giovedì 29 maggio 2014

"Resistenza naturale" di vignaioli e contadini nel nuovo, illuminante, documentario di Jonathan Nossiter in arrivo nelle sale italiane

Un documentario nato 'sul campo', a dieci anni da "Mondovino", in cui Jonathan Nossiter, italo-brasiliano-statunitense racconta - con passione e partecipazione - l'urgenza e le sorprese di una nuova Resistenza italiana: nel vino, nell'agricoltura e nel cinema. Un coinvolgente viaggio alla scoperta del movimento dei vignaioli e agricoltori "naturali" che ci offrono speranza e gioia tramite la loro ribellione contro un sistema politico-economico fallito che omologa e avvelena la produzione agro-alimentare.
Vivendo come molti di noi sognerebbero, quattro vignaioli emblematici, nuovi contadini in fuga dalla città, lottano per l'autenticità, la biodiversità e la libertà. E il vino, con la sua forza vera e simbolica nella nostra cultura (non solo), diventa portavoce di una denuncia che riguarda tutta la catena di produzione alimentare. "Un atto d'amicizia tra di noi - esordisce Nossiter alla presentazione romana sulla nascita del film -, con gli amici vignaioli, senza sapere che l'avremo fatto vedere e, addirittura, in sala grazie ad uno dei più grandi distributori indipendenti italiani" (Andrea Occhipinti di Lucky Red ndr.). Infatti è in uscita dal 29 maggio, in 10/15 copie, nelle città capozona, e poi nel circuito Fice durante il periodo estivo.
"Un cosa semplice - prosegue l'autore -, in un momento molto particolare, disastroso per tutti, non è un momento di crisi, ma si tratta soprattutto di competenze, un sistema bugiardo, perché c'è un cambiamento radicale nell'ordine socio-economico, tanto che i più colpiti e minacciati in primis sono giornalisti, cineasti, artigiani per i quali è fondamentale esprimersi con libertà. Sono figlio e fratello di giornalisti, e sapete meglio di me della fragilità della sopravvivenza del giornalismo oggi, dipende da gesti donchisciotteschi, per cui la fortuna è molto importante, difendendo l'importanza del cinema non solo del passato, per capire chi siamo e dove andiamo, è una lotta molto nobile. E, infatti, durante le nostre conversazioni ho pensato: devo filmare tutto questo, la leggerezza, la voglia di vita c'è, un modello di resistenza ad un mondo che ci sta schiacciando".
"E’ il frutto del privilegio di aver fatto 'Mondovino' – prosegue -, palesemente odiato dal mondo industriale, ma apprezzato dagli artigiani indipendenti e liberi, che mi hanno aperto la porta vera, e vedo loro più spesso, parliamo dell'importanza e la bellezza del nostro mestiere, abbiamo preso il ruolo degli artisti che oggi è stato dimenticato, il ruolo del contestatario. 'Resistenza naturale’ uscirà in Francia poco dopo, e parlando con un critico-giornalista all’anteprima mi ha detto che si capiva il ruolo di un artista, in questo contesto. Ma stiamo tornando indietro, all'epoca medioevale, perché abbiamo perso la capacità di sopravvivere, in questo momento l'artista sta ridiventando artigiano, e il vignaioli hanno tante cose da farci capire. Credo in questa elevazione dell'artista ad un ruolo speciale, ma l'idea di autore è esagerata".
"Le regole europee per il vino biologico sono uno scandalo – afferma il regista -, 4 vignaioli rappresentano 400, perché in ogni regione ci sono agricoltori come loro. La legge sul biologico varata a Bruxelles dice che non puoi mettere aditivi chimici durante la coltivazione e la produzione, ma una volta fatto il vino si, e tutto con l'accordo dell'industria chimica (da Zonin a chi sa chi), ed è capace di sostenere che questi vini sono biologici, è un approccio tecno-mostruoso. Visto che è la rappresentanza a Bruxelles chi decide sul settore non chi governa, perché in realtà sono nelle mani delle multinazionali più forti. L'atteggiamento di agricoltori e contadini sembra non sia cambiato - come si può apprezzare nel pezzo del documentario realizzato da Mario Soldati nel '59 -, e i nuovi contadini si comportano un po' come se il loro sogno fosse ancora vivo".
"La cosa più assurda è che loro sono avanguardisti, all'anteprima a Parigi quando i vignaioli hanno affermato che è possibile ci sia più avanguardia da noi nel settore che altrove, ero molto felice. Questi vignaioli non rifiutano la tecnologia, sono coscienti che non si può innovare, non si può andare avanti - come in ogni arte - se non c'è il dominio del nostro passato, della cultura tout court, se non si è coscienti di dove lavorano, cosa vuol dire civiltà. Infatti, non c'è ecologia ambientale se non c'è eco culturale. Ovviamente, c'è un lato radical chic, ovviamente ce ne sono tra i 400 vignaioli, sono persone di sinistra che pensano sia facile (la loro esperienza è teorica, non vissuta), sia fico fare il contadino, ma non esiste niente di tutto ciò nella complessità, non bisogna condannare tutti i 400, io ne conosco bene un centinaio. Si può dire che sono talentuosi, per me i migliori, persone sincere, impegnate, non corrotte, e rimangano idealisti in un mondo corrotto".
"Lo stesso spunto vale in tanti paesi, anche in Germania ho visto il successo della ribellione, così come in Francia e in Italia. Io abitavo in Brasile fino a tre anni fa, ma sono cresciuto tra Francia e Inghilterra, e con mia moglie volevamo tornare in Europa, il Portogallo era la scelta naturale per la lingua. Ma ho constatato che l'artigiano ha difficoltà a sopravvivere, e ho fatto il primo film grazie ai francesi. Poi abbiamo deciso di venire quo, la scelta era legata al film, e sono molto felice ai averlo fatto, non per fare propaganda, ma perché mi dispiace che gli italiani non riescano a parlare bene del loro Paese, perché la crisi è anche lo specchio del crollo di altri paesi. In Italia i maestri prendono una miseria eppure sono bravissimi, insegnano cose belle come il senso civico e la tenerezza. E questo senso di civiltà è ancora profondo in Italia; rispetto al passato, il legame con la vita contadina è ancora molto forte, altrimenti potrebbe crollare tutto in modo più catastrofico. Sono felice che i miei bambini stiano crescendo qui, ma bisogna capire il crollo del sistema economico-politico, e questo è uno dei tanti modi possibili di resistere". "Il mio desiderio è che si smetta d'inquinare la terra, mi fa rabbia, schifo, l’idea di vedere l’espressione territoriale, un gesto della realtà contadina trasformato in commercio; ci sono contadini che fanno una marmellata straordinaria, la vendono a 3 euro e la ritrova in vendita a 30, è piuttosto ‘venditaly’, un’Italia molto triste - afferma sui diversi Eataly -. Alcuni prodotti sono buonissimi, ma i prezzi dovrebbero essere democratici, per tutti, perché rappresentano la ricchezza di questo paese. Sono molto impegnato come italiano, e per me è un tradimento. Consumismo è una brutta parola, perché spendiamo soldi per cose che non vogliamo, come uomini non siamo consumatori, e il tempio della società consumistica è molto più lontano".
“Stefano Bellotti è stato addirittura multato perché si è rifiutato di ‘inquinare la terra per niente’, sotto la minaccia della presunta fluorescenza dorata (peste della vite ndr.), dicendo ‘non lo faccio per convenzione, ma per disobbedienza civile’, nonostante la minaccia di prigione e 30mila euro di multa, ma questa non è teoria di cospirazione, è la realtà. Lui e gli altri hanno praticato una forma ecologica e politicamente radicale di agricoltura per molti decenni, tant’è che l’esplosione del movimento trans-europeo e sempre più internazionale (guidato sempre da italiani e francesi) è il risultato della recente generazione di contadini illuminati. Questa è la nostra speranza”.
“La Cineteca di Bologna è nota per l’impegno nel lavoro artigianale, riconosciuto internazionalmente, di restauro dei capolavori del cinema, ha comunque difficoltà a sopravvivere. Gian Luca Farinelli (il direttore e tra i ‘testimoni’ del film ndr.) è un vero visionario, e con lui c’è stato un incontro magico per vedere e documentare perché ha molti rapporti col mondo del low food, oltre che del vino, e insieme a lui si mangia con la gioia di vivere. Abbiamo predisposto con Farinelli e Bellotti, un incontro a Bologna per fine d’anno, ‘i giorni dell'illegalità’, a cui partecipano un centinaio di pastori di pecore e maiali, macellai, contadini che portano ortaggi, grano e prodotti che esprimono la territorialità storica del suolo. Oggi sono tutti ‘illegali’ secondo Bruxelles, ma tra Cimabue e un culatello c'è valore, però in questo modo rendono persino il Crocifisso di Cimabue illegale. Infatti, faremmo una festa come atto di disobbedienza civile, con una rassegna di film illegali, con Lumière e l'Università di Bologna. Ma cosa vuol dire illegale in una società crollata?.”
“Sono anarchici in senso positivo – conclude il regista -, sono Groucho-Marxisti, degli indipendenti, con una bella solidarietà ma ognuno libero. Però la disuguaglianza ci sta dividendo, era un problema sudamericano sessant’anni fa, quando era un giardino per ricchi stranieri. Gian Vittori Baldi, autore di "Fuoco!", è un uomo incredibile, ancora ribelle sognando sempre nuovi film come regista e produttore; amante della vita e come produttore di vino biologico in Emilia. Ero a bocca aperta quando guardavo il suo film, un capolavoro straordinario, lui incarna lo spirito di ribellione e l'anticonformismo nella gioia della bella vita". Ma nel bello e impegnato documentario ci sono le testimonianze di Corrado, Giacomo e Giulia Dottori, Valeria Bochi, Giovanna Tiezzi e Stefano Borsa, Elena Pantaleoni, Gliulio Armani e Anna Pantaleoni. Tutti ci illustrano e illuminano la vera e dura battaglia dei veri ecologisti e del vero biologico. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale dal 29 maggio distribuito da Lucky Red

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