giovedì 27 novembre 2014
Solitudine, tenerezza, rabbia, cinismo, fragilità, violenza e "Perfidia" nell'opera prima di Bonifacio Angius, dal Festival di Locarno a Montreal, da Hamburg ad Annecy
“Tenerezza, rabbia, cinismo, fragilità, violenza a volte inconsapevole, nascosta, velata. Sono queste le parole che mi vengono in mente quando penso a ‘Perfidia’, un film nato da diverse suggestioni, alcune molto personali” dice l’autore Bonifacio Angius – con alle spalle tre corti e un medio metraggio – della sua opera prima, unico film italiano in concorso al 67° Festival Internazionale del Film di Locarno, dove ha ricevuto il Premio della Giuria dei Giovani. Un dramma esistenziale contemporaneo, aggiungiamo noi, incentrato su solitudine e disagio, inadeguatezza e incertezza, amore (sognato) e disaffezione, violenza e perfidia, appunto.
Un film complesso e inquietante che narra la storia di Angelo (Stefano Deffenu) che si trascina immerso nel grigio inverno di un’anonima città di provincia (è ambientato a Sassari, in Sardegna, terra d’origine dell’autore e degli attori, ma potrebbe essere ovunque).
Senza amore né lavoro passa le sue vuote giornate in uno squallido bar di periferia, sognando ad occhi aperti la più banale normalità. Peppino (Mario Olivieri) è un padre che non si è mai interessato al figlio, un vecchio consapevole di non avere più tanto tempo da vivere. Ma dopo la morte della moglie, l’uomo si accorge di suo figlio e scopre di non sapere neppure chi sia.
Storia di un avvicinamento tardivo, quando padre e figlio si ritrovano a fare i conti con un mondo ormai senza pietà né speranza, dove non esistono i buoni e non ci sono i cattivi, dove regna la mediocrità in tutti i sensi, anche morale e spirituale.
“Nella sceneggiatura volevo raccontare – esordisce il regista alla presentazione stampa romana – storie che mi appartengono, di persone che ho conosciuto o situazioni che ho immaginato e vissuto. La prima stesura l’ho scritta di getto in quindici giorni, e per caso, mentre cercavo una stanza a Roma, l’ho fatta leggere a Fabio Bonfanti (il co-sceneggiatore con Maria Accardi ndr.) e insieme ci abbiamo lavorato fino al primo ciak facendone qualcosa come quattro versioni, che ai produttori non è sembrata appetibile né commerciale, anche se tanti film cosiddetti ‘appetibili’ poi non fanno una lira. A quel punto abbiamo deciso di produrlo noi stessi con Il Monello Film e Movie Factory (di Francesco Paolo Montini) e l’aiuto della Regione Autonoma della Sardegna, della Fondazione Sardegna Film Commission e della Fondazione Banco di Sardegna. Un piccolo budget per cinque settimane di riprese”.
“La storia di un trentenne alle prese con la realtà delle cose – continua -, di una generazione che deve affrontare un mondo difficile, alla quale non è data la forza di una prospettiva verso il futuro, per affrontare la vita e la realtà. E il padre che diventa oppressivo perché si rende conto che il figlio deve andare avanti con le proprie gambe e cerca di aiutarlo in modo impulsivo ma senza risultati, il riferimento è la madre, il giovane, infatti, è come assente e il padre si accorge che è un bambino non cresciuto”.
“Attorno a loro – prosegue – la realtà delle cose che vedo, un modo di agire spesso clientelare radicato nella nostra società, la sfiducia verso la politica, il modo di percezione che ne ha il padre, pensa che entrando a farne parte potrebbe sistemare il figlio, ma la sua generazione non ha dialogo con l’amministratore locale. E’ una constatazione della realtà”.
“Inoltre il suo approccio alle icone religiose è infantile, cerca di identificare il bene e il male con Gesù e il diavolo, è la sua difficoltà di capire il mondo che lo circonda, non riesce a comprendere che convivono nello stesso momento. Poi riesce, forse, a capire qualcosa: se uno è buono non va aiutato, ma se è cattivo si può farlo diventare buono. Una vita fatta di attese incessanti, di invidia, di un desiderio di ‘normalità/mediocrità’ che appare sempre più lontano. Il riferimento è ‘Taxi Driver’ perché lui sta progettando qualcosa, come De Niro che prima vuol seguire il senatore, ma poi decide di proteggere la piccola prostituta. E poi compie un’azione quasi da tragedia greca. Vorrebbe essere ‘normale’, lineare perché non riesce ad avere un equilibrio, pensa agli altri e li invidia. E’ un personaggio molto frequente, però sul luogo no ho fatto tante riflessioni, poi sono venuti fuori sia la provincia che il paese perché lo sguardo è dentro lui. Avevo visto ‘I pugni in tasca’ (la folgorante opera prima di Marco Bellocchio ndr.) ma non ci ho mai pensato durante la scrittura perché volevo raccontare una storia di solitudine molto personale, e non ci sono tanti appigli”.
“Lui aveva già in mente me per il protagonista – afferma Deffenu – perché ci conosciamo da tempo, e prese cose mie per il personaggio, con delle sensazioni ‘alla Chaplin’ (Charlot ndr.) e poi la commozione col padre, Mario Olivieri che mi ha dato l’imput della naturalezza. All’inizio Angelo è quasi autistico per arrivare pian piano all’esplosione finale. Nella solitudine lui non riesce a rapportarsi con la realtà, non sono personaggi perfidi ma il modo in cui vivono. Lui non ci riesce, quando incontra la ragazza nasce in lui una speranza che, però, svanisce presto. L’esplosione avviene quando vince 200 euro e con la vittoria diventa confuso, non capisce più niente, si arrabbia col barista... E’ il momento cruciale nel film perché ha perso ogni speranza”.
“Volevo inoltre raccontare – riprende Angius – alcuni aspetti della follia umana con uno stile inedito: tenero, glaciale, violento. Ma non è la follia ‘patologica’ che mi interessava portare sullo schermo, piuttosto la follia come conseguenza ad una quotidianità talmente stagnante da diventare, feroce, devastante”.
Un dramma senza via d’uscita, un ritratto disperato e angosciante di vite perdute nel grande quadro di una società che ormai non offre più ragioni di vita degna di questo nome.
Da un soggetto dello stesso regista e da una sceneggiatura (finalista al Premio Solinas), “Perfidia” – presentato anche al Festival des Film du Monde de Montreal, all’Hamburg Film Festival e Annecy Cinema Italien (Menzione speciale della Giuria) - è un film d’autore doc che poco concede allo spettacolo per indagare nei meandri della mente umana, quando essa si trova prigioniera tra incertezza e disillusione, tra vita e incubo, soprattutto nel nostro mondo contemporaneo.
“E’ un film profondamente legato al tempo in cui viviamo – aggiunge l’autore -, su persone fragili, invisibili, incapaci di desiderare qualcosa di meglio, ma al tempo stesso capaci di commettere atti incoscienti, così, senza un’apparente motivazione razionale o un significato univoco, senza averne una reale consapevolezza. L’unica spiegazione che si può dare alle loro azioni è già lì, nella loro vita, nel loro vuoto culturale, nella mancanza di aspirazioni, di passioni, di amori”.
Fatti e persone di cui è piena la cronaca di questi anni, ma non solo. Violenza esplosa all’improvviso, spesso senza ragione apparente, a volte contro se stessi, altre contro persone che nemmeno conoscono (o conosciamo), frutto di un disagio e un’insoddisfazione esistenziale che pian piano divora l’anima.
“Non riesco a non pensare a Fellini, Leone, Cassavetes, Scorsese – conclude l’autore sui suoi riferimenti -, il fattore umano è raro nel cinema, anche il personaggio del ‘vagabondo’ (Charlot ndr.) moderno, disperato. Tant’è che la scena del ristorante l’ho musicata sulle note del tango ‘Palomita blanca’ di Carlos Gardel (l’idolo argentino degli anni ’30 che portò la malinconica e sensuale musica nazionale in Europa e America ndr.), ed è quasi da film muto; altre scene si avvicinano ai mélo anni ’50…”
Gli altri attori: Noemi Medas (la ragazza), Alessandro Gazale (Danilo), Andrea Carboni (Fabio) e Domenico Montixi (Domenico). Il direttore della fotografia, ovviamente cupa, spesso notturna è Pau Castejòn Ubeda e l’autore delle musiche CarloDoneddu.
Ora Angius sta scrivendo una sceneggiatura, e se questo è sulla ‘distruzione di un piccolo nucleo famigliare’, il prossimo sarà su lla ‘nascita di un piccolo nucleo famigliare’ tra un uomo di sessant’anni e una donna di trenta, un’estate tra il cemento. Un film ‘tragicomico’. Anche Stefano Deffenu sta lavorando, con Montixi, al copione per un film su tre storie fantastiche.
José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5)
Nelle sale dal 27 novembre (Roma e Milano), e da gennaio 2015 in tutt’Italia distribuito da Il Monello Film
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento