sabato 2 novembre 2013
Arriva sul grande schermo una splendida "Blancanieves" moderna, muta e spagnola, una principessa dell'arena guidata da Pablo Berger
L'ennesima rivisitazione della celebre favola dei fratelli Grimm? Sì e no, perché "Blancanieves", pensato e realizzato (nel 2012) quasi contemporaneamente al pluripremiato "The Artist", è un altro splendido film muto e in bianco e nero. Una rilettura moderna della dell'antica leggenda, ambientata nella Spagna degli anni Venti (quelli del muto, appunto) e nel mondo dei toreri, tra mélo e gotico iberico.
Ma questa "Biancaneve" è soprattutto la più originale delle versioni uscite negli ultimi due anni (con celebri matrigne come Julia Roberts e Charlize Theron), e sembra ancora più un 'vero' film muto perché non è solo un omaggio, ma una pellicola che potrebbe benissimo essere stata girata allora. Magari da un maestro come Dreyer o von Stroheim o Stenberg, questi ultimi due, non a caso, avevano rivisitato la "Carmen".
Qui è una perfetta Maribel Verdù la perfida e avida matrigna Encarna, mentre la rivelazione Macarena Garcia è Carmen - soprannominata 'Blancanieves' proprio dai 7 nani -, dotata non solo di una bellezza fuori dai classici canoni, ma anche di un talento naturale.
C'era una volta un famoso torero, Antonio Villalta (Daniel Giménez Cacho) che all'apice della sua carriera, a causa di un grave incidente sull'arena, resta invalido a vita, mentre la bella moglie Carmen de Triana (Imma Cuesta), cantante e ballerina di flamenco, muore di parto dando alla luce l'ignara Carmen.
Cresciuta dalla nonna Concha (Angela Molina, purtroppo invecchiata male) e tenuta lontano dal padre costretto sulla sedia a rotelle dalla terribile matrigna, Carmencita (sorprende la piccola Sofia Oria) cresce. Ma alla morte dell'amata nonna, viene costretta dalla matrigna Encarna (Verdù) a dormire in stalla e le è assolutamente vietato raggiungere il padre al primo piano.
Finché la perfida donna non decide di sbarazzarsi definitivamente del marito e della figliastra, complice l'autista/amante (anziché il cacciatore). Ma Carmen, ormai adolescente, viene salvata dalla compagnia di girovaghi "I nani toreri" (tra i quali una femmina) che non solo l'accolgono ma scoprono le doti di 'matadora' ereditate (insegnatele in segreto) dal padre. Diventata popolarissima in tutto il paese, viene però scoperta dalla matrigna che si adopera con ogni mezzo per farle avere la fatale mela...
Certo non si tratta nemmeno di una pellicola per bambini perché, nonostante ci sia un po' di "Cenerentola" (anche Carmencita deve fare i lavori più faticosi), un pizzico della "Bella addormentata" (vedrete perché), il regista Pablo Berger privilegia le parti più dure e cupe della fiaba classica con al centro una principessa 'da salvare', anche quando non c'è nessun Principe Azzurro, anzi è uno dei nani (ovviamente il più bello) ad innamorarsi della bella fanciulla. Inoltre, stavolta non vivranno nemmeno felici e contenti... o forse sì?
Nell'opera di Berger primeggia il gusto delle immagini (il cinema lo è a tutti gli effetti) d'epoca grazie a un abbagliante bianco e nero (direttore della fotografia Kiko de la Rica) e una stupenda ambientazione (scenografie di Alain Bainée e costumi di Paco Delgado) che riproducono la Spagna anni Venti con lusso di oggetti e particolari del periodo.
"Lo spettatore deve sentire più che pensare - afferma l'autore - e farsi trasportare dalla storia solo attraverso le immagini e la musica. Il film va vissuto come una cerimonia (il famoso rito in sala ndr.) e come un'esperienza catartica".
Infatti, è una favola che ci riporta nel mondo dell'infanzia, e sulle ali della fantasia in una sorta di viaggio nel tempo, attraverso il linguaggio universale del cinema, di quello che ci 'parlava' soprattutto attraverso immagini, gesti e movimenti, meglio ancora se accompagnati dalle note della musica. Anche questa ottima, una vera partitura, una colonna sonora creata da Alfonso de Villalonga, già collaboratore di Isabel Coixet e Brad Anderson. Da non dimenticare il riuscito montaggio di Fernando Franco.
Non per niente Pedro Almodovar lo ha definito "Il miglior film spagnolo dell'anno", vincitore di 10 premi Goya e nominato dalla Spagna nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero.
Nel cast anche Pere Ponce (Genaro, l'autista); José Maria Pou (Don Carlos, il manager), Ramon Barea (Don Martin), Emilio Gavira (Jesusin), Sergio Dorado (Rafita).
José de Arcangelo
(4 stelle su 5)
Nelle sale dal 31 ottobre distribuito da Movies Inspired
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