giovedì 11 dicembre 2014

"Storie pazzesche", una commedia nera che rivela quando l'uomo (e la donna) comune perde il controllo e libera la bestia che è dentro di noi

Dal Festival di Cannes 2014, dove è stata una doppia sorpresa, prima perché in concorso (di un autore sconosciuto ai più) poi perché apparentemente un film di ‘genere’, anzi di un mix tra commedia e noir sulla scia dell’horror quotidiano; all’apertura del recente Courmayeur Noir in Festival, arriva ora nei cinema italiane “Storie pazzesche” (Relatos Salvajes) che rivela il mostro, anzi la bestia che è in noi.
Un po’ come facevano i grandi registi della commedia all’italiana più trasgressiva e grottesca, tra cruda realtà e feroce satira, l’argentino Damian Szifron, al suo terzo lungometraggio – dopo il pluripremiato esordio “El fondo del mar” e del grande successo sia in Argentina che in Spagna di “Tiempo de valientes” - prodotto da Pedro Almodovar col fratello Augustin, mette alla berlina ‘l’uomo (e la donna) comune’ che, portato all’esasperazione da situazioni, fatti e persone, esplode perdendo il controllo e libera il suo più bestiale istinto. Infatti, il fatto più inquietante, e al tempo stesso esilarante, è che i protagonisti di questi ‘racconti selvaggi’ (Wild Tales è anche il titolo internazionale) si trovano ad affrontare sentimenti e fatti che ognuno di noi prima o poi affronta e dai quali scaturiscono la sete di vendetta, la rabbia davanti alle ingiustizie, la corruzione e i loschi maneggi, le tentazioni pubbliche e private.
In una cornice tecnica, visiva e recitativa praticamente ineccepibile, l’autore scrive e dirige le vicende di un uomo (Dario Grandinetti) alle prese con un enigmatico viaggio in aereo; della giovane cameriera (Julieta Zylberberg) e della matura cuoca (Rita Cortese) di una tavola calda frequentata da camionisti dove si presenta un cliente molto speciale, quello che ha rovinato la vita e la famiglia della ragazza; un giovane automobilista di città (Leonardo Sbaraglia), su una sperduta strada di montagna, ha il classico scambio di insulti col rude conducente di un camioncino che si
trasforma in un letale incubo, oltre ogni previsione (tra lo Spielberg di “Duel” e il Raimi più contemporaneo); un ingegnere specializzato in demolizioni (Ricardo Darin), dopo una multa in divieto di sosta non segnalato il giorno del compleanno della figlia, entra nell’assurdo tunnel della burocrazia e dell’ingiustizia (universale) finendo per rimetterci tutto, famiglia inclusa; un miliardario (Oscar Martinez) conduce trattative clandestine per evitare una tragedia familiare di cui è protagonista il figlio, sulla scia de “Il capitale umano” e “I nostri ragazzi”, segno che l’argomento è ormai internazionale. Gran finale con una sposa (Erica Rivas, una rivelazione, soprattutto per il nostro pubblico) che resta sconvolta proprio durante la festa di nozze e inizia una vendetta all’ultimo colpo, anzi taglio.
Da noi il più amato e apprezzato, giustamente, è Darin (da “Il figlio della sposa” a “Il segreto dei suoi occhi” e “Cosa piove dal cielo?”) ma tutto il cast è composto da volti noti del piccolo e grande schermo argentino e spagnolo, attori che frequentano regolarmente anche il palcoscenico, e si vede. Quindi, un film che parla di noi tutti, con graffiante ironia, irreverente e corrosiva comicità. Infatti, sono le ineguaglianze, l’ingiustizia, la violazione dei diritti e le pressioni del mondo contemporaneo a generare stress e depressione in molti di noi, alcuni, però, esplodono e fanno quello che noi abbiamo spesso pensato o siamo tentati di fare ma che non abbiamo mai osato fare perché ci siamo fermati un attimo prima di perdere il controllo. O no?
I protagonisti dell’opera del promettente Szifron – suo il target di “Fratelli detective” rifatto anche in Italia con Enrico Brignano - ci offre una galleria di personaggi vulnerabili che, di fronte a una realtà in continuo cambiamento che all’improvviso può diventare imprevedibile, oltrepassano il confine tra civiltà e barbarie. Sono “i mostri” del nuovo millennio risvegliati da un piccolo ‘scatto’ – un tradimento, una beffa, un’ingiustizia, una violenza gratuita – che porta loro alla follia e all’innegabile ‘piacere’ della perdita del controllo.
“Le storie di questo film – dice Damian Szifron – sono frutto dell’immaginazione più sfrenata. Mentre lavoravo ad altri progetti – spesso scoraggiato dal fatto che sembravano impossibili da realizzare – ho cominciato a scrivere una serie di racconti per dare libero sfogo alle mie frustrazioni. Quando li ho raccolti in un volume, mi sono rese conto che erano legati da alcuni temi comuni: parlavano tutti di catarsi, vendetta e distruzione. E dell’innegabile piacere di perdere il controllo”.
E poi aggiunge: “Raccontare storie diverse è stata un’esperienza liberatoria per me, perché mi ha fatto riscoprire il mio amore per la lettura. Melo ricordo come fosse ieri, il giorno in cui nella biblioteca di famiglia ho scoperto una serie di antologie che hanno subito attirato la mia attenzione: ‘I racconti dei maestri del crimini’, ‘I racconti dei maestri del mistero’, ‘I racconti dei maestri del terrore’. Più tardi sarebbero venuti ‘Storie incredibili’ (la serie televisiva prodotta da Steven Spielberg), ‘New York Stories (film a espisodi di Scorsese, Coppola e Woody Allen) e ‘Nove storie’ di J.D. Salinger. Tutte queste opere hanno lasciato un segno profondo nella mia coscienza, alimentando la mia passione per la sperimentazione e per la libertà creativa”. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dall’11 dicembre distribuito da Lucky Red

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