venerdì 30 agosto 2013

"La variabile umana" è un noir sui rapporti umani e un thriller dei sentimenti nella Milano di oggi

Finalmente nelle sale italiane l'opera prima del napoletano Bruno Oliviero - con una lunga attività di documentarista alle spalle -, presentata in anteprima internazionale in apertura alla recente edizione del Festival del Film di Locarno.
Al primo approccio, "La variabile umana" è un giallo sui rapporti umani, ma in filigrana è soprattutto un thriller dei sentimenti incentrato sull'ispettore napoletano Adriano Monaco (un inedito e credibile Silvio Orlando), stanco del suo lavoro da quando, tre anni prima, è venuta a mancare la moglie, e anche perché ha un rapporto difficile con la figlia adolescente Linda (Alice Raffaelli, una vera rivelazione). Ispirato ai noir americano anni Trenta filtrato attraverso l'attualità italiana (un po' come ha fatto Marco Risi in "Cha cha cha"), il film è ambientato in una cupa e inedita Milano - più che altro notturna - che, come la definisce l'autore, è "un generatore di miti", in cui il protagonista è un uomo che rappresenta le istituzioni del Paese "messo in crisi da condizioni morali ed etiche". Ma non è solo per questo che l'opera prima di Oliviero coinvolge e invita alla riflessione genitori e figli, ma anche tutti gli spettatori, adolescenti inclusi. E la vicenda noir aiuta a creare un crescendo della tensione e dell'ambiguità delle relazioni, mai tanto facili da risolvere quanto il giallo che il pubblico specializzato, forse, risolverà in anticipo.
Infatti, la pellicola si apre di notte in Questura dove, oltre al caso dell'omicidio del signor Ulrich, irrompe anche la figlia Linda (Raffaelli), fermata perché sorpresa in possesso di una pistola. E l'apparente solidità di Monaco, protetto dalla burocrazia, è messa a dura prova dal suo ruolo di padre. Si rende conto dell'abbandono in cui ha lasciato la sua vita privata, di aver trascurato la figlia e di non essere più il poliziotto di una volta, il maestro di tanti altri, neppure di Carlo Levi (Giuseppe Battiston, il nome in omaggio/citazione, in quanto 'testimone'), suo allievo e amico di famiglia, quasi uno zio per la ragazza. Quindi la storia racconta soprattutto "il percorso di un padre a confronto con la figlia, che incrocia tutte le delusioni lavorative", mentre il 'giallo' ovviamente non va svelato perché in un certo senso è la vera chiave del tutto, delle indagini e del rapporto padre-figlia.
Bella oltreché funzionale la colonna sonora dell'americano Michael Stevens, il musicista collaboratore di Clint Eastwood, che qui offre alla pellicola la giusta atmosfera europea. L'esperienza nel documentario ha aiutato tantissimo il regista che l'ha usata soprattutto nella parte pubblica della storia (sequenze realistiche girate spesso con camera a mano), mentre nella parte privata insegue i suoi personaggi da vicino indagando nei loro gesti, reazioni e movimenti. Prodotto da Lionello Cerri e Gabriella Mandrè per Lumiere & Co. e Inisibile Film, con Rai Cinema, il film vanta la bella fotografia di Renaud Personnaz, il montaggio di Carlotta Cristiani, le scenografie di Silvia Nebiolo e Luigi Maresca, i costumi della stessa Nebiolo e il suono di Matteo Olivari. Nel cast anche Sandra Ceccarelli (vedova Ullrich), Giorgia Senesi (Cristina, medico legale), Renato Sarti (dirigente questura), Arianna Scommegna (Ruth Levi), Dafne Masin (Olivia) e Caterina Luciani (Caterina). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 29 agosto distribuito da Bim

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