giovedì 29 maggio 2014

"Song of Silence", sorprendente opera prima di Chen Zhuo: un dramma esistenziale per il ritratto di due giovani donne nella società d'oggi

Acclamato da pubblico e critica al Far East Festival, approda nelle sale italiane – grazie all’instancabile Distribuzione Indipendente – la sorprendente opera prima di Chen Zhuo “Song of Silence”. Un dramma esistenziale contemporaneo che pian piano diventa il ritratto universale di due giovani donne accomunate dall’incomunicabilità, l’insoddisfazione, il disagio e l’incertezza della vita quotidiana. Apparentemente in contrasto, le due ragazze – la figlia adolescente e l’amante ventenne di un poliziotto – finiranno per comunicare, solidarizzare e condividere il loro tragico destino.
Un dramma amaro, aspro, se vogliamo aspro, che - tra il neorealismo tragico delle immagini e la rappresentazione poetica di sogni e pensieri – coinvolge, commuove e conquista lo spettatore confermando che non contano le distanze né le differenze geografico-culturali né le condizioni socio-politiche quando si tratta di rapporti e sentimenti.
Sceneggiato dall’autore con Chen Haoyang e Sung Yankui, il film racconta le vicende dell’adolescente sordomuta Jing - affidata alla madre dopo il divorzio dei genitori - che rifiuta di vivere con la donna e il suo amante e va ad abitare in un villaggio di pescatori col nonno e il giovane zio materno. Jing però trascura la scuola e cerca costantemente rifugio nella barca dello zio, l'unica persona con la quale si sente a proprio agio e dalla quale si sente amata. Ma il loro rapporto rischia l’incesto e Jing è costretta ad andare a vivere in città col padre Zhang Haoyang, per poter frequentare una scuola differenziata.
Funzionario di polizia, Mr. Zhang è uno sciovinista che apparentemente non ama la figlia ed è ossessionato dal desiderio di avere un figlio maschio. Ma, mentre la sua amante Mei, giovane musicista indipendente e ribelle, resta incinta, e Zhang le chiede di vivere con sé, arriva in casa la figlia. Il rapporto tra le due donne, poco a poco, si trasforma da ostilità e diffidenza in comprensione e solidarietà. Zhang si illude di poter creare una nuova (vera) famiglia ma inaspettati avvenimenti drammatici lo riporteranno alla realtà.
Un’amara riflessione sui rapporti umani dove la protagonista sordomuta diventa metafora di una società vittima dell’incomunicabilità proprio nell’era dell’iper comunicabilità. Mentre Mei, nel rumoroso caos che la circonda, riesce a esprimere i suoi sentimenti soltanto attraverso la musica e le parole delle sue canzoni. Non a caso, Jing quando viene allontanata dallo zio – che pesca con le scosse elettriche – uccide i pesciolini rossi del padre, ‘muti’ quanto lei, in una sorta di suicidio per interposti esseri indifesi; per poi disegnarli sul vetro dell’acquario o a costruirli in plastica trasparenti, simboli di ‘muta invisibilità’ ma di presenza costante. Bravissime le giovani protagoniste Yin Yaning (Jing) e Wu Bingbin (Mei) assecondate ottimamente da Li Qiang e Yu Xuan. Da segnalare anche la fotografia di Shi Yue che rende l’ambientazione documentaristica ora iperrealista ora magica. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 29 maggio presentato da Distribuzione Indipendente. A Roma al Filmstudio www.distribuzioneindipendente.it

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