martedì 10 giugno 2014
Cédric Klapisch presenta a Roma il nuovo capitolo della trilogia sulla generazione dei quarentenni d'oggi "Rompicapo a New York"
Una commedia dolce-amara sulla vita (complicata) quotidiana dei quarantenni nella società del nuovo millennio, questo a grandi linee è "Rompicapo a New York", terza parte della trilogia ("L'appartamento spagnolo" e "Bambole russe") firmata dal francese Cédric Klapisch.
L'ormai quarantenne Xavier (Romain Duris, sempre efficace e più che mai 'di corsa') non si è ancora 'sistemato', anzi è alle prese col divorzio da Wendy (Kelly Reilly) che si trasferisce a New York col nuovo compagno, portandosi via i loro due figli.
Mentre cerca ancora la propria collocazione come uomo, come figlio e come padre, Xavier vola anche lui nella Grande mela, e finisce proprio in mezzo al caos coloratissimo di Chinatown. E gli si ripresenta anche la sua ex Martine (Audrey Tautou), in viaggio d'affari e decisa a riaccendere la fiamma perché anche lei di nuovo single (con figlia), così come ritrova l'altra vecchia amica Isabelle (Cécile de France) che, insieme alla sua compagna di origini orientali, vorrebbe da lui un figlio tramite l'inseminazione artificiale.
E se la vita pubblica (lavoro poco e nero, emigrazione/immigrazione, società sempre più globalizzata) è precaria, quella sentimentale non scherza: è davvero un vero e proprio rompicapo, anche quando si può sempre aspirare ad un happy end, magari temporaneo. Tant'è che Xavier ne sta ricavando proprio un suo nuovo romanzo.
Una commedia sentimental-brillante, sempre sulla scia delle precedenti - anche se noi continuamo a preferire "Ciascuno cerca il suo gatto" (1995), il suo primo film uscito in Italia -, che diventa ritratto di una generazione dal futuro incerto in cui parecchi spettatori continueranno ad identificarsi.
"Questi tre film - dichiara Klapisch -, che io chiamo 'La trilogia dei viaggi di Xavier' raccontano come le vite dei ragazzi di quella generazione sono state segnate dalla cultura del viaggio. Tanti di quei ragazzi, ex studenti Erasmus, sono diventati veri 'cittadini del mondo'. Questo è il terzo, di tre film che descrivono una generazione di persone che è cresciuta in parallelo con la costruzione dell'Europa e la nozione di globalizzazione".
La New York che Klapisch ci ripropone è quella di oggi, ma rivista attraverso la memoria che ne aveva lui stesso, quando ci era vissuto da studente quasi trent'anni fa, riscoprendola ancora una volta "come capitale mondiale delle migrazioni". Merito anche del direttore della fotografia Natasha Braier e del montaggio di Anne-Sophie Bion. E i protagonisti, allora quasi sconosciuti e oggi diventati delle star, sono maturati non solo umanamente ma anche professionalmente.
Intorno a loro anche Sandrine Holt (Ju, compagna di Isabelle), già "Poca Hontas"; Margaux Mansart (Mia), Flore Bonaventura (Isabelle de Groote) e Benoit Jacquot (padre di Xavier). Le musiche sono firmate Loik Dury e Christophe 'Disco' Minck.
"Dopo 'L'appartamento spagnolo', non avevo pensato ad un seguito - esordisce Klapisch alla presentazione romana del suo film -, ma dopo i trentenni di 'Bambole russe', ho deciso di affrontare la vita dei quarantenni di oggi. Ma se mi domandate cosa cavolo sta succedendo in Francia, anch'io vi faccio una domanda su Berlusconi... L'effetto è che molti pensano che sia molto strano, che il ripiegarsi su se stessi e ritornare sul nazionalismo sia la soluzione, mentre il mondo va sulla strada della globablizzazione. Sono ancora sotto shock, forse a molte persone l'apertura verso un allargamento del mondo fa paura, questo esprime il risultato elettorale".
"Voglio insistere - continua -, quando ho cominciato a lavorare a 'L'appartamento spagnolo', l'Europa era la speranza, nonostante sia spesso sconvolta dai conflitti, dalla guerra, ho la convinzione che l'Europa unita sia la speranza per tenere lontani tutti questi conflitti. Quello che sta succedendo mette in dubbio la valità del progetto europeo, è una coincidenza curiosa; vediamo cosa succederà da qui a dieci anni, ma non so, non posso prevedere quello che succederà".
"Ho sempre pensato che fosse difficile girare un film a New York - aggiunge sulla location al centro della nuova storia -, ma sinceramente non così difficile, infatti è stato molto molto complicato perché vi si lavora in maniera diversa, ma è anche un motivo di orgoglio. Ritrovare gli stessi attori e inventarsi un seguito, per vedere come erano cresciuti, cambiati, seguire i loro, anche parlavamo della 'Meglio gioventù', e i protagonisti sono diventati famosi, anche loro sono cresciuti come attori. E' stato interessante e complicato al tempo stesso".
"Sicuramente c'è un grande amore per i personaggi, per gli attori e per i progetti quello che mi ha portato a fare questo capitolo, a proseguire uno stile unaugurato dall'Appartamento spagnolo', e come allora racconto la vita, quella grande libertà che mi era piaciuta e ho voluto ritrovare".
"Racconta la generazione, a diversi livelli di scritura. Xavier, gli amici, gli amori, anche essa è cresciuta, diventata adulta col processo di globalizzazione, uomini nati con questo concetto, si spostano, vanno in giro, una mobilità non solo fisica la loro, si muovono col cellurare, internet, il low cost, skype. Il concetto di mobilità è centrale e, insieme alla globablizzazione, era interessante nella scrittura".
"L'appartamento spagnolo' è Proust, che raccontava sulla sua vita e la rivedeva, cosa racconta la vita vissuta, cosa conserva, pure per Xavier ed è presente per tutti quanti. Il concetto del tempo non lineare, una giornata, un secondo e viceversa; l'elasticità del tempo, come si passa dal presente al passato, al futuro; creare qualcosa che non esiste, un legame con la sua vita, il passato".
"Credo che tanti giovani ridono sui siparietti dei filosofi tedeschi - dice sulla comparsa di Hegel e C. -, ho voluto renderli divertenti, fare dell'umorismo su cose estremamente serie, anche perché quando viene a trovarmi fa così - scherza -. C'era anche Nietsche ma poi l'ho tagliato, a proposito di Isabelle e la maternità. Xavier in ospedale diceva di aver preso la decisione giusta, di reinventare la propria vita. Non solo riferirsi a cosa aveva fatto in passato ma provare anche il futuro".
"Sono in contatto da parecchio con Duris, lui nasce come Dj, ha un'educazione musicale diversa, sono d'accordo oggi c'è tendenza non usare più una colonna sonora vera e propria, ma suono, sonoro non tanta musica, canzoni popolari, l'epoca di Rota, Morricone sembra finita, ma i film di Fellini, di Leone non sarebbero gli stessi senza la loro musica. Comunque oggi si utilizza ancora una musica che ci riporta a questo tipo di colonna sonora, almeno per circa l'80 per cento".
"Comunque c'è differenza tra vivere e raccontare la vita - conclude -. Questi tre film -, che io chiamo 'La trilogia dei viaggi di Xavier' raccontano come le vite dei ragazzi di quella generazione sono state segnate dalla cultura del viaggio. Tanti di quei ragazzi, ex studenti Erasmus, sono diventati veri 'cittadini del mondo'. Questo è il terzo, di tre film che descrivono una generazione di persone che è cresciuta in parallelo con la costruzione dell'Europa e la nozione di globalizzazione".
José de Arcangelo
(3 stelle su 5)
Nelle sale italiane dal 12 giugno distribuito da Academy Two
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