domenica 23 marzo 2014
"Amazzonia" di Ragobert, un documentario per intuire e capire come stiamo distruggendo l'ancora di salvezza del nostro Pianeta
E' il primo documentario interamente girato in 3D all'interno della foresta amazzonica, diretto dal francese Thierry Ragobert e Premio Ambiente WWF alla 70a. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. "Amazzonia" è un documentario diverso e coinvolgente anche quando, nella struttura, ricorda quelli disneyani di una volta, con l'aggiunta di un commento/riflessione - per nulla ingombrante - narrato nella versione italiana dalla voce di Alessandro Preziosi, ma che non fa 'parlare' gli animali né li guida.
Un film che ci porta, guidati dalla scimmietta Sai, nel cuore della più grande foresta del Pianeta, soprannominata 'polmone della Terra', esplorato e visto attraverso gli occhi dell'espressivo animale, fra stupore e scoperta.
"Il nostro è un film 'militante' - dice il regista -, abbiamo scelto un racconto deliberatamete emotivo, che fosse un potente vettore del nostro obiettivo: stimolare la consapevolezza della minaccia che incombe sull'Amazzonia e dell'ombra del disordine che ciò proietta sul nostro mondo".
E, infatti, prende spunto dal destino della scimmia, nata e cresciuta in cattività, che mentre portata su un piccolo velivolo finisce (come 'Tarzan') libera nella foresta da dove era stata strappata, e scopre con meraviglia il suo ambiente e i suoi compagni - amichevoli o pericolosi - di viaggio sulla Terra.
"E' la fusione tra documentario e finzione - dice il produttore Laurent Baujard alla presentazione romana allo Space Moderno - e la nostra intenzione narrativa era non forzare l'animale, nemmeno il giaguaro tanto che abbiamo ripetuto la ripresa a lungo e stavolta era la troupe ad essere in gabbia e lo abbiamo seguito con gli animalisti che lavorano sul posto".
"Fra epopea animalista e documentario fiabesco", come dice il direttore del Festival di Venezia Alberto Barbera, il film di Ragobert illustra in un'ora e mezza scarsa, le bellezze della Natura, tra fauna e flora, minacciate dall'incombente deforestazione. Non a caso il documentario si chiude con la sequenza girata ai 'bordi' dell'Amazzonia dove macchine e uomini stanno allargando a macchia d'olio la devastazione per fare spazio a coltivazioni ed allevamenti selvaggi.
Un documentario non solo bello e didattico, ma che offre un momento di riflessione per lo spettatore, il quale 'deve' impegnarsi in prima persona per salvare un patrimonio inestimabile coinvolgendo/costringendo non solo gli altri citrtadini, ma anche governi, istituzioni e comunità intera a fare l'impossibile per proteggerlo dagli ultimi abusi compiuti sul nostro Pianeta Verde, e per il futuro dei nostri figli. Spettacolare, diventente, impegnato ed educativo per tutti.
"Ci siamo innamorati del film a Venezia - afferma Isabella Pratesi di WWF Italia - dato che noi proteggiamo e combattiamo col resto del paese per salvare quella natura profonda qual è l'Amazzonia e attraverso questo documentario puoi intuire e capire perché ci si ritrova immersi in una realtà più grande di noi, fondamentale per l'esistenza di ognuno e che va al di là del 'polmone del mondo, perché è fonte di biodiversità e dell'equilibrio del clima, senza i quali rischiamo di perdere l'ancora di salvezza del Pianeta perché ogni giorno si stringe un po' di più. Salvare e conservare l'Amazzonia è l'obiettivo di questa generazione".
José de Arcangelo
(4 stelle su 5)
Nelle sale dal 23 marzo distribuito da The Space Movies
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