sabato 28 marzo 2015

Aspettative deluse per il ritorno del maestro cinese Zhang Yimou e della sua musa Gong Li nel gelido melodramma "Lettere da uno sconosciuto"

A quasi un anno dalla presentazione al Festival di Cannes – fuori concorso – arriva nei cinema italiano l’atteso ritorno del regista cinese Zhang Yimou insieme alla sua musa ed ex moglie Gong Li, dopo la lunga pausa dedicata alla trilogia epica di arti marziali (“Hero”, “La foresta dei pugnali volanti” e “La citta proibita”).
Ma, purtroppo, “Lettere da uno sconosciuto” delude le aspettative su un regista che aveva inanellato una serie di capolavori soprattutto nell’ultimo decennio del secolo scorso: un melodramma vecchio stile, gelido e lento che non riesce a coinvolgere ed emozionare lo spettatore, e l’ultima diva, la bellissima Gong Li, sempre intensa, stavolta è costretta ad invecchiare a vista d’occhio, fotogramma dopo fotogramma, dato che la vicenda si svolge nell’arco di oltre vent’anni.
Sicuramente, e in parte, è il ricordo indelebile dei suoi capolavori a offuscare definitivamente un melodramma medio piuttosto convenzionale, senza scatti né eccessi, trascinato fra retorica, ripetitività e tempi morti. Chi non ricorda almeno uno di questi titoli, forse, riuscirà a non ‘condannarlo’: “Sorgo rosso” (1987, Orso d’oro a Berlino), “Ju Dou” (1990, in concorso al Festival di Cannes e Candidato all’Oscar per il Miglior film straniero; “Lanterne rosse” (1991, Leone d’argento a Venezia e ancora nomination all’Oscar). Questo suo ultimo mélo (e suo ventesimo lungometraggio) esaspera i piccoli ‘difetti’ di “Vivere!” (1994, Gran Premio della giuria a Cannes).
Sceneggiato con poca fantasia da Zou Jingzhi (“Mille miglia lontano” dello stesso Yimou (2005), e “The Grandmaster” di Wong Karwai (2013), il film narra la tragica storia della coppia Lu Yanshi (Chen Daoming) e Feng Wanyu (Gong Li) costretta alla separazione quando lui viene arrestato e mandato in un lontano campo di lavoro come prigioniero politico. La loro figlia Dan Dan (la rivelazione Zhang Huiwen, non così bella come ‘la madre’) cresce senza averlo conosciuto e finisce odiandolo perché i suoi sogni di ballerina (nel “Distaccamento rosso femminile”) vengono infranti per ‘colpa’ sua.
Liberato proprio nel corso degli ultimi giorni della Rivoluzione Culturale, Lu riesce finalmente a ritornare a casa ma scopre che la moglie tanto amata è affetta da una strana amnesia ed è incapace di riconoscerlo, tanto che continua ad attenderlo pazientemente – come un’eterna Penelope –, recandosi alla stazione il 5 di ogni mese. Finalmente rappacificati, padre e figlia cercano con ogni mezzo di far recuperare la memoria alla donna, ma inutilmente. L’idea di partenza sembra ricalcata da una vecchia canzone anni Settanta del cantautore catalano Joan Manoel Serrat che parlava, appunto, di una Penelope in perenne attesa dell’arrivo del suo amato, seduta su una panchina alla stazione ferroviaria, e una volta arrivato non lo riconosceva affatto. Scherzi del destino e della mente umana, un grande amore non si dimentica mai, forse perché la lontananza non prevede l’invecchiamento dei nostri ricordi, e nemmeno della persona amata in gioventù.
Nel cast anche Guo Tao (direttore della squadra propaganda), visto in “Vivere!”; Liu Peigi (compagno Liu), Zu Feng (istruttore Deng), Yan Ni (direttrice Li), già col regista nell’inedito in Italia “Sangue facile”. José de Arcangelo (2 stelle su 5) Nelle sale dal 26 marzo distribuito da Lucky Red
CURIOSITA’ Nel 2012, Zhang Yimou ha ricevuto il premio alla carriera al Festival Internazionale di Mumbai, un riconoscimento speciale ai Daejong Awards in Corea del Sud, un premio per l’insieme del suo lavoro al Festival di Mararkech e un altro premio alla carriera al Festival del Cairo, una laurea honoris causa dall’Università di Boston.

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