lunedì 10 dicembre 2012
"Tutto tutto niente niente": ecco tre mostri della politica (non solo) dell'amata Italia di oggi
"Tutto tutto niente niente", ovvero Cetto La Qualunque colpisce ancora con la complicità di Rodolfo Favaretto (Olfo) e di Frengo Stoppato nella sgangherata società italiana, soprattutto politcamente, dei nostri giorni. E la nuova commedia della coppia Antonio Albanese (sceneggiatore con Piero Guerrera) e Giulio Manfrefonia (regista e collaboratore alla sceneggiatura con Andrea Salerno ed Enzo Santin), se non (ri)conquista tutti i fan del protagonista, è comunque divertente e, come di consueto, anticipa (va) cose nel frattempo successe, ovviamente portandole all'esasperazione. Da giovedì 13 dicembre in sala in 700 copie distribuite da O1.
Quindi, riecco Cetto, il politico 'disinvolto', stavolta alle prese con una travolgente crisi politica e sessuale (in lui le due cose vanno sempre di pari passo); Olfo che rincorre il sogno secessionista di un nordista estremo e, che per vivere e combattere la crisi, commercia in migranti clandestini; Frego, un uomo stupefacente, in tutti i sensi, che torna dal suo buon retiro incastarto da una madre ingombrante, con un sogno semplice semplice: riformare la chiesa e guadagnarsi la beatitudine... del figlio.
"L'idea di andare avanti a far questo lavoro è per chi ha amato 'Qualunquemente' - esordisce Albanese alla presentazione romana -, di continuare su quei tentativi, su quella creatività. E con più ritmi, più gesti, sfruttando una comicità soprattutto fisica. Assemblare tre personaggi e raccontare questo paese che amo profondamentoe, attraverso tre caratteri e tre argomenti diversi. Grazie a Rai cinema e Fandango abbiamo avuto l'opportunità di essere liberi di poter fantasticare, un po' tutti, ognuno nel suo campo. Un traguardo che ci siamo guadagnati senza condizionamenti, avendo cura di ogni fotogramma in tutto e per tutto".
"Un po' psicadelico, un po' drammatico, un po' comico - prosegue -, sono contento perché il film è un po' di tutte queste cose, la comicità deve essere questo, un tentativo. Tre cellule impazzite come siamo noi, tanti, in un'atmosfera che rasenta un po' la follia, questo volevamo rapresentare".
"Fare un numero 2 è sempre un'operazione rischiosa - ribatte Manfredonia -, se il primo è uscito bene sei già sollevato. Ma si rischia la ripetizioni, ci vuole un po' più di tempo per scrivere. Non è un sequel tout court, lo vediamo in maniera inventiva e sorprendente, tre parti dell'Italia. Ci è sembrato pieno di idee, di invenzioni. Una grande sfida, forse più difficile perché ci porta in Parlamento, in Vaticano. Ogni scena è un nuovo mondo, un modo di vedere la realtà deformata come lui (Albanese ndr.). Molto difficile da immaginare veramente e materialmente. Storie che il maestro Paolo Buonvino (che firma la colonna sonora ndr.) ha interpretato sonoramente in maniera veramente sorprendente".
"E' una grande storia d'amore, sì - afferna l'attore -, ho sempre avuto un grande amore nei confronti di questo paese, è un abbraccio, ci sono leggeressime contestanzioni, sollevo dei dubbi, più che altro. Ultimamente ci sono stati tentativi per farcela ad andare avanti, ma ancora no. Sanremo? No, ho un impegno di lavoro e non posso proprio".
"Volevamo fare un film comico - continua -, l'abbiamo scritto un anno e mezzo fa, poi accade quello che avevi già scritto (previsto ndr.). Usare Frengo e Favaretto, ribaltare dalla galera al parlamente, una situazione politica particolare che stiamo vivendo da qualche anno, bisogna renderli ridicoli questi personaggi, ma non so fino a che punto sono reali. Se fosse un film direttamente politico non avremo fatto questo, altrimenti avremmo creato dei mostri giganteschi".
"Raccontare un pezzo del nostro paese senza appoggiarci tanto alla politica, anche se quello che accade quotidianamente non è molto diverso. La caduta del governo è stata organizzata dall'ufficio stampa - scherza, ovviamente -, da giovedì (uscita del film ndr.) non succederà più niente, è solo a scopo promozionale".
"Si parlava della politica italiana - aggiunge il regista -, nei due sensi i due film si somigliano, ma non c'è nessun riferimento alla cronaca, 'Qualunquemente' non era attaccato alla cronaca come non lo è questo. In ogni paese dove lo presentavamo c'era sempre qualcuno che diceva quello è il nostro sindaco!".
"Sono molto legato a questi temi - chiarisce l'attore sulla condizione delle donne -, mi circondo da donne anche sul lavoro, ho un grande rispetto della donna, ma i tre personaggi non sono gladiatori ma l'opposto. Mi sono impegnato a rappresentare queste mostruosità, dobbiamo intervenire, lo trovo pazzesco molti non lo capiscono ancora, in questo senso sono aggressivo, è il mio modo di denunciare un comportamento inaudito. Non amo Cetto, è una rappresntazione completamente negativa, come altri di una fauna che odio, per me è sottinteso. L'idea che una donna non può attraversare la piazza perché derisa mi manda in tilt. La politica sta trattando questi giorni, in questo nostro tempo, forse, importa più della satira sociale, ma bisogna capire determinati comportamenti, della deriva razzista che potrebbe, tra non molto, scaturire in maniera negativa con la crisi. Si sono addirittura formati gruppi quasi armati che salutano col 'Salut', personaggi che insultano le donne; così come nella religione che è un grande omaggio, amo e difendo la mia religione, ma sollevando dei dubbi, nel mio modo".
"Il mio è un sottosegretario lisergico - dice Fabrizio Bentivoglio che, infatti, lo interpreta -, Antonio mi chiese 'lo vuoi fare tu?' Per me è stato facile farlo, conosco Antonio tanti anni, abbiamo trovato l'affiatamento in 'La lingua del santo' di Mazzacurati, l'ho visto a teatro in tutte le salse, dal cabaret espressionista di Weimar a Bertolt Brecht, interloquire alla pari con Frengo, Cetto, Olfo. E credo di esserci riuscito".
"Pratico la commedia molto tempo - afferma Lunetta Savino che è la beata madre di Frengo -, qua da Antonio c'è un passetto in più, diverso, la mia è una maschera che prende spunto da sintomi e particolarità della madre del sud, oppressiva e ambiziosa, appartiene a una tipologia umana, è un lavoro anche fisico, col costume, di trovare un ritmo nell'intornarsi ad una partitura particolare, in cui ripescare le origini del teatro, della commedia dell'arte. Un esperienza che spero di poter ripetere".
"Olfo Favaretto nasce dalla frequentazione del nord - ribatte Albanese -, il Veneto è una regione piena di fantasia, nasce anche da un suono che mi piace, il dialetto, di lavorarci; dall'osservazione, come è stato in 'Giù al nord', poter spostarlo di più, più ingenuo dell'imprenditore (che faceva in tivù ndr.). Con l'aiuto di Giulio sono riuscito a creare questo personaggio, un bellissimo esercizio. Ho immaginato il cast che, per deformazione professionale, volevo lavorare con chi stimo molto, cercare di divertirsi insieme, per me Lunetta è la più grande caratterista, straordinaria. Fabrizio in questo ruolo bellissimo. E Giulio a cercare di proteggere l'interpretazione, di modellarmi durante la lavorazione, e lo fa con tutti. Un'esaltazione nell'interpretazione, non è realistica, è veramente una grande gioia fare così. I linguaggi nascono da ascolto e osservazione".
"Per alcune persone è ancora lontana (la rinascita di una politica vera ndr.), c'è una grande stima in noi tutti, e certe cose se non le fai rimane il desiderio. Per le nuove generazione questo comportamento (politico ndr.) è rimasto negativo, hanno capito subito che non sono giusti, ma per le altre è un dubbio che ho da sempre".
"Dopo 'Qualunquemente' - dichiara Guerrera - per cui ho avuto un premio proprio dal sindaco per aver disegnato un personaggio meraviglioso, furbo, che lo caccia a tutti in quel posto... che posso dire."
Melo "E' la terza involuzione o rivoluzione del mio personaggio - afferma Davide Giordano che è ancora Melo, figlio di Cetto -, è stata una grande sfida, un lavoro sul corpo, sui ritmi, sull'intonazione; crea un corto circuito dove può essere reale quello che non lo è. L'analisi del personaggio, perché tanti figli sono vittime di esempi così mostruosi, ma in maniera comica. Purtroppo esistono questi personaggi, infatti Melo dice mi hanno preso perché ho detto che sono tuo figlio. Certo ho dovuto trasformarmi".
"Mi sono ispirato a Karl Lagerfeld - confessa Bentivoglio dal bizzarro look -, con attributi più diversi, ma dalla stessa pettinatura".
"Frango? - dice il protagonista - Io sono contrario alle droghe anche le più leggere, persino in quel caso è più leggero, ma ha questa ignoranza. Una maschera, più leggera, più morbida".
"Non era un'idea preesistente - dichiara il produttore Domenico Procacci di Fandango -, quando il primo è diventato realtà, è partito il treno dei tre personaggi. 'Qualunquemente' si era detto che era attaccato alla cronaca, ma realmente è stata la cronaca ad attaccarsi al film. La chiave nuova della comicità, di raccontare la mala politica, deriva da spunti e ispirazione legati a personaggi diversi, sindaci, parlamentari, ecc. L'attualità politica di allora non era quella, il Ruby Gate non era ancora una realtà, è stata una coincidenza con i tempi di uscita del film. Pensando a questo progetto, abbiamo detto 'dimentichiamo qualunque vicinanza con la politica, andiamo di fantasia. Quello che è un po' successo tempo dopo, non ci sono in parlamento con i vestiti, poi abbiamo letto delle feste. Ora è saltato fuori il gioco tra Grillo e Villaggio (che fa il Presidente del Consiglio muto ndr.), è venuto senza cercarlo, sembrava lontana da qualche giorno".
"Faccio da sempre, ho (re)citato Karl Valentin, dove con l'ironia, la presunzione in quello che faccio, con la risata, con la comicità tamponare qualcosa. Nasce dal fatto che è un mestiere che uno vuole continuare a fare; se vogliamo elminarla ci ritroviamo un po' più deboli, senza buon senso, manca l'abbraccio. Continuanere per cercare di abbracciare più persone, diventa così trasgressivo, è un buon momento per fare comicità. Poi sotto i regimi, l'ironia ha sempre alimentato l'energia del pensiero a fantasticare, nell'arte in genere. Negli anni '60 Strehler e Grassi cercavano di animare la piccola industria, di fantasticare, se si ride si lavora meglio al tornio; se sorridi in un modo o nell'altro riesce a far sorridere. Sono assolutamente convinto di come si assorbe l'ironia e come può darle fastidio. Il cinema ha una durata, è un momento".
"In una scena tra le più comiche di 'Qualunquemente' - ribatte Guerrera -, in cui Cetto manda il figlio in galera, metà della platea rideva, l'altra si metteva le mani sul viso e diceva 'oh mio Dio, non si può arrivare a quel punto li'. Tra i 'minori' tre o quattro attori, tra cui Noki Novara, Manuela Ungaro e Vito (rispettivamente il secondo, la moglie e Uto dell'entourage di Olfo ndr.) per me è un grande miracolo".
"La canzone di Raffaella Carrà perché mi piaceva l'idea - dice Albanese -, che Cetto vedesse lei, dopo la delusione (sessuale ndr.), che balla il 'Tuca Tuca', mi piaceva. Un anno e mezzo fa mi è venuta l'idea che sogna la Carrà".
"Faccio il nuovo film di Gianni Amelio - conclude -, tra febbraio e marzo, farò anche teatro, ma da un bel po' che pensiamo a questo progetto. Sono contento di lavorare finalmente con Gianni ne 'L'intrepido'".
"Ci vuole coraggio ed essere molto audaci - ribatte il regista su "Tutto tutto niente niente" - perché il film può piacere o no; è un po' una pazzia che è stata possibile perché abbiamo incontrato un produttore e una società dagli slanci un po' folli. Domenico e tutta la Fandango ci hanno molto aiutato. Siamo stati capiti al volo, su altre non so se ci credete, voi andate avanti nel panorama italiano ed è bello così".
"Abbiamo creduto fortissimamente su questo tipo di cinema - chiude Paolo del Brocco di Rai Cinema che coproduce - che è nell'ottica del nostro listino di produzione, poter avere un cast meraviglioso, e magari farne un terzo".
José de Arcangelo
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