lunedì 24 novembre 2014

"Mio papà" di Giulio Base con Giorgio Pasotti è un inconsueto e commovente dramma sentimentale sul rapporto di un padre e di un figlio senza legami di sangue

Film d’apertura - fuori concorso - della sezione parallela e autonoma, Alice nella Città, al recente Festival Internazionale del Film di Roma, “Mio papà” di Giulio Base è stato presentato qualche giorno fa alla Casa del Cinema di Roma, in occasione dell’uscita nelle sale il 27 novembre.
“Una sorprendente opera cinematografica che affronta uno dei temi più scottanti della società contemporanea, la paternità non biologica, che spesso si rivela più vera, profonda e sentita da entrambi le parti, perché né obbligata né imposta dalla legge o dal sangue. Da un’idea di Giorgio Pasotti, il protagonista, e dello stesso regista, un dramma dalla valenza universale che riesce a coinvolgere e a commuovere riproponendo situazioni e sentimenti che affrontiamo quotidianamente.
“E’ un pezzo importante della mia vita – esordisce il regista -, non avendo in comune con mia figlia il Dna, un giorno ho ascoltato che, al telefono, rispondeva definendomi ‘il mio papa’. Perciò nel film siamo andati all’essenza del rapporto. Giorgio ha avuto un’esperienza simile e me l’ha raccontata, poi, insieme abbiamo cercato di fare un film, senz’altro sincero, ma che non racconta solo gli affari nostri, perché bisogna sempre fare spettacolo per un pubblico che sicuramente si potrà identificare ma anche intrattenere sulla bellezza di essere padri.” Lorenzo (Pasotti) è un uomo libero e indipendente, lavora come subacqueo su una piattaforma poco distante dalla costa adriatica (San Benedetto del Tronto), nel suo mestiere è uno dei migliori, ma non vuole nessun legame e, se scende sulla terraferma, è solo per svagarsi. Almeno finché non incontra Claudia (Donatella Finocchiaro), bella, single e diversa dalle altre.
E’ subito passione, forse, un colpo di fulmine, però Claudia non è sola: ha un figlio, Matteo (la rivelazione Niccolò Calvagna), sei anni, avuto dall’ex marito. Da principio tra uomo e bambino non corre buon sangue e Lorenzo vede la cosa come un ostacolo per la loro relazione, ma dopo qualche scontro e un incontro forzato (la madre si deve assentare per un probabile lavoro) tra i due nasce una sorta di complicità che pian piano diventa profondo affetto, un vero rapporto tra padre e figlio. E a questo punto sarà il destino e le leggi il vero ostacolo… “Nasce da un’idea che ho avuto – ribatte Pasotti – nel corso di un’esperienza di vita. Ho cresciuto un figlio non mio, ma l’esperienza può riguardare anche una donna, perché si impara ad amare. Pensavo dovesse esserci una spiegazione perché non si ha nessun diritto su loro, questa potrebbe essere una provocazione perché una legge del genere manca, ma non ci sono diritti che riguardano la tutela sentimentale, anziché separare padri non genetici e figli, dovrebbe potersi vedere ancora se lo vogliono entrambi”.
“Un tema credo mai trattato dal cinema fin dai tempi di ‘Kramer contro Kramer’, un film che ho molto amato – prosegue -, ma da allora tutto è cambiato, anche la legge, e su questo versante manca. Il film in questo senso è nostro e l’abbiamo condiviso con i quattro sceneggiatori (Alessandro Pondi, Paolo Logli, Mauro Graiani e Riccardo Irrera ndr.), il resto è inventato in funzione della vicenda. Il mio personaggio vive e lavora in un ambiente estraneo alla società, isolato, è solo ma protetto, però a quel punto sente il bisogno di questo affetto”. “Un dramma mai vissuto tranne attraverso l’esperienza delle amiche – dichiara la Finocchiaro -, anche compagne di un papà. All’inizio c’è il rifiuto, il ‘non lo voglio in casa’ perché una figura non riconosciuta, ‘la mamma è mia’, e ci vorrebbe uno psicologo infantile. Giorgio/Lorenzo vuole avere una vita normale e si è conquistato il ruolo di padre biologico, perché il padre è quello che si occupa del bambino e vive con lui, se non ci sei mai stato non lo sei”. Un dramma sentimentale sobrio e verosimile perché costruito con partecipazione e passione, dove si raccontano storie vissute in prima persona dagli autori ma anche dagli spettatori adulti, in famiglia e tra amici, in famiglie ‘normali’ e/o allargate.
“Spesso mi ritrovo a pensare che con la mia figlia non di sangue – conclude il regista – il cimentarsi dell’affetto paterno sia ancora più forte, proprio perché non è dovuto, non è imprescindibile, non è immediatamente naturale. Ci si studia, e poi – solo poi – si sceglie di amarsi”. E proprio per questo “Mio papà” si rivela il miglior film dell’autore (negli ultimi anni attivo soprattutto nella fiction televisiva) perché sentito, coinvolgente e quasi senza sbavature, regala emozioni e anche genuino divertimento, senza eccessi melodrammatici né narrativi, facendoci dimenticare i cosiddetti ‘strappalacrime’ di una volta. Forse troppo drastico il finale, anche se è quello che permette di allargare il discorso alla ragnatela legislativa e legale dei rapporti che, spesso, finisce per allontanare padri e figli, e addirittura punire, indirettamente, i bambini stessi, non solo i genitori.
Nel cast del film – prodotto da Movie And con Rai Cinema - anche Fabio Troiano (Roberto), Emanuela Rossi (Lea) e la partecipazione di Ninetto Davoli (Orso). La fotografia è firmata da Fabio Zamarion e le musiche, non ingombranti come di consueto nel genere, da Pietro Freddi. Il film è stato riconosciuto di interesse culturale con il contributo economico del MiBAC - Direzione per il cinema, realizzato con il contributo della Regione Marche - Giunta regionale e della Fondazione Marche Cinema Multimedia - Marche Film Commission. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 novembre distribuito da Bea Production Company

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