mercoledì 26 marzo 2014

"La memoria degli ultimi" di Samuele Rossi: un documentario per conoscere tutta la verità, anzi l'umanità della Resistenza in un paese lacerato

Un documentario per non dimenticare, anzi per conoscere e condividere la verità storica che ruota intorno alla Resistenza e che è stata presto dimenticata, e da almeno trent'anni sepolta, rinnegata e addirittura rimossa. "La memoria degli ultimi" di Samuele Rossi offre la testimonianza degli 'ultimi' sopravvissuti che quella battaglia per la libertà e la democrazia l'hanno condotta. E i loro sono racconti di persone di ogni ceto sociale e di ogni idea politica, unite da un ideale comune, altruista e dissinteressato. Il film senza retorica né pregiudizio ma una testimonianza coinvolgente, a tratti commovente, sicuramente importante attraverso testimonianze dirette degli 'ultimi' partigiani sopravvissuti alla storia, alla politica e all'ingiustizia sociale e culturale. "Abbiamo lavorato per due anni e il risultato ci inorgoglisce ed emoziona - esordisce il regista alla presentazione romana alla Casa del Cinema -, e c'è chi come Echi Visivi lavora ancora al progetto, in associazione con Emblema (produttori) e con Stefano Mutolo (Berta Film), per la distribuzione. Qui con me c'è anche Ermenegildo 'Gildo' Bugni (classe 1927, uno dei preziosi testimoni ndr.) e scusate Laura Francesca Wronowska che non è potuta venire, ma ha avuto un piccolo incidente, ed a 90 anni, può essere un problema spostarsi". "L'aspetto produttivo è nato quattro anni fa come gruppo di lavoro (come il precedente 'La strada verso casa' ndr.) con tecniche innovative, per svincolarsi dai finanziamenti pubblici, l'abbiamo fatto solo con una produzione privata come per l'opera prima, e anche questa ha avuto una piccolissima parte dalla Toscana Film Commission, ma tre aziende hanno collaborato alla realizzazione per aiutarci ad uscire dalla staticità produttiva per cui tante opere non vengono realizzate, abbiamo tentato di provare a fare qualcosa d'importante nel nostro modo. Senza aiuti né sostegni, ma con la collaborazione di tutti, i quali hanno messo del proprio: il montatore, il direttore della fotografia, l'operatore, il musicista... Tutto per riempire un vuoto che abbiamo notato, camminare su un percorso, fare in un certo modo e non aspettare anni e anni piccoli contributi per realizzare sogni e film. L'aspetto umano, la possibilità di uno scambio di idee, sono alla base di questi film. Comunque, il periodo di produzione è stato abbastanza lungo, più di due anni, e il momento centrale dedicato alla conoscenza e alla scelta delle persone che dovevano entrare nel film, all'inizio più lunga, poi ci siamo concentrati su sei protagonisti che raccontavano in modo sintetico e ampio il profilo umano della storia e del dato storico. Ognuno di loro viene da città diverse, con storie molto diverse, chi era già un uomo a 23 anni, chi, come Gildo, è entrato che non aveva ancora 16 anni. Laura per scelte diverse, la sua storia riguarda la sua forza e la sua tempra, la moralità che guarda e rappresenta. Una sola donna per raccontare tutto l'universo femminile nella Resistenza, e non relegarla solo alla dimensione domestica". "Volvevo che il film parlasse di uomini e donne - prosegue -, in un periodo importante, fondamentale per noi in quanto popolo, Stato e Paese, e a livello internazionale, descrivere quel momento attraverso l'umanità che c'è dietro, raccontarlo attraverso l'umanità profonda vissuta da chi se la porta addosso, tener lontano la retorica di chi ha tenuto lontano la verità. Una responsabilità determinata da una scelta politica, da una scelta di vita, dal coraggio, la voglia e la volontà di stare dalla parte giusta, per poter parlare di quello che è successo in un modo diverso, con una cronologia precisa e storica. Volevo che l'affresco umano emergesse nella generosità delle persone che hanno dato a noi, e arriva direttamente all'oggi. Raccontare la vita di chi ha delle ferite addosso, un fratello morto in Russia, quello maggiore di Laura - e Giacomo Matteotti era marito della sua zia materna -, che non ha potuto crescere in modo sereno perché suo padre passava dal confino al carcere, prima di venir ucciso. Raccontando quell'umanità possiamo trovarci l'orizzonte politico; una memoria altra, quella degli ultimi, di chi aveva tanti anni da vivere e, arrivato a 90 anni vede l'ultimo atto, con la sensazione di notare un pezzo di storia relegata nel dimenticatoio; e io ho vissuto quella sensazione di un valore condiviso, che è parte integrante del Paese, ma in realtà non è così, perché condannato alla marginalità. Noi li abbiamo fotografato nell'umanità che rappresentano, la memoria importante, ma ultima, perché loro si trovano esclusi.
In un paese normale non sarebbero mai stati messi ai margini, e ricostruire la memoria sembra faticoso, perché il nostro è un paese lacerato. Gildo ha dovuto affrontare una vita difficile, perché non riusciva a trovare la sua strada lavorativa, anzi molti sono stati costretti ad emigrare addirittura, perché i partigiani sono stati subito emarginati, proprio da quelli che hanno creato una lacerazione allora che non ci permette di vivere oggi con serenità. L'ultimo accenno tematico è lo spirito di condivisione, di forte umanità, di speranza, in un paese lacerato, appunto, mentre i tg hanno un modo banale nel segnalare una realtà che va veramente in un altro senso. Io, invece, ho cercato di raccontarlo in modo naturale, sincero, senza costrizioni, e mettendo al centro il fatto umano, artistico, politico". "Non ho voluto lasciare il distributore da solo - prosegue sull'uscita in 'guerriglia tour' -, dopo le anteprima al Bari Film Festival -, ma di studiare insieme un percorso perché crediamo in un circuito alternativo, una distribuzione non classica perché altrimenti non si trovano gli spazi, credo che in questo caso la pellicola vada seguita e protetta. Ho voluto che uscisse in questo periodo perché diventasse lo spazio temporale in cui potesse affacciarsi, uscire, farsi vedere. La partenza dal Biff perché le prime insurrezioni sono partite dal sud, da Napoli, quindi, sarà un tour della memoria. Poi un grande evento a Milano, significativo per certi modi, inoltre abbiamo scommesso sull'uscita dvd home video il 25 aprile, proprio durante la fase distributiva, visto che la sala non sempre copre tutto il territorio, e sfruttare la forza mediatica durante l'uscita nei cinema. Creare un'unione di intenti che si compenseranno, e che ha permesso a noi di essere presenti".
"E' un sentimento semplice e al tempo stesso complicato - afferma Gildo -, che procura dolore vedere un'Italia in cui non esiste più un'etica morale, né la vergogna né la dignità, valori per cui abbiamo combattuto, scritto una carta costituzionale per cui abbiamo lottato e da realizzare; poi invece ci è toccato vedere che non siamo riusciti a fare quello che sognavamo: creare una società solidale, in cui il sociale fosse un diritto. A noi quella esperienza ci ha insegnato una cosa che per la gioventù di oggi è algebra: per avere dei diritti bisogna prima dimostrare di avere dei doveri, facendo proprio il diritto lo puoi rivendicare; e questi principi insegnati a noi e per cui abbiamo combattutto sopportando qualsiasi cosa, vederli finiti così è una grossa sofferanza". "Proprio l'anno scorso - aggiunge - ho scritto un libro in cui parlo di tradimento della Resistenza ('La memoria tradita') dove metto in evidenza, indubbiamente, un po' di quella melma che ha creato questa situazione. Leggere libri come quellio di Pansa, e altre dichiarazioni uscite sui giornali, sono cose inaudite, ai quali ho avuto modo da ribattere scrivendo come era stata effettivamente quella storia, mandandola ai giornali, telefonando, però sono stato ignorato completamente. E quel falso riportato, lo contestavo con prove alla mano, ma non veniva accolto. Di queste cose sono successe diverse negli ultimi vent'anni, e offro a voi la possibilità di mettervi nei miei panni, di cosa uno come me può provare quando non ho nemmeno la possibilità di difendermi, perché non mi viene dato né parola né spazio".
"Io, ad esempio, sono nato in una famiglia antifascista - prosegue - e fin da tenera età mi sono trovato di fronte alla violenza, degli energumeni che venivano a casa mia giorno e notte, cercavano mio padre e facevano violenza sull'ambiente (buttavano in aria tutto), terrorizzando me e mia padre che non capivano cosa stesse accadendo; di trovarmi in situazioni particolarmente brutte, e sono cresciuto un po' in quelle brutture fino ai 9 anni, quando mio padre fu assassinato dai fascisti per 'espressioni poco belle' nei confronti di Mussolini che festeggiava la conquista dell'impero di Abissinia; allora gridavano 'viva il Duce', mio padre, che era un impulsivo, si lasciò prendere d'impeto e ira e disse che era inutile festeggiare, che dovevano rendersi conto che quel pazzo ci avrebbe condotto alla guerra. Io subì tutto questo in quel momento, tanto che mi commuovo ancora adesso, ho una fortuna nella mia mente, sono ancora vive queste brutalità, ho vissuto in malo modo. Io e mia madre abbiamo dovuto cambiare città, perché da L'Aquila mia madre si è trasferita a Bologna. In un ambiente completamente nuovo mi sentivo spaesato, treni più veloci 12 ore, complementa diverso il modo di pensare, di comportarsi, la lingua (il dialetto).
E' stata una fatica l'ambientamento, ma sono stato favorito perché mia madre era ferrarese e mi ha aiutato molto a capire la lingua, mentre la discriminazione è rimasta. Eravamo clandestini, facevo domande, e mia madre rispondeva col conta gocce per paura che ci succedessero cose serie, praticamante a 15 anni non ero più un adolescente ma un uomo, alto come adesso, però mentalmente avevo circa 22 anni. Mia madre ha capito allora che poteva raccontarmi fatti e cose bestiali del regime, e quando è venuto l'armistizio non ho avuto dubbi di entrare in questa lotta, perché era utile dare una mano agli alleati e i tedeschi che avevano invaso il paese venissero rispediti nel loro paese definitivamente sconfitti, per sempre. Altri ragazzi di famiglie antifasciste, fecero una grossa scelta militare: non raggiungere i loro paesi ma fermarsi sull'Appennino con i partigiani, i primi sono stati i militari di Cefalonia; poi sono venuti i ragazzi cui era arrivata la cartolina di leva, altrimenti sarebbero stati fucilati, perché non intendevano entrare nell'esercito come mercenari dei tedeschi. La dignità l'avevamo perso nel mondo, tutti fattori che contribuivano che la resistenza prolificasse, l'aiuto delle popolazioni, delle donne che erano fantastiche, sia il giorno dell'armistizio che dopo nella Resistenza, e noi avremmo rischiato la vita senza l'aiuto particolarmente delle donne".
"La nostra collaborazione col progetto è stata abbastanza speciale fin dall'inizio - dichiara Mutolo - e segnata dalla tenacia e dall'entusiasmo. Samuele voleva un progetto culturale della distribuzione, trovare la propria strada e dare un contributo nel periodo del 25 aprile. Tenerla viva poi, condividerla con la tipologia del pubblico, partendo dalla provocazione del pubblico più giovane, con particolare attenzione al 25 e non solo a step, ma in varie modalità. Il tour affronta varie tipologia, con l'uscita in dvd il 15 aprile con CGHV, l'anteprima in streaming su Mymovies il 14, dato che il cinema il pubblico lo vede meno in sala. Presto arriverà in tivù, ma il progetto culturale si basa sull'ascolto delle testimonianze e nel creare un dialogo, che sono le basi della nostra repubblica. Sono strade diverse da quelle classiche. Una campagna promozionale per non perdere la memoria del paese, le proprie radici e, quindi, condividere anche le proprie memorie, diventare in qualche modo un valore per dare un peso alla memoria collettiva. E il supporto di Agis-Scuola ci assicura il target più importante di tutti per questo film. A Roma ci sarà una data precisa che non sappiamo ancora, verso fine aprile".
"Quando ho incontrato e conosciuto Samuele - dice Gildo - ho avuto l'impressione di aver di fronte un ragazzo di grande sensibilità verso la storia vera del nostro paese, e ho accettato di buon grado di collaborare con lui per il film, proprio perché noi partigiani, nonostante la veneranda età, siamo sulla breccia e crediamo che i giovani possano portare a compimento il nostro sogno, realizzare i 12 articoli che richiamano i valori, far capire ai giovani che è nella democrazia e nella libertà di pensiero e di parola che si risolvono i problemi. La violenza, le offese e la difamazione lo rovinano. Bisogna costruire una società non solo italiana ma un'Europa unita e solidale, disunita (due guerre mondiali disastrose ce lo dimostrano) non potrà mantenere la pace. I governi devono costruire un continente solidale, giusto, leale e sociale, e per fare questo c'è bisogno dell'unità dei popoli, le divisioni hanno portato solo catastrofi".
"Il nostro paese è famoso per le divisioni - ribatte il regista -, anche sulla Resistenza, il mondo dell'associazionismo è molto vasto, il primo approccio l'abbiamo avuto da lontano 'virgolettando' da una parte, raccontando il cuore della Resistenza, la libertà, i valori semplici, quando non aveva ancora valori politici, per evitare le 'etichette' e tenerci lontano da critiche e pregiudizi, partendo dall'associazione di ex internati, circa 150mila militari italiani che non si erano arruolati per non finire nell'esercito tedesco. Altrimenti rischiava di perdersi l'aspetto umano, abbiamo cercato tutte le associazioni di militanza e resistenza, fino ad arrivare ad associazione diverse che avevano meno a che fare con i partiagni, siamo stati sei mesi in giro per l'Italia, perché quelli che hanno combattutto non erano solo militari. Un affresco molto numeroso, e in modo un po' istintivo siamo stati colpiti da queste sette persone, anche per snellire il percorso e concentrarci sulle vite, per stringere su sette persone rappresentative in modo molto diverso, Laura proviene dall'aristocrazia milanese, Gildo dal sociale, sono diverse anche nel territoriale perché nate e cresciute in regioni e città diverse: Massimo Rendina era un militare (sottotenente dei Bersagliere ndr.) ferito che si è rifiutato di rientrare in querra; Giorgio Vecchiani di famiglia antifascista ha rifiutato la cartolina di leva; Germano Pacelli, figlio di operai, era sfuggito alla prigionia in Jugoslavia; e poi Umberto Lorenzoni, che l'uso parziale della mano sinistra e che rifiutò la Medaglia d'oro al valore per cederla alla memoria dei caduti; Giorgio Mori, figlio di cavatori spedito nella guerra di Libia che, dopo l'armistizio, risale tutta la Penisola ed entra nella Resistenza. Sette vite per sintetizzare l'aspetto umano di quel periodo, una realtà non univoca e più stesa di quello che ci vogliono far credere, anche rispetto ai 'numeri'. Volevamo replicare il punto di arrivo attraverso queste sette persone".
"Non so se è per l'educazione ricevuta o per qualcos'altro - conclude l'autore - però prediligo l'aspetto emotivo, un modo di sprofondare nelle vite, cercare un contatto attraverso l'aspetto umano, personale. La memoria è l'orizzonte più affascinante da inseguire, sono le tematiche che mi emozionano, anche perché vivo come cittadino, come italiano, una sensazione di profonda amarezza. Noi combattiamo col nostro modo di fare, per capire di cosa è fatta la mia vita, ho l'esigenza di farlo ora, credo sia il momento giusto storicamente parlando, perché sono successe delle cose spesso non positive, c'è il ritorno di certi fantasmi, di atteggiamenti negativi, l'emersione di antivalori, di sfumature umane di cui sappiamo tutti, c'era bisogno di un progetto che ci portasse a parlare e parlamentare sull'argomento, non c'è un sentimento nella vita in altro modo; sul significato che ha la memoria e che dovrebbe avere; la lacerazione è difficile, mentre la memoria ci restituisce quello che quotidianamente diamo, e non è quello per cui loro hanno combattuto e che speravano". "Nella mia famiglia c'era un'attenzione particolare per la storia in generale - chiude Mutolo, il distributore -, personalmente penso che ci siamo valori enormi nella generazione dei nostri nonni, che ci sia stato lo scollamento tra quella generazione e la nostra, rispetto a quello che è successo in mezzo, e per molti miei coetanei (trentenni) la generazione dei nonni è molto forte. Nella mia famiglia con c'è stato un partigiano, ma abbiamo sempre avuto modo di condividere il modo che loro avevano impostato la società italiana, un modo molto sano che ci piacerebbe tornasse". José de Arcangelo
(4 stelle su 5) In tour per tutta l'Italia dal 14 aprile (Torino). Per elenco luoghi e sale vai sul sito www.echivisivi.it/lamemoriadegliultimi

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