martedì 11 dicembre 2012

Dopo le polemiche di Torino, Ken Loach presenta a Roma "La parte degli angeli" e rilancia lo slogan "aiutare, educare, organizzare"

Approda per Natale nei cinema italiani il nuovo film di Ken Loach - reduce del premio della Giuria al Festival di Cannes e della polemica che si è creata al Torino Film Festival sul 'rifiuto del premio' al regista - "La parte degli angeli": è quella che evapora ogni anno dalle botte di whisky invecchiato - un 2% di scotch/alcol, spiriti prelevati dagli spiriti -, ma anche quella dei giovani 'delinquenti' protagonisti, condannati ai lavori sociali anziché al carcere. E soprattutto di Robbie che scopre anche di avere un palato/olfatto fini. E Loach chiarisce i fatti di Torino, prima di parlare della sua commedia di attualità: "Mi è dispiaciuto quello che è successo a Torino perché penso sia importante riceverne un premio, anzi un onore per tutti quelli che hanno lavorato nei nostri film, ma non potevo accettare per una questione di principio tra noi. Riguardava l'esternalizzazione del lavoro al Museo del Cinema. Era vero, c'era un problema con esternalizzazione del lavoro che loro stessi (la direzione del festival ndr.) avevano riconosciuto già ad agosto. Siamo consapevoli dei problemi che riguardano i lavoratori e condividiano il loro dispiacere, e faremo tutto ciò che possiamo per i loro. Una situazione che era stata sollevata già in estate, il lavoratori esternalizzati che avevano già salari molti bassi, hanno subito altri tagli e cinque sono stati addirittura licenziati per motivi non equi, a parere nostro e di altri. La difficoltà principale tra la posizione del Museo e la mia e di altri, secondo la mia posizione, il datore di lavoro principale ha una certa responsabilità sia per i lavoratori interni che esterni, e la deve avere anche per quelli delle pulizie (appaltati da aziende esterne ndr.). Loro dicono che il direttore del museo non è responsabile né direttamente né indirettamente del comportamento di altri, non può intervenire su una cooperativa esterna. Non voglio dire che si tratti di una grande azienda, ma se lo accettiamo poi la seguiranno anche quelle. E' come dire i salari delle persone che puliscono i nostri uffici non ci riguardano; ma di solito questi lavori vengono dati esternamente per tagliare i costi di lavoro. E' contro l'interesse dei lavoratori. Mi è dispiaciuto che da parte dei funzionari del Museo e del festival abbiano rivolto degli insulti su quello che facevamo, ed è triste che il direttore del museo abbia detto che sono un megalomane. Mi dispiace soprattutto non aver potuto incontrare i lavoratori, perché sarei andato comunque a presentare il mio film, però a quel punto mi è stato ritirato l'invito. Si tratta di persone che perdono il lavoro proprio in un momento come questo, così difficile, quando hanno già un salario da fame, la difficoltà maggiore è che non hanno permesso nemmeno l'intervento di un rappresentante sindacale. Il nostro intervento in paragone è stato piccolo". Torniamo al film e alla storia. Robbie è un ragazzo di Glasgow che cerca di liberarsi della faida famigliare che lo tiene prigioniero. E, mentre sconta una condanna a svolgere lavori socialmente utili, il giovane conosce Rhino, Albert e Mo, per i quali un impiego è, come per lui, poco più di un sogno irraggiungibile. Robbie non immagina certo che dandosi all'alcol le loro vite cambieranno. Ma il loro sorvegliante Harry, un giorno decide di portarli a fare una gita: una distilleria di whisky. Sul posto imparano come si produce e come deve essere gustato, e Robbie sembra il più dotato... "Il precedente film era molto duro - esordisce Loach a proposito del film -, riguardava la guerra in Irak, ora volevamo raccontare la storia di milioni di giovani in tutta Europa che non hanno né lavoro né futuro, e abbiamo pensato che la commedia fosse la maniera migliore di vedere il complesso dei loro personaggi, abbiamo passato del tempo insieme, sono anche molto divertenti, hanno ironia, energia, idee". "Una storia in cui ridere con loro e non vederlo soltanto come vittime. E' stata un'idea di Paul introdurre il whisky, argomento pieno di contraddizioni, è la bevanda nazionale scozzese, però molti giovani non lo bevono perché troppo costoso, si ubriacono con qualcosa di molto più economico. E il costo può essere enorme (soprattutto quelli invecchiati ndr.), visto che il barile del più raro più costare anche un milione di sterline, e il linguaggio con cui viene descritto è molto pretenzioso. Come per i vini più pregiati, usano un linguaggio stravagante, è il lato comico della vicenda tra i ragazzi di Glasgow e i conoscitori di whisky. Un elemento comico anche per loro, perché è un linguaggio molto sofisticato. Naturalmente l'acquirente spesso non sa di cosa si parla, ma ha un sacco di soldi. In sostanza, potevamo coinvolgere maggiormento il pubblico riguardo all'aspetto tragico, se si affeziona al loro aspetto divertente". "Quando Paul cercava un modo di realizzare la 'rapina' (i ragazzi riescono a scippare 4 bottiglie dal barile da un milione ndr.), è venuta fuori l'idea del tubo per far riuscire il whisky (come si fa per il vino e la benzina ndr.), ma credo sia successa davvero una cosa del genere. Mi piace abbastanza la fragranza, l'odore del whisky, ma non lo dite agli scozzesi, preferisco un buon bicchiere di vino". "Credo ci siano molti registi interessati a quello che succede nel mondo - prosegue -, ma lo spirito dell'epoca è molto diverso di allora, negli anni '60/'70 (quando lui ha esordito ndr.). Oggi si dice che tutto dipende dal mercato, bisogna essere imprenditori, e molti di loro trasformano le proprie idee adattandole a quello che il mercato desidera. Ma non è che non siano impegnati riguardo al sociale, spesso i giovani registi prendono contatto con noi per poter farli, per capire come finanziarli. Questo è il vero problema, come vediamo i movimento contro la guerra, per l'ambiente, il lavoro, spesso non viene riflesso nel cinema". "Il whisky viene prodotto da centinaia di anni, molto prima della globalizzazione, da sempre viene apprezzato per generazioni, potremo dire che era meglio prima di essere preso dalle multinazionali, oggi ci accorgiamo che più il capitalismo si sviluppa più la disoccupazione diventa una caratteristica permanente. Hanno bisogno di questa cosa per mantenere basso il costo della mano d'opera, è una sua caratteristica, per quello che riguarda la sinistra, bisogna trovare un motore per cui non sia il mercato l'unica strada percorribile. Per esempio nel nostro paese c'è la prospettiva che chi vincerà le prossime elezioni si chiami 'centro sinistra'. Come può essere favorevole al mercato, alla derugulation (destra) e/o a favore di un'economia pianificata comune (sinistra). Bisogna ricordare che se si resta al centro della strada vi investono". "Non so nulla della vostra esperienza nell'avversità, ma è commedia, nelle circostanze più disperate le persone trovano il modo di divertirsi, la comprensione di uno e dell'altro, non sempre agiscono come vittime, ti può dispiacere ma non senti l'identificazione, la comicità non è un extra, non è zucchero per addolcire la pillola, fa parte dell'umanità, è comune a tutti, che vogliamo condividere a volte finiscono bene a volte in modo triste. La commedia è una tragedia con un happy end". "Mi piacerebbe moltissimo rilavorare con Eric Cantona, anche nella nostra squadra di calcio, è un amico. Ci sono state tanti momenti difficile soprattutto negli anni Ottanta, con l'arrivo di Margaret Thatcher, quello che era avvenuto era talmente estremo che non sapevo come rispondere dal punto di vista cinematografico, in pochi mesi da meno di 500mila disoccupati si è passati a tre milioni, le fabbriche chiudevano, i sindacati proclamavano scioperi che non potevano vincere, era una situazione incontrollabile. Un lungo processo per la fiction, la storia, i personaggi e noi lì in mezzo tempesta. Ho cercato di fare dei documentari che raccontassero apertamente le situazioni politiche, ne ho fatti circa sei, atrtraverso società televisive, ma in un caso è stato rifiutato e trasmesso solo a livello locale, e altri quattro sono stati banditi completamente. Mi sono fatto una brutta reputazione, tanto che nessuno era disposto a trasmetterli, e dicevano che non ero nemmeno in grado di dirigere traffico, poi è peggiorata ancora. Allora sono tornato a teatro, con una commedia sulla fine della Seconda guerra mondiale, una critica del sionismo, e che doveva andare in scena nel teatro principale di Londra, che più apprezzava i drammaturghi. Il direttore del teatro, una settimana prima, diede il testo al presidente della più grande associazione sionista di Inghilterra. E' naturale che non si parlava di antiebraismo né di razzismo ma di sionismo, però è stato rifiutato lo stesso. Le cose andavano molto male. Poi ebbi la fortuna di fare un altro nuovo film". "Abbiamo girato film in Irlanda, Spagna e Nicaragua, e di solito il protagonista è inglese. Ci sono storie incredibili da raccontare in ogni paese, ma non so se sarei in grado di raccontarle, se vuoi esprimere bene una determinata cultura ne devi far parte. Quando lavoro nel mio paese capisco le sfumature, le tonalità della voce e delle situazioni. Se io e Paul venissimo qua, forse, potremo farlo, altrimenti non ci capiremo granché". "Abbiamo avuto la fortuna di una buona distribuzione, loro (la Bim ndr.) sono distributori fantastici, siamo diventati ottimi amici, siamo fortunati ne sono consapevole, ma non sono la persona più adatta per parlare di distribuzione elettronica. I costi sono enormi e ci sono dei limiti, se non sei molto ricco non avrai uno schermo come questo (del cinema Quattro Fontane di Roma ndr.). Per i giovani andare al cnema significa uscire di casa, un modo di vedere il cinema che non accetto(in streaming o sul piccolo schermo ndr.), realizzare un film è un'industria, una professione, che coinvolge vari mestieri, e mi dispiacerebbe che questa industria dovesse fallire perché la gente vede le cose su internet; dall'altra parte poter scambiare immagini per comunicare è grande, i più giovani la comprendono meglio di come possa fare io". "La direzione comune dell'Europa non è così difficile da capire, inseguire; la stessa CEE è liberista, bisogna chiedersi cosa succede in Grecia, costretti a svendere quello che loro hanno. Il rapporto tra multinazionali e politici dobbiamo riuscire a infrangerlo, infatti, nel nostro paese si procederà con l'austerità e la privatizzazione ma pian piano. Come dire sarete strangolati ma molto lentamente. Negli anni Sessanta vendevamo i giornali che dicevano la rivoluzione verrà domani, ma oggi che c'è davvero la crisi del capitalismo, non vendiamo più giornali. Dobbiamo oraganizzarci è questo il momento giusto, perché ci stanno strappando tutti gli elementi che rendono la società civile, per esempio togliamo il sostegno ai disabili, costringendoli a starsene a casa ma non hanno un proprio alloggio, gli ospedali sono sempre più superaffolati e la sanità gli investimenti sempre più bassi. Prima possedevamo la metà dell'economia oggi nulla; gli standard di vita vengono distrutti, bisogna trova un nuovo motore, un piano, un modello economico, e l'esigenza non potrebbe essere più urgente". "Una volta pronta la sceneggiatura - aggiunge Loach - trovare gli attori adatti al film è il problema più grosso, persone in cui il pubblico crederà. Paul Brannigan (il protagonista, Robbie ndr.) l'ho incontrato prima una volta perché Paul (Laverty, lo sceneggiatore ndr.), mi ha detto 'dovreste incontrarlo, è molto importante', quindi, lui ci ha raccontato la sua infanzia molto difficile, da senza tetto a 13 anni e poi finito in prigione. Quando lo ho incontrato ho pensato che poteva trasformare la propria vita perché ha un grande talento. Ha fatto 10/12 volte delle improvvisazioni diverse, e ogni volta è stato bravissimo. Alcuni attori hanno grande esperienze, Gary Maitland/Albert ha già partecipato ai miei due film precedenti, ma lavora per la nettezza urbana aGlasgow. Li trattiamo tutti nello stesso modo, per portare tutti lungo la storia, conoscerla, e faciamo le riprese dall'inizio alla fine (in ordine cronologica ndr.), se c'è una sorpresa in mezzo al film, riprendiamo questa sorpresa. La nostra è una squadra e lavoriamo tutti nello stesso modo. Quando facciamo i provini hanno tutti la stessa qualità di lavoro, perché ti possano sorprendere, devi affidarti al loro istinto, non dici loro sempre quello che devono dire o fare. Quando facciamo le riprese in sequenza sono in pratica le prove di quello che faremo nel giorno successivo. Quando hai già la sceneggiatura (e le riprese) del finale all'inizio sei già bloccato, soprattutto per quanto riguarda la fine, e l'attore non può scoprire né cercare nulla". "Il grosso della sceneggiatura è di Paul (Laverly), ne parliamo molto ma la scrive lui. Era avvocato, lavorava in tribunale, quindi, vi siamo andati e abbiamo ascoltato le storie, ma è tipico quello che succede attualmente, a parte la storia di Albert. A volte capita che riprendiamo una scena seguendo l'istinto dell'attore, che è diverso di quello che c'è in sceneggiatura. Un paio di volte, in 'Bread & Roses', sulle due sorelle messicane che lavoravano negli Usa, la maggiare ha confessato che era stata costretta a fare la prostituta sul confine col Messico, e lo disse in scena alla più piccola. Pensavamo che la più giovane se ne andasse, invece, è stata un'altra cosa, l'ha accettato. E Paul ha riscritto la fine della sceneggiatura, bisogna tener conto dei cambiamenti. Devi ascoltare quello che dicono gil attori perché hanno qualcosa che viene dalla 'pancia'". "I sentimenti sono le molle che ci fanno agire - conclude -, la più importante è la solidarietà, ma purtroppo non è sufficiente, nel mondo c'è bisogno di organizzazione, come recita, negli Usa, lo slogan del sindacato bisogna 'aiutare, educare, organizzare'. José de Arcangelo

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