giovedì 5 settembre 2013

"La religiosa", una nuova rilettura del romanzo incompiuto di Denis Diderot, a cinquant'anni da quella, indimenticabile, firmata Jacques Rivette

Una nuova trasposizione - a quasi cinquant'anni di distanza dal celebre capolavoro di Jacques Rivette con Anna Karina -, del romanzo omonimo di Denis Diderot firmata dal quarantenne Guillaume Nicloux e interpretata dalla giovanissima Pauline Etienne. Un film - in concorso alla 63a. Berlinale, dove già è stato ampiamente apprezzato - sobrio e fedele allo spirito del romanzo, ambientato nel XVIII secolo, ma sempre - allora come oggi - attuale, visto che parla di sottomissione e sopraffazione della donna.
Il dramma di una sedicenne, Suzanne Simonin (il nome precedeva il titolo italiano del film di Rivette, 1966), costretta dalla sua famiglia a prendere i voti - perché figlia 'illegittima' - e che cerca di resistere a valori religiosi imposti, rivelando l'effetto disumanizzante di una vita di reclusione. 1760. Suzanne prima resiste alle regole del convento di S. Marie, ma poi è costretta a pronunciare i voti e a subire le conseguenze del 'peccato' di sua madre. La giovane, comunque, cerca di sfuggire al cammino religioso, ma mentre tenta di revocare i voti, l'amorevole Madre Superiora, Madame de Moni (l'icona del cinema d'autore Françoise Lebrun, nella precedente versione era Micheline Presle), che le era stata di conforto e sollievo, muore. Le succede Suor Christine (Louise Bourgoin), una Superiora sadica e crudele che infligge alla ragazza le peggiori forme di umiliazione.
Infine, Suzanne viene trasferita in un nuovo convento, S. Eutrope, guidato da un altro tipo di Madre Superiora, Madame de Chelles (Isabelle Huppert), addirittura libertina, che sviluppa con lei un 'inappropriato' (safico si diceva una volta, lesbico oggi) legame affettuoso che spingerà la giovane alla fuga verso un tragico epilogo... Nicloux - anche sceneggiatore con Jérome Beaujour - però ha cambiato il finale, "aprendo uno spiraglio - dichiara - a un futuro possibile. Volevo che si liberasse dal vincolo materno per essere libera. Ho sempre considerato Suzanne una ribelle che lotta per la sua libertà anche se ciò significa privarsene temporaneamente".
"Volevo cercare di svincolarmi dal contesto del romanzo - continua il regista - e dall'immagine anticlericale di Diderot (filosofo, critico d'arte e scrittore francese, lui stesso fuggì dal convento, aveva un fratello prete e una sorella monaca, diventata pazza e morta in convento a 28 anni ndr.) e concentrarmi sull'essenza stessa del testo, che è un inno alla libertà. Sono sempre stato affascinato dalle persone che scelgono volontarimante gli ordini di clausura, come quelle descritte da Jean Genet ed Edith Stein. Quella infinita 'mise en abime' tra ciò che accade dentro e fuori di noi, quell'involucro materiale usato come scudo. Ma 'La religiosa' è più un romanzo sulla libertà che sulla prigionia. Così ho voluto spostare l'attenzione su alcuni desideri reali, come la libertà di pensiero e di realizzazione nella vita al di là di ogni divisione religiosa. Perché in fondo, Suzanne non nega la sua fede o il suo amore per Dio. Esercita semplicmente la sua volontà di esprimerli come meglio crede".
Peccato che la pellicola, in fin dei conti, risulti un po' fredda, offrendo una visione quasi distaccata, dove trionfa la ragione sulla passione, quindi il cervello sul cuore, fatto che in una situazione del genere e, soprattutto la mente di un'adolescente, viene spesso travolta dal dubbio e finisce per spingersi nella ricerca della libertà nell'autodistruzione. Non a caso, nonostante siano passati quasi tre secoli, i suicidi sono sempre più numerosi tra gli adolescenti. "I temi trattati nel romanzo - conclude l'autore - sono estremamente moderni. La ribellione di una giovane donna all'autorità, la sua strenua battaglia per la libertà, la sete di giustizia, il rifiuto di arrendersi, la lotta contro la reclusione. L'aspetto più interessante è la contemporaneità delle tematiche e l'impatto che sortisce sui giovani. Mia figlia, che ha diciassette anni, ha scoperto il romanzo l'anno scorso e mi sono reso conto che la storia di Suzanne per lei ha ancora grande valore. A suo avviso, il mondo di oggi non sembra molto cambiato dai tempi di Diderot".
Nel bello e ottimo cast anche la tedesca Martina Gedeck (madre di Suzanne), la rivedremo in "Anni felici" di Daniele Luchetti; Agatha Bonitzer (sorella Thérèse), Alice de Lencquesaing (sorella Ursule), Gille Cohen (padre di Suzanne), Marc Barbé (padre Castella), François Négret (Manouri), Pierre Nisse (Marchese di Croismare) e il redivivo Lou Castel (Barone di Lasson). Ottima la cornice, merito del direttore della fotografia Yves Cape, dallo scenografo Christophe Offert e dalla costumista Anais Romand. Il montaggio è firmato Guy Lecorne e le musiche da Max Richter. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 5 settembre distribuito da Officine Ubu CURIOSITA' A proposito delle location, Nicloux ha dichiarato: "Il direttore artistico Olivier Radot, la costumista e io stesso abbiamo fatto molte ricerche. Preferisco girare in location reali, così siamo andati alla ricerca di conventi che hanno conservato il loro aspetto originale. Ce ne sono alcuni in Francia, ma quando hanno scoperto il soggetto del nostro film hanno rifiutato. Così abbiamo cercato all'estero, e ne abbiamo trovati due in Germania rimasti praticamente immutati da più di tre secoli. A quel punto dovevamo farli rivivere. Non volevo cadere nello stereotipo di un film freddo e triste che perpetra il mito di austerità della vita monastica. A quell'epoca, molti monasteri erano particolarmente ricchi. In molti casi la vita era relativamente normale. Ovviamente c'era la preghiera, ma c'era anche buon cibo, si rideva e a volte addirittura si danzava".
E sulla fotografia: "Io e Yves Cape abbiamo fatto riferimento alle fotografie di Sergei Prokudin. Aveva sviluppato un processo tricromatico attraverso il quale i colori potevano risultare allo stesso tempo saturi e desaturati. Abbiamo così sostituito la rappresentazione tradizionale di un convento polveroso con un'immagine più scintillante, quasi calda, incentrata sui colori primari, in cui i volti privi di trucco rivelano il colore naturale della pelle esposta".

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