martedì 5 novembre 2013

Paolo Ruffini debutta nella regia con "Fuga di cervelli", ma questi ragazzi in fuga forse non ce l'hanno, anzi sono proprio fuori di testa

Arriva il 21 novembre nelle sale italiane "Fuga di cervelli" debutto nella regia di Paolo Ruffini, anche protagonista di questo remake omonimo della commedia spagnola ("Fuga de cerebros") di grande successo in patria, accanto ai giovani Luca Peracino, Andrea Pisani, Frank Matano, Guglielmo Scilla, e la bellissima Olga Kent, ovviamente modella top. "Keep Calm 8ttimismo" è la battutta tormentone di uno dei ragazzi - tutt'altro che 'cervelloni' -, da rispettare alla regola anche prima di vederlo, almeno se non si ha l'età del ruolo, cioè dei personaggi.
Prodotto da Maurizio Totti e Alessandro Usai per Colorado Film, in collaborazione con Medusa Film - che lo distribuisce anche in ben 450 copie -, al neo sceneggiatore/regista gli è stato affiancato Guido Chiesa e poi Giovanni Bognetti, entrambi nelle vesti di sceneggiatori. "Chiesa è il segno dell'ottima protezione che ho avuto - esordisce Ruffini, da 'Stracult' al grande schermo -, sono stato coccolato e protetto, vista la mia passione e il mio amore per il cinema da quando sono nato. Pensi sempre a fare il tuo film, dalla parte del comico, come è stato per Pieraccioni, Nuti e altri, e raccontando una storia e non me, ma uno sfigato come potevo essere stato anni fa, poi c'è la ragazza del primo banco, e questa fuga. Abbiamo cercato di portare 'Fuga de cerebros', un pochino più sulle terre nostre, il personaggio di Frank non era così, un altro è originale. E' un fatto di responsabilità, di sentirsi il più ganzo del mondo, visto che prima mi hanno detto la cosa più importante è la sceneggiatura, poi la preparazione, dopo le inquadrature, e man mano la fotografia, il montaggio, fino ad ora quando la cosa più importante è la promozione. Mi ha stupido questa bellissima, grande, protezione da parte della produzione che mi ha supportato in tutti i modi".
"Frank (Matano) e Gugliemo (Scilla) - prosegue sugli interpreti - sono due attori che non vengono dal cinema. In tanti film ho fatto il ragazzo, e i giovani che mi vedono al cinema dicono è figo, va bene, ma tutto questo visto dai sessantenni è tutta un'altra cosa. Basta dire che il linguaggio dei giovani sfugge persino a me (che ne ho 30), ma bisogna usufruire di questa loro energia che comunica davvero. Inoltre ho trovato attori meno accademici ma molto energetici e comunicativi. I Pampers vengono dall'esperienza di Colorado, con Olga (Kent) c'è stata genesi particolare, quindi, un cast fichissimo. Ho riletto e studiato il copione, l'ho riscritto 'cazzeggiando' e creando giochi di gruppo - di cui il discorso del gruppo non accademico -, è stato divertente perché in questo modo ci si diverte davvero. E poi perché penso di aver usato un metodo innovativo e originale, chiedendo alla produzione che i ragazzi potessero trascorrere con me due/tre settimane a Milano prima delle riprese".
"Il pubblico a cui è rivolto il film è quello giovanile - prosegue -, non credo il cosiddetto giovanilistico. Il pubblico ha più sfaccetature, ho lavorato sulla scia di 'Una notte da leoni', delle commedia di Ben Stiller; nella seconda parte, invece, c'è una riflessione sull'amicizia e sulla post amicizia degli sfigati, che ci sono tanti anche a 50 anni. Siamo considerati l'immondizia del mondo, non siamo tutti belli e fortunati, i personaggi sono dei reietti, alcuni con sfighe fisiche (il suo è cieco ndr.), sono spinti a credere nel valore dell'amicizia". "Quando è arrivata l'offerta meravigliosa da parte di Maurizio - confessa - ero atterrito, lusingato e spaventato al tempo stesso, e spero di aver risposto nel modo giusto". "E' il remake di un film spagnolo - ribatte Maurizio Totti -, che mi è stato segnalato dal giovane Alessandro Usai, delegato della Colorado Film, e ho visto che era molto divertente, ma dovevo fare la localizzazione italiana di diritti e doveri.
Per l'ossatura del film, ho poi coinvolto Guido Chiesa, che però mi ha detto 'non me la sento di dirigerlo, ma forse solo a scriverlo'. Avevo una grande stima di Ruffini come talento naturale, sa tutto sul cinema, ed è un po' fissato. E ho fatto il ragionamento se è un film che si rivolge ai giovani, diamo il potere ai giovani. Paolo ci si è messo dentro fino al collo, anche Matano (Frank) che non conoscevo, secondo me è super divertente". "Sono un compagno di viaggio e dovrei dire grazie alla Colorado - ribatte Letta di Medusa -, perché hanno creduto e credono in questo progetto. Mi ha fatto piacere perché già avevamo lavorato insieme con Carlo Vanzina, conoscevo qualcuno dei ragazzi protagonisti che non sono proprio digiuni del mestiere e mi hanno fatto conoscere Matano. La linea editoriale di Medusa è quella di fare tentativi diversi, di spaziare un certo tipo di film. Credo si debba fare una linea editoriale eterogenea. Comunque, i ragazzi anche fuori dal set sono divertenti".
"Quando presento il film non faccio mai riferimento ai disabili, a cinque ragazzi normali che sono sfigati perché non hanno via di fuga - riprende Ruffini -; Alonso (Pisani) è fissato sul sesso, io sono un casinista, e il capo branco. La disabilità è in secondo piano non perché di minor importanza, ma perché mi son detto non posso scherzare su disabili, ciechi, ciccioni, omosessuali. Il mio riferimento casomai è 'Non guardarmi non ti sento' di Gene Wilder, oppure 'Quasi amici'. Ho contattato persino l'Istituto Nazionale Ciechi, e ho scoperto che il presidente va in giro senza bastone, e che tutti loro hanno una fantasia più fervida della mia".
"Ho conosciuto un giovane che ha avuto un incidente a vent'anni - dice Pisani - e diceva che tutte le cose fatte per i disabili sono orrende, incluse le sedie a rotelle. Infatti, nel film abbiamo usato la sua, tutta colorata e illuminata. Non devono essere per forza sgradevoli, ci deve essere sempre una semplicità in tutto. Andando in giro vedo ragazzi che a volte si ritrovano al centro di brutti episodi, altri invece in momenti di integrazione pazzesca. Loro sono integrati e, proprio, sulle sedie a rotelle vengono a vedere i nostri spettacoli, vanno al cinema, nei locali. E i ragazzi hanno una sensibilità più grande e acuta degli adulti".
"La cosa bella è che mi rendo conto di essere colpevole di questa cosa - ribatte Ruffini -, quando vedevo le persone sulle carrozzine, dicevo 'cavolo che sfiga', poi conosci le persone, e capisce che in nella realtà è terribile sentirsi 'diversi' per sempre. Certo, se ho un amico col naso storto, lo prendo per il culo. In questo caso ci voleva una cosa diverse, essere più sensibile. Ora si vedo uno in carrozzella mi consola, visto che loro mi hanno persino insegnato come fanno l'amore e l'ho provato anch'io". "Spesso non è la parolaccia ad essere volgare ma la persona - afferma in seguito -; la cattiveria fa diventare volgare, non ho avuto per questa sensazione nel film. Nel film di Checco Zalone c'è la parolaccia detta dal figlio - continua -, basta un 'non lo dire più'. La differenza sta nel modo con cui la si dice, se non è tesa ad offendere, come Frank che è una sorta di reattore di scorregge, ma lo fa con candore e levità. E' molto volgare, invece, quello che si scrive sui giornali sulla situazione politica. Noi abbiamo ripreso il linguaggio che i ragazzi usano a scuola e per strada".
"Cercavamo la protagonista del film - aggiunge - e abbiamo pensato di aiutarci con youtube lanciando una sorta di concorso / provino, ma tra le attrici non trovavamo nessuna adatta, e non avevo pensato al mondo della moda, credevo si prendessero troppo sul serio. Dicevo 'tutte se la tirano, non le voglio', ma una mia amica mi presenta Olga e appena la vedo, scopro che è una persona di un'autoironia unica, con una sensibilità incredibile, ha un acume, un sorriso pop, ed è erotica per questi giovani sfigati e piacevole per signore e signori di una certa età. E ha studiato tantissimo".
"Non si è comportato malissimo - ribatte la Kent -, ci siamo incontrati per caso grazie a Stefania Catalda. Avevo già fatto una piccola parte in 'Vacanze di Natale a Cortina', ma come parlo con un po' di accento, non è facile avere dei personaggi italiani al cinema. Quando sono arrivata loro stavano già tutti lì, facevano dei giochi e uscivano tutti insieme. Non ho capito subito cosa intedesse Paolo sul mio personaggio, ma mi ha aiutato tantissimo, mi ha sbloccato un po' facendomi urlare tra un ciak e l'altro. Arrivata sul set, comunque, ho capito che sembravano tutti matti, ma dal primo giorno mi sono innamorata di ognuno di loro, hanno grande talento e faranno una bella strada. Alla fine mi hanno costretto a dire una parolaccia nel film. E' stata un'esperienza molto bella, che mi ha permesso di rivivere il periodo da 17enne che non ho avuto, perché ho lasciato l'università per fare la modella".
"Non avevo mai fatto un film - confessa Frank Matano -, sono sempre stato sul palco a fare cabaret, un po' per istinto, non ho fatto scuola. Paolo è stato grandioso, ho pianto sulla spalla alla fine, durante la festa. Farmi vivere quello che non ho mai vissuto quando mi dirigevano. Ci ha dato carta bianca, qualcosa abbiamo proposto anche noi". "Un monologo serio che sulla carta sembrava molto difficile - afferma Luca Peracino nel ruolo di Emilio -, mi preoccupava soprattutto perché dovevo farlo alla radio. Alla fine è stato facile, mi sono buttato perché ero innamorato. L'altro, invece, come avevo un po' di rabbia, mi sono sfogato su di Paolo che mi infilava le dita ovunque. Alfredo è un non vedente mai cosciente della sua cecità, usa Emilio come bastone, e quando si rende conto della situazione, rimane un po' perso. E' lo stratega del gruppo, il più grande, ma i suoi piani sono discutibili e di dubbia moralità".
"Non avevo capito minimamente niente sul personaggio - ribatte Guglielmo Scilla / Lebowski -, avevo vicino delle bombe atomiche che esplodevano, era inutile uscire con qualcosa. Ho lavorato di sottrazione, perché lui è un apatico totale, statico, tanto che potevano portarci un cartonato. Un personaggio ch enon mi appartiene minimamente; io sono umorale, non porto la barba - poi me la sono subito tagliata -, ma voglio il maglione con le tasche che indossavo". "Ho conosciuto Paolo all'intervista interrotta delle Jene - dichiara Matano -, e mi ha detto ho un copione per te. Erano tutte le battute in romano, non ho idea dell'italiano né del romanesco. Fammi fare quello che mi pare, gli dissi, e in quasi tutto il film ero in uno stato di totale follia. 'Qualsiasi cosa mi passa per la testa la farò', Paolo mi guidava ma non troppo, un po'. E' stata dura ma gli voglio bene un sacco".
"L'ho sempre visto come un film corale - conclude Ruffini - di cui è protagonista Emilio, perciò ho detto a tutti loro guardatevi tanto i fratelli Marx. Ho pensato al di là di tutto, abbiamo avuto un organizzatore fantastico (Tonino Tacchia), tanto che non andavano a casa, rimanevano sul set e si mangiava insieme. Non ho paura per niente, al di là della conferenza stampa con giornalisti algidi ma molto ganzi. Mi sono battuto per avere una pellicola del formato che usava Sergio Leone, una vera confezione cinema, anche se gestire loro non era facile ho sentito la differenza tra l'essere autoritario e autorevole. Infatti io spesso suggerivo, perché una cosa c'era, la stima reciproca". José de Arcangelo

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