martedì 19 febbraio 2013
Finalmente nelle sale il "Pinocchio" di Enzo D'Alò su disegni di Lorenzo Mattotti: fedele e suggestivo
Finalmente arriva nelle sale, dopo il passaggio/anteprima alle Giornate degli Autori dell'ultimo festival di Venezia, il "Pinocchio" di Enzo d'Alò, tratto ovviamente da "Le avventure di Pinocchio" di Collodi, nella versione più fedele possibile, tradizionale nel disegno e innovativa nella realizzazione. Perché personaggi e ambientazioni sono dell'illustratore e fumettista Lorenzo Mattotti che già li aveva creati nel suo primo libro illustrato. Il lungometraggio, prodotto da Cometafilm, Iris Productions, Walking the Dog, 2D-3D Animation in collaborazione con Rai Fiction, esce nelle sale italiane il 21 febbraio distribuito da Lucky Red in 200 copie.
Comunque l'uscita del film d'animazione è una sorta di celebrazione di un anniversario a scelta, perché Collodi lo scrisse nel 1883, e Benedetto Croce l'aveva sdoganato nel 1903, e un libro che - con 240 versioni - è il più pubblicato nel mondo.
E per il regista il suo è un "lavoro di bottega, da artigiano".
"E' il terzo libro più letto al mondo, dopo la Bibbia e il Corano - esordisce d'Alò alla presentazione romana alla Casa del Cinema -, volevo trovare un Pinocchio legato alla storia di Collodi, perciò volevo per immagini e musica qualcosa di completamente nuovo. Mattotti perché avevo amato tantissimo i suoi disegni e aveva già fatto un libro su 'Pinocchio', lo stesso dicasi per la musica di Lucio Dalla, in grado di cogliere il senso, il significato del film, di giocare con le note. E partire dallo studio di Collodi, per raccontare cose che la gente non sa, ma sente; affrontare il personaggio di Collodi che amava la musica e Rossini. Infatti, il suo 'C'era una volta un re' viene proprio da 'La Cenerentola' di Rossini, perciò abbiamo un tema lento per Geppetto, come Collodi avrebbe voluto vederlo. Nell'originale ci sono tanti elementi mai utilizzati, come 'la bambina dai capelli turchini' del libro (anziché la fata ndr.), e dà uno stimolo in più, perché è una sorta di amore adolescenziale. Tanti episodi per ricostruire la storia di Collodi, credo piacerà al pubblico perché non li ha mai visti prima".
Dopo la prima volta alle Giornate degli Autori, il lungometraggio animato di d'Alò si è guadagnato la prima pagina di Variety.
"I film li faccio per me stesso - riprende l'autore de "La freccia azzurra" e "La gabbianella e il gatto" -, cerco di mettere me stesso, mi pongo al posto del personaggio, e finché il pubblico si riconosce sono contento; però devo emozionare me stesso per primo, se non riesco ad avere delle emozioni personali, non posso pretendere che il film emozioni il pubblico. E' il filo rosso di quello che penso della vita, lavoro sul libro e se non fossi d'accordo, non lo prenderei per metterlo in film".
"Lucio si è avvicinato per la musica e colonna sonora e si è innamorato del progetto - ribatte Marco Alemanno, il suo compagno -, era affascinato dell'arte e riconoscendo Mattotti un artista a tutti gli effetti, si è buttato a capofitto sulla musica insieme a Roberto Costa, asse portante di tutto il lavoro. La libertà creativa vulcanica di Lucio, dà tutti i colori, per parlare ai bambini ed emozionare i grandi, nasconde citazioni dichiarate e colte, come Nino Rota e Rossini, e certe pseudomarcette della Germania di Kurt Weil. Il simbolo di Pinocchio è quello del bambino bugiardo, e Lucio diceva 'uno più bugiardo di me l'ho conosciuto, era Federico Fellini', poche e innoque come quelle di Fellini. Dopo l'esperienza del 'Casanova', il progetto sul 'Pinocchio' di Fellini è stato rimandato. Prima di partire per la tournée (l'ultima ndr.), Lucio ha inciso la prima strofa della canzone dei titoli di coda. Dato quel che è successo, ho chiesto e ottenuto di avere un coro di bambini, che ha reso il finale più giocoso, non triste, ma nostalgico e malinconico, che si chiude col pannello del Pinocchio triste. Durante tutta la sua carriera, Lucio ha avuto la curiosità dell'eterno bambino, mai cresciuto; dispiace che non abbia visto il film finito, ne sarebbe stato contento. Quando Enzo gli ha portato la scena del sogno della morte di Turchina, ha detto che era molto moderno, arte moderna. E così d'Alò ha deciso di lasciarlo il più isterico, straniante possibile, una delle scene che l'avevano emozionato di più".
"Con Mattotti abbiamo lavorato sopratutto in pre-produzione - confessa Alò - non potevo costringerlo a lavorare sul computer, lui è abituato a lavorare con carte che si distruggono col passar del tempo, ma dovevamo costruire insieme, gli spiegavo e mostravo i personaggi, e ne abbiamo creato dei completamente nuovi. Siamo andati in giro nella zona della Toscana tra le colline vicino a Casal Marittimo, il riferimento al mare nel libro è diretto, e mi fa supporre che i ragazzi vanno spesso al mare, e da Firenze andare al mare è troppo lontano. Ne abbiamo fatto una o due maquette per ogni sequenza, e lavorato sui personaggi con esperti dell'animazione perché il tutto deve essere coerente e bello allo stesso modo; a volte, quando non ci sembravano belli, li abbiamo modificati. Tutti grandi professionisti, una équipe di scenografi che hanno lavorato a partire dalle maquette originali, per mantenere la materia lavorando anche con photoshop, per mettere i livelli materiali e digitali insieme, un lavoro fatto fino alla fine, che servisse a mescolare il meno possibile i personaggi con gli scenari. Abbiamo lavorato sui personaggi con una tavoletta grafica, il primo sperimento in Europa, che mantiene il segno grafico dall'inizio alla fine. L'animazione 'tradizionale' utilizzando le nuove tecnologie e ci hanno lavorato circa 500 persone tra Spagna, Lussemburgo, Francia e Belgio (anche coproduttori ndr.), anche perché non potevamo avere impegnati nello stesso studio centinaia di computer lavorando al film".
"Mi piace partire sempre dalla storia - aggiunge sul suo approccio tradizionale -, interpretata dalla persona. Adoro l'animazione giapponese come da bambino amavo Disney, ma sono tutte sottoposte alla storia, congeniali all'autore. Forse un giorno farò un 3D all'americana o alla giapponese, partendo da presupposti europei. Il mio modo di costruire la narrazione poetica è però simile a quella giapponese".
Uscirà in 4 paesi, piace moltissimo, tutti chiedono la versione italiana perché più espressive, prendono i cantanti. Debutto nel montaggio
"La struttura del film inizia montando lo story board, poi il videoboard fino ad arrivare alla versione definitiva, e ci sono voluti 4 anni. Poi costruire il ritmo come fosse una locomotiva, volevo che anche visivamente raccontasse la corsa dell'ipercinetismo di Pinocchio".
"Disney ha inventato molto - aggiunge -, voleva prendere una storia come pretesto per ricostruire la drammaturgia americana. Infatti, la balena non ha nessuna possibilità di ingoiare Pinocchio, nel libro è una sorta di mostro marino, forse un pescecane, anzi il capodoglio è l'unico che riesce ad aprire la bocca in quel modo. Abbiamo ricostruito tutto dal libro per riprendere e riattualizzare, e ho scoperto che molti dialoghi sono ancora attuali. Il Pescatore Verde è un personaggio vero, Lucio se ne è innamorato e ha voluto dargli la voce. Altri gli abbiamo rimessi al loro posto, il Grillo parlante è la coscienza fino a fine, e Collodi lo fa finire schiacciato, resta un'ombra, e ricompare poi come dottore. E divide gli animali in due tipi, uno pontifica e giudica (Grillo, il Pappagallo), l'altro stringe amicizia, non lo giudica e l'aiuta, come il cane Alidoro. Ma Disney vedeva l'Europa tutta tirolese".
"Lucignolo è ganzo, in questo film è livornese - dice Paolo Ruffini che gli dà la voce -, goliardico, ma rispetto alla negatività del personaggio non sono tanto d'accordo; si fa abbindolare, non è negativo, è un italiano medio. d'Alò è simpatico, ha cercato di abbracciarmi, mi ha stravolto, è umano. Lavora con la moglie, anche lei travolgente, e come si veste sembra in costume di scena, da regista di cartoni animati, tutti quei colori (ha un maglione a strisce colorate ndr.), è una cosa straordinaria. Proprio la bottega, ma anche familiare, bella di questi tempi; lui ha l'HD di natura, l'effetto speciale è la nostra umanità. Fare un film è bello, una cosa fantastica avvicinare Mino Caprio (che doppia Geppetto mentre il figlio Gabriele Pinocchio ndr.)".
"Stavolta è stato diretto dal figlio - ribatte Maurizio Michele che è Il Gatto -, parla di promesse non mantenute. Conosco Enzo ma il film non l'ho ancora visto, non amavo tantissimo il romanzo, lo trovavo triste, gotico, mai avuto una grande passione; mi piacevano i personaggi più allegri, io faccio il pazzo e l'altra matta (l'Affatato ndr.) fa la Volpe, ho provato delle emozioni inaspettate che in Disney non c'erano. Immagini antiche, vere, quelle che dovevano essere nella mente di Collodi. Mi sono divertito due volte. Basta".
"Bisogna sempre entrare dentro e far entrare lo spettatore nella storia - prosegue l'autore -, perché l'animazione decontestualizza, il bambino s'identifica in Pinocchio. Perciò volevo alleggerire la fase gotica e renderla più solare, anche se questa componente c'è in tutte le fiabe dei Grimm; ho fatto molte modifiche, tolte scene troppo forti. Quando ho realizzato lo storyboard dell'impiccaggione, ho voluto farla vedere il meno possibile, e ho ideato uno stratagemma, riprenderlo con la macchina da presa a strattoni (dal punto di vista di Pinocchio), e sull'alba l'ombra di Pinocchio sulla casa di Turchina".
"Nasce dalla scrittura (sceneggiato con Umberto Marino ndr.) - aggiunge -, scrivendo sulla coppia del Gatto e la Volpe, il primo è più arrufone, un istrione che si inventa sul momento; abbiamo pensato ad una Volpe con sensualità e astuzia, fa parte dell'immaginario sulla volpe, è al femminile era ideale (voce di Maricla Affatato, direttrice del doppiaggio ndr.). Mi piacciono moltissimo le tre voci, Pinocchio, il Gatto e la Volpe camminano insieme hanno un'armonia musicali. Per Mangiafuoco ci siamo attenuti molto a Collodi, e abbiamo aggiunto il Gatto e la Volpe, che nel libro vanno via, spariscono subito".
"Penso che il paese dei Balocchi non fosse punitivo, nell'800 c'era un bisogno disperato di alfabetizzazione, in Collodi è il tentativo di scolarizzare la popolazione. Così ho pensato di penalizzare i bambini in un parco giochi che fosse quasi psichidelico, non permettesse un gioco sociale, una sudditanza verso la macchina, il gioco, la musica charleston forte e presente, l'alienazione; e per lavorare sui sotterranei abbiamo voluto prendere le 'carceri' di Piranesi. Il sistema a caleidoscopio, gratuita nel disegno entra l'effetto, su un disegno di Lorenzo, poi a Lussemburgo e tutte animate fatte così. Abbiamo realizzato questi effetti senza far piangere troppo i produttori".
"Mi sono ispirato alle mie esperienze - conclude d'Alò -, il figlio che vuol volare l'ho inventato io, anche per giustificare la fine del film. Da una parte aquilone è il filo conduttore, Geppetto bambino che poi si costruisce il figlio. Quanti padre vorrebbero un figlio ingegnere perché loro non sono riusciti, magari lui vorrebbe diventare un ottimo avvocato o pittore; mi piaceva l'idea che scappa via, mentre Geppetto con lui vuole girare il mondo. Infatti, Geppetto da bambino insegue due viaggi insieme, per poi rincontrarsi nel ventre del pescecane, si sente padre quando il figlio fa qualcosa di lui, lo porta in spalla in spiaggia".
"E' così importante che prevede di aver un punto di vista differente. L'aquilone rappresenta la fantasia in qualche modo, perché il desiderio di volare l'abbiamo tutti. Io sognavo di essere un aquilone. Nel libro, inoltre, non è mai illustrato nell'ultima scena. Quando leggevo il libro, pensavo è così carino il burattino, perché diventa bambino come tutti gli altri? Non volevo tradire Collodi, così ho lasciato il bambino ma che pensa 'dentro sono ancora Pinocchio', sempre".
"Sono entusiasta del film - chiude Andrea Occhipinti di Lucky Red - la favola italiana per eccellenza e non c'era un nostro grande film d'animazione. Rivedendolo c'è tutto il Grillo parlante, il Gatto e la Volpe, tutto è nel nostro immaginario e nel nostro linguaggio, è per tutti i bambini italiani. Esce in contemporanea in Italia, Francia Belgio, Lussenburgo. In Francia ha già vuto 3 stelline: excelent".
Inoltre, "Pinocchio" ad Annecy ha vinto il premio come miglior trailer/pilota, su Animation Show Magazine ha avuto tre pagine più la copertina. E ad Abu Dhabi dove è stato presentato in anteprima fuori dalla sala c'era un ampio parcheggio di passeggini, segno che c'erano tanti piccolissimi che se lo porteranno dentro per anni, come è stato per noi, e forse di più, quello di Disney.
José de Arcangelo
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