venerdì 5 marzo 2010

Quando la fantascienza diventa un riciclato mix di generi "Codice: Genesi"


Una pellicola in bilico tra fantascienza post apocalittica e spaghetti western, strapiena di riferimenti e citazioni che proprio per questo si rivela un mix di generi, dall’avventura alla (superficiale) riflessione mistica. Quindi, la sceneggiatura di Gary Whitta è un deja vu in tutti i sensi sostenuto da un bel cast e da violente scene d’azione dedicate a chi ama il genere. I fratelli Hughes, i gemelli Allen e Albert, si erano fatti apprezzare per “La vera storia di Jack lo squartatore”, ma con questo nuovo lavoro perdono punti e suggestione perché anziché rivisitare un filone ormai esaurito lo riciclano partendo da “Interceptor” (la saga di Mad Max) e finendo con una metafora presa direttamente dal maestro della fantascienza letteraria Ray Bradbury (“Fahrenheit 451” ma non solo), in una non nuova variante religiosa. E non basta la buona fattura per provocare nel pubblico emozioni e brivido.
“The Book of Eli” (titolo originale), il libro tanto difeso quanto ricercato sarà quello che sospettavate perciò non ve lo riveliamo, tanto ci arriverete da soli, o in caso contrario vi lasciamo la ‘sorpresa’ che però non c’è.
Trent’anni dopo l’ultima, devastante, guerra totale, un uomo (il sempre efficace Denzel Washington in un ruolo insolito) attraversa in solitudine quella terra desolata che un tempo erano gli Stati Uniti d’America. Intorno a lui città abbandonate, autostrade interrotte, campi inariditi, fame e sciacallaggio. Non c’è (più) civiltà né legge. Le strade sono in mano a gang che ucciderebbero un uomo per togliergli le scarpe, per un po’ d’acqua, o per cibars
ene… ma anche senza motivo.
Guerriero per forza, Eli cerca solo sopravvivere in pace, ma se viene sfidato elimina gli avversari prima ancora che si accorgano dell’errore fatale che hanno commesso. Ma non è nemmeno la propria vita che difende così ferocemente, ma la speranza per il futuro; una speranza che porta con sé e protegge da trent’anni ed è determinato a realizzare. Spinto da questo impegno e guidato dalla ‘fede’ (e da una forza quasi soprannaturale) in qualcosa più grande di lui, Eli va avanti per raggiungere la sua meta, l’ovest.
Solo un altro uomo in quel mondo ormai in rovina comprende il potere che Eli detiene – l’agognato ‘libro’ che i suoi scagnozzi non riescono a scovare – ed è deciso ad impadronirsene: Carnagie (Gary Oldman), il despota di un precaria città retta dal suo esercito di ladri e killer. Ma la figlia della sua compagna-schiava Claudia (la Jennifer Beals di “Flash Dance”, vista anche in tv in “Lie to Me”, bentornata!), l’esotica Solara (la bellissima rivelazione russa Mila Kunis) è affascinata da Eli per un’altra ragione, la visione di qualcosa che può esistere oltre i confini dei territori dominati dal patrigno/padrone.
Però nessuno dei due riuscirà a distoglierlo dal suo impegno. Niente e nessuno può sbarrargli la strada. Eli deve andare avanti per compiere il suo destino e portare aiuto a un’umanità devastata…
Quindi, una variazione sul tema, anzi su temi già visti e sfruttati a dovere negli ultimi quarant’anni che può, forse, sedurre chi non è un divoratore di film o nemmeno un appassionato del genere. Anche perché non riusciranno nemmeno a godersi le citazioni (persino quelle indirette, tra cui persino il mitico “Non aprite quella porta”). E, dopo quasi due ore, il finale si strascica un po’ troppo, scivolando nel new age.
Nel cast anche Ray Stevenson (Redridge), Frances de la Tour (Martha), Evan Jones (Martz), Chris Browning (Hijack), l’apprezzato Michael Gambon (George) e il cantante-attore Tom Waits (l’Ingegnere).
La fotografia a colori sbiaditi, quasi seppia, è firmata da Don Burgess, mentre il montaggio non sempre efficace da Cindy Mollo. Le musiche sono di Atticus Ross.
José de Arcangelo
Nelle sale italiane dal 26 febbraio distribuito da 01 Distribution

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