mercoledì 26 marzo 2014

"Ti ricordi di me?" di Rolando Ravello con la coppia Ambra-Edoardo Leo: quando la commedia all'italiana diventa sofisticata e seducente

Rolando Ravello si conferma un regista non superficiale e dal tocco leggero, con la sua nuova commedia, una favola romantico-brillante a metà strada fra realtà e fantasia, su misura per la 'strana' ma efficace coppia Ambra Amgiolini-Edoardo Leo. "Ti ricordi di me?" è un piacevole divertimento che senza scostarsi dalla realtà quotidiana ci porta in un favolistico viaggio nei rapporti, anzi con l'amore che - nonostante tutto e tutti - riesce a renderci 'felici' almeno per un po' cancellando amarezze e 'difetti' mentali e psicologici.
Infatti, lui è un cleptomane incallito, lei una narcolettica smemorata dopo ogni 'sonno-sogno', s'incontrano sempre davanti al portone di un palazzo, lui la corteggia perché cotto a prima vista, lei lo tratta con indifferenza, anzi non sa come toglierselo di torno. Almeno finché... Dal 3 aprile, quindi, il film sarà nelle sale italiane in 300 copie distribuito da 01, e nel cast ci sono anche la 'fata turchina' Pia Engelberg, un inedito Paolo Calabresi, ed è prodotto dal 'coraggioso' (la definizione è dell'attore-regista) Marco Belardi e da Carlo Brancaleone per Rai Cinema. "Alla prima telefonata a loro due (i protagonisti ndr.), avevo il terrore - esordisce Ravello -, erano reduci di uno spettacolo che ha avuto tanto successo (quello omonimo di Massimiliano Bruno, portato in teatro per oltre due stagioni ndr.), ed io avevo fatto l'attore da 25 anni. Secondo me, del testo la più importante è la parte emotiva, e già sulla sceneggiatura, prima del set, avevo una visione precisa sul film, volevo raccontarlo in questo modo, è il mio modo di vedere le cose, il primo ("Tutti contro tutti" ndr.) il tema era sociale, ma per me la regia è tutta di pancia perché una regia tecnica non saprei farla".
"L'esigenza era anche nostra, che veniamo da un percorso particolare - ribatte Edoardo Leo - non è stato proposto da noi, uno spettacolo che abbiamo fatto io e Ambra per cui Marco Belardi ha deciso di fare due anni di tournée prima del film. E per la sceneggiatura ci voleva una visione terza, qualcuno a cui affidarci, e con Edoardo Falcone, abbiamo deciso di affidarci alla visione di un regista e pensavamo a Rolando, anche se ha l'aspetto fisico da carcerato di Alcatraz, che non ama molto la tecnica, ma ha uno sguardo sentimentale molto interessante. Volevamo ed è un commedia dai toni diversi, perché spesso siamo noi stessi i primi Censori, mentre Belardi è un produttore che ti incoraggia a fare questo; anche Rai Cinema dopo aver visto lo spettacolo ha voluto far questo, tutti quanti erano d'accordo".
"Io non scrivo, non dirigo - confessa Ambra riguardo i due colleghi -, è molto faticoso; per due anni abbiamo avuto dei toni teatrali, giusti, perché il pubblico partecipava, e sono felice di una rappresentazione diversa dalle altre. Tutte le certezze che avevamo il regista ce le ha tolte, e abbiamo cercato di lavorare nella sua direzione; all'inizio è stato molto difficile, dovevo togliere ogni giorno qualcosa, tant'è che dopo una settimana, volevo sparire dal mondo, non capivo quello che stavo facendo, poi mi sono fatta guidare da lui, 'ti vengo dietro, aiutami ad andare avanti' gli dicevo, perché avevo paura di sbagliare, di mettere cose stonate, esagerate". "Il filtro è la favola - riprende il regista -, le reazioni sentimentali reali, anche tra le inquadrature tra favola e realismo, loro dovevano muoversi su questo confine. Ambra fa uno spostamento durante film, però loro mi hanno fatto un regalo lavorando tanto sull'emotività, tanto che sul finale, negli ultimi giorni - dopo aver studiato l'inquadratura nei minimi particolari, nel dialogo fanno piazzetta si è tolto un coperchio di 1 1/2 - Ambra è scoppiata a piangere, e io a dire andiamo avanti, anziché rigirare tutto il finale, Edoardo portava lui, perché l'avevamo costruito insieme su basi sane".
"Paolo si sente la tua mano nel film" afferma Leo, e Genovesi dichiara: "Abbiamo fatto una scelta, ci sono molte cose tecniche che abbiamo ignorato, volutamente; è una favola non una puntata di 'Distretto di polizia', in questo tipo di film l'emotività è una linea narrativa tale per cui si crede nei personaggi, non si fa più domande, si lascia prendere dalle emozioni, quindi, più favola che realismo come in una vera storia d'amore". "Diciamo tutti i due hanno elementi in comune - prosegue il regista -, nella realtà sarebbero emarginati, perché hanno delle manie, dei tic, sono persone 'scomode' e nella quotidianità si creano un mondo a parte; nella realtà, non si sa bene perché, i difetti ti fanno mettere al margine, e queste persone diventano speciali, sono pezzi unici, a quel punto smetti di pensare, e sogni 'è bello che loro vincano nella loro voglia stare insieme', che riescano a conquistare una posizione nel mondo, perché è giusto avere la speranza di trovarsi accanto quello che rende nobile quello che sembra sbagliato a te stesso". "La favola è stata scritta da lui - continua -. Credo siano due cose completamente diverse, il film vuole essere ed avere dignità, usa il linguaggio del cinema attraverso le inquadrature e i personaggi, la storia andava bene ma cinema e teatro sono cose completamente diverse".
"Sul finale abbiamo ragionato tantissimo, una vera lista di probabili finali, ma è stata una scelta mia, ho immaginato un finale diverso; Paolo invece questo che vedete sullo schermo, io pensavo si presentasse anche il bambino, ma aveva ragione lui... anche perché 'odia i bambini'", scherza. "Mi sono affezionato al prodotto, anche come spettacolo teatrale - afferma Belardi -, e la prima cosa che mi è venuta in mente era che come film può essere venduto dappertutto, ma in questo momento siamo concentrati sul lancio e la promozione, vediamo che succederà dopo". "Il prossimo mercato è al Festival di Cannes - ribatte Brancaleone -, avere successo rompere l'incantesimo dell'indifferenza, questo è il primo film di Rai Cinema con Belardi, speriamo bene". "E' un tipo di personaggio frequentato abbastanza dal cinema - afferma Pia Engelberg -, anche molto odiato quello delle psicanaliste donne, io mi sento una perfetta idiota di fronte a loro, perché entro ed esco dall'inconscio come dalla metropolitana. Dopo una prima volta mi son detta "non la voglio più vedere", ma nel personaggio ho messo dentro delicatezza ed elementi ironici senza forzare mano, tra comico e sarcastico che sono cose volute anche da Rolando, per due personaggi molto teneri, simpatici, pazzerelloni".
"Perfettamente è quella che immaginavo come psicanalista - dichiara Leo -. Ho scoperto gli analisti al cinema, pensavo solo a quelli che ho visto sullo schermo, nella realtà li ho scoperto molto tardi e non sono mai andato, forse non andrò, almeno da solo" "Perché ha scelto me, non lo so - ribatte Paolo Calabresi nel ruolo dell'amico del protagonista - però è un personaggio a cui mi sono affezionato, biascica ma in fondo fa tenerezza, perché è fuori dalla realtà, non vive le cose che ha, in realtà vero patologico, ha una donna che rifiuta, quando chiede il passaporto pensa di essere un agente segreto; poi quando lei lo lascia ci ripensa. Ho parlato molto del personaggio con Rolando per renderlo un po' deus ex macchina, e alla fine diventa un uomo o quasi, si riscatta". "Volevo cincondarmi da persone con cui stare bene - riprende il regista -, che l'attore deva essere bravo per me è non scontato, la qualità deve essere alta, e gli attori ti fanno dei regali perché deve affidarti lavorando con loro; quando un attore ti critica un punto della sceneggiatura, 9 volte su 10 ha ragione, sono allarmi poi sta a te decidere. Altre parti importanti sono la musica, i costumi, las sceneografia. Credo al lavoro di gruppo, e l'armonia è fondamentale, altrimenti non riuscirei a lavorare".
"Quelli che si avvicinano a questo tema non li ho voluto guardare, anzi li ho evitati; Ho cercato di affrontare la storia con i miei mezzi che seguo dal mio primo film, credo di essere odiato dal 90 per cento dei registi, e ho scoperto che è il mio modo di raccontare. Non è facile vivere con me, sono un razionale con la testa fra le nuvole. Le singole scene le immagino e le racconto direttamente al direttore fotografia, però quello che mi aveva colpito è 'Miracolo a Les Havres', ma i miei riferimenti sono incoscienti". "A me ha fatto paura lo vedo come un horror - confessa Ambra -, la storia di un calciatore fallito e della principessa mancata, rischiamo di essere belli insieme, ma con Edoardo nella vita non ci frequentiamo, siamo un po' come i Pooh quando vanno in vacanza, ognuno per conto loro". "Neanche in tournée ci frequentiamo - ribatte Leo -, ma non abbiamo mai discusso né litigato, perché abbiamo una visione comune del lavoro, sotto gli scherzi c'è rispetto e rigore per il teatro e il set, problema con persone superficiale, professionalmente meno superficiale, un po' pesant e meglio così".
"Tra loro c'è un'alchimia unica - aggiunge Ravello -, funzionano insieme, chi lo sa perché, forse si svela nel finale che è frutto della loro alchimia. Lavoro attori fatto da tutti, profondo sull'emotività, il personaggio più complicato del film è quello di Ambra, Edoardo va dritto al cambiamento, su toni che ha smussato e riesce a portarlo fino alla fine. Lei ha dei cambiamenti grossi, cambiando personalità dal compagno che ha, non è facile spogliarsi e mostrarsi bambina senza trucco forte e senza protezione; sta bene con tutto. Diceva c'è sempre qualcosa che non funziona, che non va, ha cercato tanto, e ha avuto tanto coraggio nel farla. Però in questo mercato passa quello che vende, e il lavoro dell'attore viene lasciato un po' da parte". "In vent'anni di lavoro è accaduto raramente - dice l'attore-autore sulle vere emozioni -, accade dentro quello che fai, nel viaggio che stai facendo, c'è un'identità, un'emotività che porti avanti per un mese e alla fine esce fuori, in quel momento di botto, ed è un gran regalo per tutti, diverso, bello uguale ma non così".
"Credo sia stato un anno importante da analizzare - ribatte Leo sul cinema italiano -, siamo andati bene sia sul film che sulla carta, non solo nella commedia pura, ci sono stati dei risultati bellissimi, come quello di Pif ('La mafia uccide solo d'estate'), mentre altri anni nemmeno un titolo di spicco; quello di Virzì ('Il capitale umano') che non è una commedia è andato bene; è di Paolo Genovese tutta la colpa della parte sentimentale (ride), finanche 'Smetto quando voglio' che è una commedia diversa. Spero se ne stiano accorgendo i produttori e i distribuitori. Per questo motivo giro un film come regista, una commedia sulla camorra con una forte componente drammatica forte. Bisogna cercare di seguire la propria idea di cinema, non lasciarsi condizionare, mi sembra di vedere dei segnali molto buoni". "Edoarno può continuare a fare l'attore e regista - conclude Ravello -, io ho perso interesse nel fare attore, in teatro ho tanta voglio in cinema e televisione non mi va più. La regia mi sta facendo imparare tante cose e liberando tantissimo, anche per ti dà il potere di dare lavoro a delle persone che come attore non trova mai, e ci sono delle cose che ci riguardano tutti, questo per ora. Il sogno nel cassetto e le storie che ho sono diverse. Quindi, fare teatro come attore e cinema come regista e andare avanti così".
"L'unica regia che ho fatto è stata per un servizio Ikea - confessa Calabresi - 'La sottile mensola rossa', complice Italian Foods, unico modo di farla era gratis e all'insaputa dell'Ikea. Credo bisogni cercare la credibilità, sia la strada della nuova commedia, una via definitivamente intrapresa perché c'è modo e modo di raccontare, e le migliori storie sono al limite del surrealismo come questa, dove la condizione di personaggi credibili vivono cose concrete e reali del mondo". E il regista chiude con un "Grazie per l'incoscienza ai produttori, agli sceneggiatori e a tutti i registi con cui ho lavorato prima". José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 3 aprile presentato da O1 Distribution

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