giovedì 17 aprile 2014

"In nomine Satan" di Emanuele Cerman, con Stefano Calvagna: un inquietante film sulle cosiddette 'bestie di Satana' per riflettere e non dimenticare una tragedia ancora latente

Già apprezzato e premiato in diversi festival arriva nelle sale italiane "In nomine Satan" di Emanuele Cerman, grazie ancora una volta all'instancabile Distribuzione Indipendente. Un dramma sul filo del thriller ispirato ad un tragico episodio di cronaca che sconvolse l'Italia, ma ben presto offuscato da un velo di dimenticanza.
In bilico tra sogno/incubo e realtà, e raccontando parallelamente alle indagini i fatti, magari in modo confuso come la mente e i ricordi dei protagonisti, vittime / presunti carnefici, "In nomine Satan" scorre sul filo dell'ambiguità che pervade i terribili fatti delle soprannominate 'bestie di Satana" e su cui forse non si è ancora veramente fatto luce sino in fondo. Infatti, il merito maggiore dell'opera di Cerman è quello di mostrare diversi punti di vita senza prenderne parte, anzi di offrire una testimonianza inquietante per lasciare allo spettatore l'occasione di riflettere e di ricercare da solo, se non la verità - in questi casi più che mai relativa e confusa -, almeno le probabili cause e conseguenze di un fenomeno trascurato e travolto dall'indifferenza, dopo i clamori della cronaca nera. "Ho passato 28 mesi in solitario - esordisce Stefano Calvagna autore del soggetto, co-sceneggiatore col regista (si firma Emanuele Cerquiglini), oltre che interprete -, perché manca il sostegno e il coraggio di produrre certi film, soprattutto su un fatto di cronaca che ha provocato anche tanto dolore alle famiglie di entrambe le parti. In Italia ci sono 600mila satanisti e ben 8mila sette. D'altra parte c'è chi ha votato contro per la tutela del cinema europeo, ma grazie alla (solita ndr.) Francia è salvo".
"Stefano, a livello di scrittura, ha fatto quello che vedete nel film riguardo l'indagine - ribatte Cerman -, visto che il progetto era nato come un'operazione televisiva dalla forma non violenta, mia è invece la passione degli studi antroposofici per cui ho inserito diversi momenti onirici. Avevo dato delle mie opinioni sul caso, anche al mio amico avvocato Paolo Franceschetti, e volevo dare una chiave simbolica del caso, ho voluto leggere dei segni su una realtà non detta. Siamo abituati a sentire qualcosa che poi è quello che diventa verità, a vedere sempre al di fuori e non dentro di noi, a non vedere le problematiche del microcosmo ma la visione del macrocosmo. In questa storia ci sono delle incongruenze, dal momento che la buca di cui si parla poteva essere stata scavata solo da una ruspa e non dai ragazzi con due pale com'è stato detto, perciò non l'ho fatto vedere. Così come le prove del sangue, infatti avrebbero dovuto uccidere un pollo per imbrattarsi in quel modo. Credo che dietro questo caso ci sia stata da una parte la follia totale, dall'altra la volontà di manipolazione di altri, restano misteri italiani, l'Italia è il paese delle ombre. Stefano ha sviluppato tutta la parte dell'indagine, appunto, mia è invece la parte onirica, dove sono più presenti i ragazzi della setta. Calvagna mi ha permesso di portare anche altri attori nel cast, come Mattia Mor (attore nel ruolo di Zeno Maselli e produttore ndr.), con cui ci siamo scontrati spesso, perché ripetevo 'abbiamo bisogno di soldi', lui è un imprenditore che sta lottando con gli imprenditori italiani". "E' uno script nato dagli atti processuali - dice Calvagna, nel ruolo del giudice Roberto Pozzo incaricato delle indagini -, e sono stato estremamente attento ai fatti di cronaca, che avevo approfondito anche col libro 'I ragazzi di Satana', sulla tematica di questi giovani. Volevo raccontare quello che avevo capito in due puntate televisive, ma c'è stata qualche difficoltà. Era una sceneggiatura lunga, prettamente televisiva e descrittiva, ci sono stati dei cambiamenti dal punto di vista del taglio, e sono molto contento che l'abbia diretto Cerman (lui ha dovuto rinunciare per motivi di salute ndr.), che aveva interpretato il mio film 'Cronaca di un assurdo normale', e che ho ritrovato in quest'opera che mi auguro abbia una collocazione dopo il 24 aprile, anche se questo non riuscirà a risolvere la difficoltà del cinema indipendente". "Volevo denunciare la società - riprende il regista - per quello che successe e che potrebbe accadere ancora, che le sette sataniche abbiano 600mila adepti è un fatto, è quasi una religione ufficiale. Noi nelle scuole non stiamo preparando futuri cittadini, bisognerebbe insegnare alle elementari anche la storia cinema, perché ignorando il pane dell'anima (la cultura ndr.) l'uomo diventa solo una macchina per consumare, sulla scia del 'mangia e crepa'. Intanto i cinema, i teatri, le librerie chiudono, diventano bingo, supermercati ed altro. Questo mi spaventa; la via deviata della società dei contenitori degenerarà sempre di più. Lucifero è l'avvento di questo millennio",
"Ho finanziato il film perché sono attore e imprenditore - dice Mor -, lascio la parte autoriale a loro. L'abbiamo fatto con un budget meno che ridicolo, 40mila euro, ma è stato portato a termine dalla passione, l'impegno e le risorse di tutti, perciò siamo arrivati a questo risultato, ma ci sono tante opere come la nostra, e poche quelle che arrivano in sala. Il nostro è un lavoro straordinario fatto da tutti, ma la responsabilità massima è della classe dirigente che dovrebbe fare una legge istituzionale che possa diffondere il cinema. Veniamo da un periodo in cui, quattro anni fa, un ministro disse che 'con la cultura non si mangia', ma forse oggi le cose possono cambiare, ci vuole una spinta perché la qualità e la centralità della cultura entri nell'agenda politica, non solo, e lanciare un segnale alla cultura globale, formare impresa e dare lavoro a tante persone" Poi Cerman accenna al fatto che, tempo fa, l'allora ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, gli ha detto che consiglierebbe ai giovani di andare via dall'Italia, e il regista sta riflettendo di "andare in Canada, lo farò con dolore, non da sconfitto, ma con un piccolo film". Infatti, per il momento, andranno a Madrid, poi a New York, Delhi, e al mercato del festival di Cannes. "Dopo vent'anni di gavetta ho deciso di andare via". "Il fenomeno è molto diffuso ma non viene preso in considerazione - aggiunge -, è in rapida ascesa anziché morendo, certo non sono 600mila presunti assassini, le sette più pericolose sono guidate dall'ignoranza, da giovani formati da qualche libro esoterico preso al supermercato, con l'aggiunta di droga e alcol. Nel culto alto, invece, ci sono dietro studiosi, sacerdoti, la stessa massoneria si basa sul culto di Satana. Altri hanno dei simboli molto chiari, persino l'episodio del ragazzo suicida, non avvenne proprio così, però c'è un parallelismo, infatti, quello che viene definito il capo dei capi è l'unico che parla con sincerità, gli altri mentono".
"Sono stato subito invitato da Tv2000 - confessa sulle reazioni del mondo cattolico -, loro mi hanno parlato molto anche di esorcismo, dell'attività di padre Amorth. Io non sono credente, lavoro da ateo, ma loro hanno visto che il nostro film non esaltava il satanismo. All'inizio, invece, altri cattolici oltranzisti mi hanno anche minacciato, poi sono intervenuti gli estremisti e ho dovuto cambiare numero di telefono. Vuol dire che mi farò Hare Khrishna per evitare altre minacce". "Complimenti ad Emanuele - dice Maria Toma, nel ruolo della moglie del giudice - perché avevo visto 'la versione in due volumi' (il film è stato rimontato rispetto alla prima versione passata al Riff di Roma ndr.), soffro se non ho i tempi che voglio. Ripetendo il colpo di scena, anche il mio personaggio fa riflettere, crea il dubbio nello spettatore, perché nella nostra società il dubbio c'è, il male pure, anche se in quei volti sembrano tutt'altra cosa. E' stato un lavoro durissimo, un'interpretazione fluida per un ruolo ideale, ma tosto". "Ribadisco la qualità, ho sempre creduto in entrambi gli autori - dichiara l'attore Fabio Farronato -, per noi un nuovo film ci sarà, sulla vita del 'Califfo' (Califano), avevamo visto il primo montaggio, era imponente. Interpreto il papà di Angela, all'inizio non sapevo benissimo la trama. Sono stato colpito soprattutto dal fenomeno affrontato nel film, e sul dubbio 'ci sarà qualche interesse sotto?' Il tema andrebbe dibattuto". "E' stato girato in dieci giorni - afferma Francesca Viscardi nella parte di Silvana Marino -, se si vuole qualità è una questione di interessi non di mezzi, abbiamo dimostrato l'impossibile, quello che volevamo e non, ma sul male è facile scivolare dentro l'euforia di un potere banale. Non sono disfattista ma mi meraviglio che non siano 6 milioni gli adepti. Bisogna avere il coraggio di accorgersi di quello che c'è dentro di noi, si tratta sempre di una scelta, perché il male è in tutti noi; bisogna averne la consapevolezza e stare attenti. La rassegnazione di questa donna, l'affrontare questo problema, il fatto di sapere di interpretare una donna ancora viva, di qualcuno che c'è, però non si può parlare di vigliaccheria perché è stata minacciata; affrontare la paura di una donna che (ha perso la figlia di 15 anni), nonostante le abbiano detto di non continuare, cerca una traccia per conoscere la fine della figlia".
"I tempi sono stati ristretti, abbiamo girato in 10 giorni, ma il progetto è stato di tre anni, mentre il prossimo film lo stiamo scrivendo da sei mesi. Dovevamo creare un film ibrido perché abbiamo voluto avesse una forza televisiva, visto che l'unica speranza era la vendita televisiva, perciò c'è un tratto documentaristico, soprattutto sui genitori ci siamo tenuti su un piano di realtà, quasi spiando quello che sta accadendo, mentre le scene sul suicidio hanno un taglio più cinematografico. Non per altro, per i veri protagonisti ci siamo ispirati al primo omicidio, a cui abbiamo dato una struttura narrativa completamente differente, usando elementi 'minatori' della realtà nei rapporti. Abbiamo seguito tutto quello che è stato sul caso dal punto di vista mediatico. La parte di Stefano è legata non solo a tutti gli atti, ma anche ad una ricerca con discrezionalità nei canali d'amicizia, dei media, dell'inchiesta, del blog, del libro. Anch'io per potermi ispirare, ho letto e visto di tutto per poter vedere i volti dei ragazzi intervistati, e poter determinare un punto di vista differente. Ho creduto, ponendomi domande, che forse i ragazzi non erano soli, forse non erano nemmeno tre, perché dietro c'erano tanti simboli, impronte diverse, e mi imponevo di girare la scena affidandomi all'improvvisazione. Mi piace lavorare sull'intuizione, lavoro nel sogno, prendo questi pensieri da un'attività esterna e che ci spingono a fare delle azioni. Rispetto al concorso di colpa, credo che qualcuno sia più colpevole di altri, ma quando ad un ventenne tolgono 30 anni, è una rinuncia alla vita". "Io i satanisti li ho incontrati anche se non hanno né tessera né si sono dichiarati tali - ribatte Calvagna -, certo, alcuni avevano un atteggiamento goliardico, addirittura cabarettistico, altri avevano dei tatuaggi e simboli caratteristici; qualcuno si è avvicinato al film, e qualcuno è stato anche allontanato durante le riprese, qualcun altro compare tra gli attori, le situazioni come queste sono tante. Forse li abbiamo tra noi, ma non lo sappiamo, perché in un situazione di tranquillità, relax, ho affrontato delle persone normalissime. Forse sono di più e si trovano accanto a noi. E c'è un vuoto legislativo riguardo le sette, ma riuscire a dare una condanna verso una religione è molto complicato". "Scelte del genere sono segno di debolezza - riprende il regista -, del bisogno di avere un futuro, dell'affrontare la vita in condizione d'incertezza sul lavoro, di non università, poi subentrano la noia, le droghe, lo stato di passività, qualcuno dice una cosa, parla di esoterismo in modo superficiale, e viene subito creduto e seguito. Ma per la maggioranza l'esoterismo è il Mago Otelma, invece bisogna studiare Rudolf Steiner, infatti, affermava che l'esoterismo poteva essere una religione. Il satanismo invece ha bisogno del sacrificio, dell'assassinio, del sesso, poi gli uomini crescono cambiano mutano sia nella sfera mentale che emozionale, sentimentale, Ma credere in ciecamente in qualcosa è frutto dell'ignoranza e non può che sfociare nella tragedia".
"Lavarsene le mani significa lasciare al destino la propria vita, non si tratta solo del Pilato della notra religione. La distinzione c'è dietro l'Italia, se siamo contro qualcosa diventiamo satanisti, e il legame tra metal e satanismo è assurdo. Il problema vero è quando questi giovani vengono usati da qualcuno, perché alcune associazioni massoniche sfruttano le persone per l'ottenimento di vantaggi nel mondo del sensibile e dell'invisibile, fatti immateriali, perché non c'è nessuno che fa sacrifici, ma manipolando le persone si finisce spesso in tragedia". "Mi sono divertito come un pazzo a girare quella scena - dice Fabiano Lioi, nel ruolo del Diavolo lynchiano -, il cast che c'era dietro è molto professionale, e ben documentato. Nel sociale, quando mancano gli sbocchi tutto si chiude, e si è costretti a trovare qualcosa di nuovo nell'oscuro, di essere diverso. Tutte le religioni rappresentano il bianco che a lungo andare diventa noioso, quindi l'oscuro risulta più attraente". "Interpreto Leone - ribatte Gianmarco Bellumori - che ha un masochismo molto vicino me, e nel film ho avuto la possibilità di suicidarmi. Mi avvicino a loro (agli altri ragazzi ndr.) perché ho bisogno di appartenere al gruppo, lui è il più debole, si avvicina per curiosità e sofferenza, e poi si ritrova a compiere azioni imposte". "Girare un film così è impossibile se non c'è entusiasmo verso il progetto - dichiara Virginia Gherardini che è Sara, la vittima -, non avevo trovato prima un'atmosfera così motivata, un atteggiamento di energia che si respirava sul set e che ci ha consentito di lavorare mettendocela tutta, senza una totale preparazione. Sara Martino l'ho studiata notte e giorno perché sentivo la responsabilità di interpretare un personaggio vero, una ragazza realmente esistita, ma tutti quanti sono stati bravissimi, c'era unione tra noi, non ho avuto modo di lavorare con Francesca, nella nostra scena ci scambiamo la solitudine. I meriti del film sono l'attenzione, gli sforsi fatti, la serietà con cui è stato affrontato l'argomento. Il cinema indipendente si basa sulla semplicità e sulla potenza". "A volte la sincerità non viene fuori - ribatte Tiziano Mariani, nel ruolo di Matteo Corione -, alla fine del film c'era un microfono accesso e ho sentito l'esclamazione 'Mi ha messo un'angoscia...', e questo era il nostro obiettivo, mio d'attore ma anche di chi l'ha scritto e diretto. Attraverso l'angoscia si arriva a pensare, non la si scrolla di dosso, si può però capire dove nasce, se si vuole comprendere il disagio dell'isolamento dei giovani arrivati a fare quello che abbiamo visto, si deve riflettere".
"Dalla mia provenienza teatrale nella compagnia di Ettore Scola - conclude Cerman -, poi nell'attività nell'avanguardia e infine nel cinema indipendente, anche come produttore ho imparato a vendere, a montare i film, ho fatto tanti corti, anche come attore, ma mi considero un autore più che un regista e sceneggiatore. Mi sono impegnato da tutti i punti di vista, politicamente e civilmente, per il cinema indipendente, e non ho nulla di cui vergognarmi. Scrivo sceneggiature che nessuno legge, tant'è che se Distribuzione Indipendente non si fosse interessata il mio film sarebbe rimasto a casa, e ringrazio l'Anica (in cui il film è stato presentato alla stampa ndr.) che ci ha accolto come persone di famiglia, anche perché io che sono un amante di Circuito Cinema volevo fare l'anteprima, affittandolo, al Quattro Fontane, ma prima hanno risposto via e-mail che dovevano pensarci, leggere la sceneggiatura. A mezzanotte di lunedì la risposta negativa: 'non è intenzionato a ospitarlo per l'anteprima prima a pagamento'. Collaborando da tempo con Ivan Zuccon negli Usa nella promozione di 'Wrath of the Crows" - che uscirà in Italia con Distribuzione Indipendente -, siamo riusciti a venderlo alla New World Cinema. Lo scambio e-mail con gli americani è stato, invece, velocissimo, è bastato scriverlo e tradurlo. Nel cinema indipendente italiano se non ha dietro il Ministero, o un produttore serio come Gianluca Arcopinto, siamo impossibilitati a lavorare. Nel nostro ambiente ci sono squali pericolosissimi, avevo scritto un film già commissionato, ma poi è stato bloccato da tante piccole cose, e gli attori non possono più fare provini, perché vivere così. Ho debiti enormi di produzione, vivo da cittadino fantasma, e mi chiedo 'cosa sto facendo qua, non so come mettere il pane sotto i denti, c'è gente sciatta che devi far lavorare per forza, mi vergogno di quelli che permettono tutto questo, e se alzi la testa sei pericoloso. Voglio una situazione semplice, normale in cui sopravvivere, ma pretendo un minimo di onestà. In Canada la vita costa meno, il loro rapporto di coproduzione con gli Usa è diretto, io sono inondato dai debiti, senza prospettive di scrivere, né di concentrazione perché c'è sempre qualcuno che ti dice 'devi mettere questo sponsor', il lavoro lo stai pagando, creando dei mostri, chiedendo soldi". José de Arcangelo (3 stelle su 5)

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