lunedì 20 gennaio 2014

"Tutta colpa di Freud" nella commedia romantica degli equivoci di Paolo Genovese con Marco Giallini e le sue tre 'figlie' Vittorio Puccini, Anna Foglietta e Laura Adriani

Una commedia – romantica - degli equivoci “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese con un bel cast capeggiato da Marco Giallini nelle vesti di psicologo e padre di tre figlie: Vittoria Puccini, Anna Foglietta e Laura Adriana. E intorno a loro Vinicio Marchioni, Claudia Gerini e Alessandro Gassman. Nei cinema dal 23 gennaio in 400 copie distribuito da Medusa che lo produce anche in collaborazione con Mediaset Premium.
“Sono felice di aver lavorato ancora con Genovese – esordisce Giampaolo Letta, amministratore delegato -, su una storia che ci è piaciuta da subito e con una serie attori che l’ha impreziosito ancora di più. E’ costato abbastanza, parecchio possiamo dire, 6 milioni di euro e si vedono tutti. Una qualità che sta anche nella ricchezza degli ambienti, nella musica, nella resa, insomma, un film che ha tutte le carte in regola, per cui ce l’abbiamo messa tutta e sarà presentato in anteprima al Teatro dell'Opera, con cui abbiamo avuto un legame molto posto speciale”. Infatti, fa parte della storia – soggetto del regista, Leonardo Pieraccioni e Paola Mammini - perché ci lavora uno dei personaggi, mentre la sceneggiatura è diventata anche il primo romanzo di Genovese sulla malattia più diffusa la mondo, l’amore.
Francesco Taramelli (Giallini) è un analista alle prese con tre casi disperati: una fa la libraia, Marta (Puccini) e s’innamora di un ladro di libri, Fabio (Marchioni); un’altra è gay ma decide di diventare etero, Sara (Foglietta); la terza è una diciottenne, Emma (Adriani), che perde la testa per il cinquantenne Alessandro (Gassman). Ma il vero caso disperato è quello dello stesso psicanalista visto che le ‘pazienti’ sono le sue tre adorate figlie. “Sono tre storie femminili – afferma l’autore -, dato che oggi è difficile scrivere soggetti originali perché a qualsiasi cosa pensi poi scopri che è stato già fatto. L’originalità sta nell’andamento o nei punti di vista sulla storia, in questo caso romantica con particolarità diverse, dalla lesbica che decide di cambiare, alla storia del sordomuto, alla ragazza innamorata del 50nne, e poi c’è qualcosa che lascia il finale aperto. Infatti, chi si mette nei panni del padre, si chiede ‘Cosa avrei fatto, diviso tra mia figlia e la donna che avrei voluto? E’ aperto alla riflessione”.
“Io mi sarei portato via la Gerini – chiosa Giallini -, anche se i figli ‘so pezzi e' core’ ma la carne è debole. Ho tentato caratterizzare il mio personaggio, ho letto e visto alcune cose, ma non sono andato in analisi per un anno per fare il film, e poi ho dei figli piccoli, maschi. Ho cercato con Paolo di caratterizzarlo in qualche modo, dandogli questa goffaggine che non mi è propria, visto che è una persona così pacata, che ha solo due momenti di rabbia. Vorrei avere un amico così”. “E’ stato un piacere lavorare con tutti – ribatte Gassman, anche con ‘coso’ (alludendo a Giallini ndr.). Entro profondamente nel personaggio, e mi ci vogliono 40 minuti per entrarci. Ma vorrei ringraziare la Gerini e la Adriani con le quali il mio personaggio si interfaccia, con Giallini è come se avessimo sempre lavorato insieme, tanto che abbiamo continuato un discorso mai cominciato, e finito il film si è chiuso, definitivamente. Nel rapporto con le donne, dovevo tentare di reggere un triangolo importante, solido e duraturo”. “C’era l’idea di guardare le vite degli altri attraverso l’occhio dello psicanalista, il diverso rispetto a un genitore, perché è semplice (e democratico) accettare la diversità quando capita agli altri, meno quando il diverso capita nella tua vita, lo stesso quando tua figlia ha una storia con un cinquantenne. Infatti, qui gli capitano una appresso all'altra. Di questo volevo raccontare”.
“Il mio ruolo è per così dire capovolto – afferma la Foglietta – perché Sara è una ‘diversa’ che vuole diventare 'normale'. In realtà ha un rapporto sereno con la sua diversità, però delusa dall’ultima relazione, vuole tornare indietro, ma ovviamente è complicato. La sua tenacia la porta a cercare la felicità, a giocarsi la carta del diritto ad essere felice, che è giusto. Ma, quando si cerca la felicità in amore, siamo tutti uguali”. “Il mio è il rapporto di un’udente con un ragazzo sordo – spiega la Puccini -, e ho pensato a come rendere questo rapporto, non attraverso lo strumento delle parole, ma cercando altre vie, lo sguardo, i gesti. E’ stato interessante e molto magico, perché ho scoperto il potere del silenzio, quanto è bello 'ascoltarlo', quanta energia possa esserci dentro. Poi il fatto di scrivere dei bigliettini, far appello ai cartelli stradali, una specie di gioco, in cui usare la fisicità e lo sguardo. E si è creato subito un rapporto di intimità molto forte”. “Un ruolo meraviglioso – ribatte Marchioni -, mettere in scena un sordo (non sordomuto ndr.), perché loro ci tengono a sottolinearlo ‘sono solo sordi’, la loro è la lingua dei segni, non un linguaggio. Spero serva ad aiutare loro ad avere finalmente il riconoscimento di questa lingua, fatto che stanno aspettando da anni”.
“Ringrazio per la grande occasione che mi è stata data – dice la giovanissima Adriani, nota soprattutto in tivù -, dal provino di cui ero una delle poche (tre), anche se mi ha fatto aspettare tre settimane prima di dirmelo. Il mio personaggio fa vedere il grande divario di età che c’è fra loro. Lei crede ancora a tutto, mentre uno di 50 non ce la fa a credere a tante cose. Per il mio personaggio è il padre il suo grande amore, infatti, cerca l’abbraccio del papà”. “Io ringrazio Paolo per un ruolo diverso di quelli che faccio regolarmente – confessa la Gerini -, è una donna molto pacata che lo psicologo, attraverso la fantasia, idealizza. Lei si aggira nel suo quartiere, e poi scopriremo moglie di una persona che lui conosce. Di solito metto molta verve ed energia nei miei personaggi, invece qui lei è una donna elegante, quasi un’osservatrice, pacata nella sua tranquillità, e ciò le permette di riflettere. Quando scopre di essere stata tradita, capisce che è il momento di guardare in fondo alla sua vita, per capire se valeva la pena di aver dato l’amore al marito”.
“E’ un finale aperto, il cuscino è un gesto simbolico – dice il regista -, perché si può perdere l’amore ma rimane un affetto forte, sa di conoscere il marito, il suo gesto fa tenerezza, ma non è detto...”. “Col cuore, forse, non lo perdona mai – ribatte Gerini -, il loro rapporto è talmente maturo che qui riesce a superare certe cose; fatti che quasi mai ci si riesce a ricucire nella realtà”. “In realtà la cosa più importante del film è la scrittura – conclude Genovese -, si dice che sono tre le cose importanti: la sceneggiatura, la sceneggiatura e ancora la sceneggiatura. E’ un tempo di riflessione in cui soppesare la parola, su questo argomento c’è dietro un lavoro di documentazione, con Paola ci siamo informati anche su internet, abbiamo letto con loro (Associazione Nazionale Sordi ndr.) tutto il copione, e ci siamo documentati anche sulla parte gay, che è una sorta di terreno minato perché vieni criticato solo per affrontare il tema. L’abbiamo fatto in maniera sensibile senza doverci fermare, abbiamo immaginato il mondo al contrario, cioè del gay che vuole diventare etero, e c’è stato un approfondimento dei personaggi. Volevamo partire dalle storie giuste per i migliori attori che abbiamo, e se il copione è ben scritto prende vita. C’è dietro tanto lavoro degli attori, ma per fare altro che loro stessi”. “Amo profondamente il centro – chiude l’autore -, ma non l’avevo mai raccontato perché ce l’ho sempre sotto gli occhi, cinema nel cuore di Roma non c'è tantissimo, nemmeno nel film di Woody Allen. Girare nel centro storico provoca un sacco di problemi, ma si può farlo anche nel resto d’Italia. Quando riusciamo a raccontare il nostro paese all'estero veniamo apprezzati”.
Condivide Letta: “Ne ‘La grande bellezza’, l’elemento più forte e apprezzato all’estero è proprio questo, noi invece lo diamo per scontato, non lo valorizziamo, ma vi assicuro che in America, durante la fase dei Golden Globe, l’elemento che ha più colpito e caratterizzato il film è Roma”. Nel cast anche Daniele Liotti (Luca), Paolo Calabresi (Enrico, il poeta), Antonio Manzini (Marco Patassini) e con l’amichevole partecipazione di Edoardo Leo (Roberto ‘il belloccio’), Giulia Bevilacqua (Barbara), Maurizio Mattioli (il portiere), Francesco Apolloni (cameriere bar) e Gianmarco Tognazzi (Andrea, il geometra). José de Arcangelo

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