Infine ci sono Maria Paiato (Cinzia) che parla “un generico dialetto del nord” perché se lei è di Occhiobello nel Veneto, che è vicina a Ferrara; mentre il cinese Yangshi (Fiorenzo) parla “da milanese”, oltre che la lingua dei suoi avi, perché nato e cresciuto in Italia.
“Sono 17 anni che ci sopportiamo reciprocamente – chiosa la Leondeff -, perciò abbiamo deciso di introdurre un terzo sceneggiatore, Marco Pettenello; in questo senso siamo una vecchia coppia e, dato che la mia vita sentimentale è un disastro, almeno un sodalizio duraturo c’è. Il nostro metodo cambia di film in film, tutti diversi tra loro. Un’esperienza bellissima, non frequente nel cinema italiano. Il personaggio di Amanzio è ispirato a mio cugino Mihajlovich su cui ho lavorato per sottrazione estrema dalla realtà, perché così com’è non sarebbe stato credibile. Lui è un medico che ha capito che quella non era la sua strada e si è messo a dipingere icone, allevare canarini e fare cose pazze a Sofia”.
E dato che il film, in filigrana, parla di vizi e difetti – tra corruzione e sfruttamento, disoccupazione e crisi, della nostra società contemporanea – messi a fuoco da illustri personaggi storici, anche loro assediati da uno strafottente ‘intruso’, certo Cazzaniga (voce di Gigio Alberti), la sceneggiatrice aggiunge: “Rileggendo gli scritti di Garibaldi, ho constatato che lui racconta cose molto amare. Aveva chiesto di entrare in Parlamento, dove è stato per la durata di una legislatura, e ho scoperto che la vicenda da lui narrata potrebbe essere stata scritta oggi, durante una fase acuta e meno consolidata”.
“Non volevamo rappresentare l'attualità dura e cruda – conclude Soldini - ma sottolineare qualcosa di più lieve, anche se il personaggio dell'avvocato interpretato da Zingaretti ci fa piombare spesso nella realtà. Ci interessava raccontare soprattutto personaggi più puri moralmente, persone che hanno ancora dei valori – non ultimo l’onestà - e quell'ingenuità che ormai è persa, uomini e donne che nonostante le brutture, i problemi e le difficoltà con cui devono confrontarsi quotidianamente guardano al futuro con positività e speranza”.
Nel cast anche Michele Maganza (Emiliano il detective) e con l’amichevole partecipazione di Fausto Russo Alesi (agente immobiliare), Giuseppe Cederna (direttore del supermercato) e Giselda Volodi (gallerista), vista recentemente in “E’ stato il figlio” di Ciprì, nel ruolo di moglie/madre.
José de Arcangelo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento