venerdì 27 marzo 2015

"French Connection" di Cédric Jimenez racconta la storia vera del giudice Pierre Michel e del boss marsigliese Gaetan Zampa che aveva ispirato "Il braccio violento della legge" di William Friedkin

Il regista marsigliese Cédric Jimenez prende ispirazione dai vecchi cari polar – cioè il poliziesco francese, quello interpretato negli anni ’60-’70 da Alain Delon, Jean-Paul Belmondo o Lino Ventura, magari diretti dal maestro Jean-Pierre Melville – per raccontare la storia vera della “French Connection” (Le French, nel titolo originale), quella
vicenda romanzata nel pluripremiato (agli Oscar) film omonimo (da noi intitolato “Il braccio violento della legge”) di William Friedkin, ma dal punto di vista americano, dando il via alla nuova scuola del poliziesco (noir) americano, condito con tanta azione e inseguimenti mozzafiato. Qui la storia è incentrata su i due antagonisti: il magistrato Pierre Michel (il Jean Dujardin, premio Oscar per “The Artist”) e il famigerato e intoccabile padrino Gaetan Zampa (Gilles Lellouche, da “Nemico pubblico N° 1” a “Piccole bugie tra amici”), uno scontro al vertice tra personaggi e tra attori, entrambi carismatici e inimitabili, tant’è che rischiano di confondersi (e confondere lo spettatore meno attento), soprattutto fisicamente visto che i due hanno una sbalorditiva somiglianza con i veri protagonisti della storia narrata.
L’ottima ricostruzione della Marsiglia anni Settanta ci trasporta in uno scenario che diventa anch’esso protagonista insostituibile, di questa storia che si apre nel 1975: il giovane magistrato Michel è appena arrivato in città da Metz con moglie e figli, e viene subito incaricato di un’inchiesta sul crimine organizzato. Insediatosi senza perdere tempo, il giudice decide di attaccare la cosiddetta French Connection, un’organizzazione che esporta eroina in tutto il mondo e soprattutto negli Stati Uniti, tanto che ad un certo punto vengono coinvolti anche agenti dell’Fbi.
Rifiutando i consigli di colleghi e superiori, che lo invitano alla cautela, Pierre dà inizio ad una sorta di crociata personale contro l’intoccabile boss Zampa, però scopre che se vuole vincere la sua battaglia deve cambiare tattica… Sceneggiato dallo stesso Jimenez con la compagna Audrey Diwan, la pellicola fa tesoro anche della scuola hollywoodiana, dal noir anni Cinquanta che, dopo aver abbandonato gli studi, si era impossessato delle strade della metropoli, a quello anni Settanta, appunto, dal realismo esasperato e dall’analisi psicologica dei personaggi. “C’è stata una volontà di partenza – afferma l’autore – Il destino del giudice Michel è assolutamente tragico. Ma, soprattutto, insieme alla mia co-sceneggiatrice, presto ci siamo resi conto che sia il giudice Michel che Zampa, dal momento in cui si incontrano, si trascineranno insieme verso la morte senza che uno dei due uccida l’altro. Noi abbiamo lavorato moltissimo su questo meccanismo del destino che si percepisce chiaramente dalle esistenze di queste due persone. Il film parla di due uomini e non di ‘archetipi’ come spesso avviene nel genere polar”.
Un dramma esistenziale, quindi, che coinvolge lo spettatore per oltre due ore in un mix di azione e riflessione, pubblico e privato, e gran parte del merito va ai due protagonisti. Quindi un solido thriller che ricostruisce Marsiglia e l’atmosfera anni Settanta – musiche e canzoni incluse - in modo impeccabile, dato che lo stesso Jimenez vi è cresciuto: il padre aveva lì un ristorante, un locale dove si suonava jazz sulla spiaggia della Pointe Rouge; a due passi dal bar del fratello di Zampa, due luoghi dove, ogni giorno, girava una ‘variegata umanità’ (inclusi noti mafiosi) decisamente interessante da osservare per un adolescente. L’autore si trovava in città anche, quando il 21 ottobre 1981, il giudice Pierre Michel venne assassinato e si ricorda perfettamente il momento in cui venne diffusa la notizia. Un evento che lo ha colpito così profondamente da covare per anni il desiderio di poterlo raccontare sul grande schermo. Ma Michel aveva scoperto che i marsigliesi erano in affari anche con la ‘ndrangheta calabrese e, quando venne ucciso, stava collaborando con alcuni magistrati di Palermo, tra cui lo stesso Giovanni Falcone. Infatti, i collegamenti del clan dei marsigliesi comprendevano anche Cosa nostra e Mafia.
E sul magistrato, il regista dichiara: “Era un eroe, un uomo eccezionale che ha anteposto il bene della comunità ai suoi interessi personali, cosa molto rara nella società contemporanea. Da un punto di vista psicologico era un uomo appassionato che si era imbarcato in una missione per una causa giusta – i giornali dell’epoca lo chiamavano ‘il crociato’. Odiava con tutto se stesso la droga perché aveva visto i suoi effetti più drammatici sui giovani quando lavorava al tribunale dei minori. Ma quell’uomo aveva i suoi demoni e ho pensato che sarebbe stato interessante raccontare la storia dal punto di vista di uno ‘straniero’, visto che veniva da Metz. Grazie a questo approccio narrativo, lo spettatore scopre insieme a lui la città nella quale lavora, osserva i suoi singolari codici e penetra nei suoi segreti”. Le riprese di “French Connection” sono iniziate il 26 agosto 2013 a Marsiglia e si sono realizzate nei luoghi dove sono avvenuti realmente tutti i fatti legati alla vicenda raccontata. Solo una scena è stata girata nella regione di Charleroi in Belgio e, per la precisione, in un locale di pole dance. Prodotta da Ilan Goldman e costata circa 21 milioni di euro, la pellicola è andato benissimo al botteghino in patria (più di un milione e mezzo di spettatori), è stato presentato al Toronto Film Festival 2014 e ha partecipato ai premi César 2015: nominato nelle categorie Miglior Scenografia e Migliori costumi.
Nel cast anche Céline Sallette (Jacqueline Michel), Mélanie Doutey (Christiane Zampa), Benoit Magimel (Le Fou - Il Matto), Guillaume Gouix (José Alvarez), Bruno Todeschini (il Banchiere), Moussa Maaskri (Franky Manzoni), Cyril Lecomte (Marco Da Costa), Bernard Blancan (Lucien Aimé-Blanc), Gérard Meylan (Ange Mariette), Eric Fraticelli (Bianchi) e Féodor Atkine (Gaston Deferre). Il direttore della fotografia è Laurent Tangy e le musiche originali sono state composte da Guillaume Roussel. Tra le canzoni più note “Call Me” di Blondie, “I’m Set Free” dei Velvet Underground, “Comic Strip” di Serge Gainsbourg e “La balade des Champs-Elysées di Coniard e Gemsa. José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale dal 26 febbraio distribuito da CamiMovie - Medusa

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