venerdì 17 gennaio 2014

"Nebraska" di Alexander Payne con un inimitabile Bruce Dern, una commedia dolce-amara on the road che parla di sogni, famiglia e sentimenti universali

Alexander Payne si conferma ancora degno erede della ‘Nuova Hollywood’ anni Settanta con il suo nuovo film “Nebraska” che non solo riporta allo stato di grazia uno dei suoi protagonisti più celebri, quel Bruce Dern di “Non si uccidono così anche i cavalli”, “Il re dei giardini di Marvin” e “Tornando a casa” (ma anche di “Complotto di famiglia” di Hitchcock), ma anche l’atmosfera e i contenuti, personali e universali, come i sentimenti e i rapporti umani.
Presentato al Festival di Cannes, dove si è aggiudicato la Palma d’oro per il miglior attore, e ora candidato a sei premi Oscar (però non ha ricevuto nessun Golden Globe, nonostante le cinque nomination), il film poggia soprattutto su una solida sceneggiatura di Bob Nelson, in raro equilibrio fra dramma e commedia, e sull’attenta regia di Payne che in Nebraska è proprio nato e cresciuto. Un dramma esistenziale che diventa commedia americana on the road sulle strade di un evanescente Midwest e sulle tracce di un’improbabile fortuna (quelle vincite-tranelli che oggi ormai corrono ‘sul filo’ della rete), dalla presunta lotteria di Lincoln.
Da questo spunto di partenza un viaggio che ci farà conoscere la famiglia Grant di Hawthorne, Nebraska, appunto. Trapiantato a Billings, nel Montana, il testardo e taciturno anziano Woody Grant (il 77nne Dern) ha ormai fatto il suo tempo – che per la verità non è stato un granché – e forse si sente un po’ inutile, quasi un morto in vita in bilico fra demenza senile e Alzheimer, tanto che si auto convince di aver ricevuto un grosso colpo di fortuna: una lettera che gli comunica di essere il fortunato vincitore di un milione di dollari. Per reclamare la sua vincita, Woody è disposto a non ascoltare nessuno e insiste di recarsi immediatamente negli uffici della società che gestisce la lotteria a Lincoln, se possibile anche a piedi. Un viaggio di 1.200 chilometri che sembra molto complicato di affrontare, visto che riesce appena a trascinarsi per qualche isolato, e comunque fermandosi spesso a bere qualcosa. Preoccupato per lo stato mentale del padre, David (Will Forte), il figlio minore, riluttante e perplesso, decide di accompagnarlo in quel viaggio all’apparenza ridicolo e senza scopo, mentre madre e fratello pensano alla casa di riposo.
Però quello strano itinerario finirà per trasformarsi in una sorta di moderna odissea familiare, visto che una volta fatta una sosta nella loro cittadina di origine, Hawthorne – e la caustica matriarca dei Grant, Kate (June Squibb, vista di “A proposito di Schmidt”), e il figlio maggiore, l’anchorman Ross (Bob Odenkirk) si uniranno a loro – la storia della fortuna di Woody lo farà sembrare un eroe. Da una parte rivelerà segreti e misteri del suo (loro) passato, dall’altro farà uscire allo scoperto gli avvoltoi (qualcosa di simile accadeva nel precedente “Paradiso amaro”), ma servirà ad aprire uno spiraglio sulle vite sconosciute dei genitori e su un passato più animato di quanto David abbia mai immaginato. Infatti, se prima il loro rapporto era poco più che formale, ora entrambi ne instaureranno – meglio tardi che mai – un vero confronto padre-figlio.
Una specie di “Ultimo spettacolo” nella vita di un uomo medio e di una famiglia di “gente comune”, non solo perché girato in bianco e nero e in cinemascope come l’omonimo film di Bogdanovich, e al centro c’è un gruppo familiare come in quello di Redford, ma anche perché la riflessione sulla famiglia è stavolta sui toni della corrosiva ironia, e indaga su delusione e dignità, su sogni veri e/o presunti, su autostima e voglia di riscatto. E lo fa con la semplicità della quotidianità, con la delicatezza dei sentimenti. Nell’efficace cast anche Stacy Keach (Ed Pegram), ex socio e amico del vecchio Woody; Mary Louise Wilson (zia Martha), Rance Howard (zio Ray), Devin Ratray (Cole), Kevin Kunkel (Randy) e Angela McEwan (Peg Nagy). La bella fotografia è firmata Phedon Papamichael, già collaboratore di Payne in “Sideways” e nel film precedente; mentre le musiche da Mark Orton. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale dal 16 gennaio distribuito da Lucky Red

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