mercoledì 1 aprile 2015
Un Pirandello che racconta di una donna straordinaria rivisitato da Michele Placido attraverso la dolorosa vicenda di una coppia contemporanea ne "La scelta" con la coppia Ambra Angiolini-Raoul Bova
Michele Placido porta sul grande schermo un dramma semisconosciuto di Luigi Pirandello, “L’innesto” (1929), firmando una versione contemporanea con la coppia Ambra Angiolini e Raoul Bova nel film “La scelta” in uscita il 2 aprile in 230 copie per Lucky Red.
Laura e Giorgio si amano profondamente e sono desiderosi di un figlio che non arriva. Ma solo un grande amore può superare la dolorosa prova che devono affrontare, una prova che impone una scelta. Un uomo offeso nella sua morale, che cerca una soluzione al dilemma; una donna che sente la necessità di diventare madre.
“Alcune ragazze che hanno visto film mi hanno detto delle cose che non avevo messo in conto – esordisce Placido alla presentazione romana -, l’aborto oppure, la scelta del padre biologico, ho trovato durante i miei studi su uno degli autori amo di più, come regista e attore, questo testo sconosciuto di Pirandello che Ronconi aveva messo in scena in uno dei suoi laboratori. Racconta di una straordinaria, che fa una scelta di madre, una scelta straordinaria per quei tempi, come suo allievo mi ha colpito il percorso dei personaggi, la scelta etica, una donna che si distingue nei personaggi femminili soprattutto nel personaggio della madre, della figliastra. Anche nella vita privata dell’autore arriva Marta Abba, con cui ha avuto una storia d’amore magnifica, sconvolgente, come questa. Per la sceneggiatura ho pensato a Giulia Calenda e le ho detto ‘tu che sei donna che ne pensi? Anche lei è rimasta colpita dalla storia, inoltre Giulia era incinta, e ha voluto dar luce a cose che a me sfuggono. Laura ha studiato composizione, è una donna borghese. La trasposizione in una cittadina abbastanza anonima (Bisceglie in Puglia), dove lei fa l’insegnante di corali per bambini, è un’invenzione perché non c’è in Pirandello. Ho voluto questo legame con le voci perché è alla ricerca di un figlio, la loro è una storia d’amore e mi ha colpito il misticismo che la circonda. Oggi viviamo in una società in cui sono tante le donne che subiscono, di madri imposte dalle religioni, qui c’è una scelta etica diversa. Però anziché il finale di Pirandello, ho pensato ad un’alternativa, tant’è che ho girato anche un altro, perché il mondo continua perché è la donna che sceglie di continuare”.
“Per noi – prosegue -, come regista e organizzatore della GoldenArt Production, avevo pensato alla possibilità di un film francese, poi Andrea Occhipinti (produttore con Lucky Red) ha trovato una società inglese che ne era interessata. Il film sarà in concorso (presidente della giuria Luc Besson) al festival di Pechino (dal 15 al 21 aprile) perché è piaciuto alla censura cinese, e a Marco Muller (neodirettore ndr.) che l’ha proposto, e l’idea mi fa piacere. Poteva essere un film in costume, ma volevo dare contemporaneità alla storia, in passato ne avevo fatto uno (‘Un viaggio chiamato amore’ ndr.) e il pubblico non andò in sala. Allora mettere in dubbio l’etica, la scelta assurda e straordinaria di una madre fece paura agli impresari. Poteva essere un film più adatto in inglese, ma avevo l’idea di protagonisti più popolari e ho deciso di affidarlo ad una coppia di attori popolari con in più Valeria Solarino e in una storia contemporanea. Il pubblico ama i suoi beniamini e credo possa amare una storia come questa soprattutto perché non diventi di nicchia. Ultimamente mi ha colpito il film di Castellitto, mi ha confermato che c’è la possibilità di fare cose diverse”.
“La sua grandezza, il suo eroismo risiede nel non voler sapere chi è il padre, ma di essere madre; nello sguardo di lei c’è lo stupore, quasi di una madonna – aggiunge -, e rimane stupita da quello che è accaduto al di là del lato fisico, restare incinta proprio in quel momento, non sappiamo quando, la sua è stata una scelta maternale, al di là del comportamento, chiamiamolo, borghese”.
“La questione di Laura è da pensare e condividere – ribatte Ambra -, la scelta diversa di una donna che subisce violenza ma raccontato in un film ha un limite perché la velocità è atroce. Mi ha colpito a film finito perché non ho visto in lei una vittima e per le donne è importante; Laure smette di subire e di far subire agli altri, e ciò si allarga a tutta la società, intorno ad un finto silenzio c’è un rumore gigantesco. Una donna coraggiosa, nuova, libera che coglie l’occasione di non essere vittima di un incidente molto brutto che interrompe una musica molto bella. Laura comincia a farsi delle domande, che non si fanno altri del paese, a quante tragedie possono essere evitate, mette anche il marito di fronte ad altre domande, lui deve uscire dalla sua certezza di maschio e non vuole accettare il figlio di un altro, anche se forse non è vero, ma ripaga l’amore che rende la cosa più sana”.
“L’avevo vista a teatro – dice il regista - recitare il monologo si Stefano Benni ‘La misteriosa scomparsa di W’ e l’avevo trovata straordinaria, ho capito che poteva dare una mano al personaggio”.
“L’ho capita nel profondo – riprende Angiolini -, domandandomi se quella coda la fai per te o perché la fanno gli altri, di prendersi la responsabilità e pregare a qualsiasi personaggio mistico, per avere uno spunto un po’ diverso, è una percentuale di cui se ne parla meno, le donne che scelgono sono meno popolari. Molte donne subiscono violenza e non creano resistenza perché sperano che finisca presto; ho capito perché Laura, dopo un’esperienza dolorosissima resta come immobile, staccata dal corpo, perché tutto finisse il prima possibile. La sua scelta è illuminante, non denuncia la violenza perché non vuole essere identificarsi con quei segni, e dice ‘non sarò solo quello’, perché per la società resta il fatto cronaca. Lei cerca di non farsi mangiare la vita, la sua scelta non sempre è giusta per gli altri”.
“Mi sono appassionato alla storia – continua Placido - perché i personaggi non hanno tempo né luogo, la risposta ce la darà il pubblico femminile, noi siamo una società un po’ stonata, quello che sta accadendo oggi nel mondo non sempre lo comprendiamo, non siamo tanto dentro la storia, oggi la storia è in Africa, in Palestina, a Roma, in un parco pubblico, la gente può dire chi se ne frega”.
“Dire che sia stonato il personaggio o il contesto non riesco a capirlo – confessa Bova -, si parla di violenza, di una donna che l’affronta e la subisce, vedo contemporaneità, forte attualità ed è necessario che il film affronti la difficoltà vera di una donna, di un uomo e quello che si prova, percorsi diversi. Il fatto è così intonato, oggi tante cose sono cambiate, dopo una violenza subita la donna viene assistita, ci sono associazione e le reazioni delle persone. Ma la violenza continua. Io mi sono reso conto che il mio personaggio viveva in simbiosi i passaggi umorali di Laura, che passava dalla rabbia al dolore, lui si sente un uomo a metà, prima il figlio che non arrivava, ora all’improvviso lei è incinta di un altro. L’idea di un uomo fragile, abbattuto nella sua virilità, che capisce che tutto ciò lo portava da un’altra parte e lo allontanava da Laura, poi scopre che tutto questo non ha senso. Allora ti senti più forte, l’amore vero, se forte, ti fa superare le difficoltà”.
“Credo che tutti i femminicidi raccontano un po’ questo – ribatte Ambra -, ci piacerebbe che gli uomini siamo andati avanti, ma ci sono ancora, in realtà tutti i giorni ci sono donne che cadono in depressione improvvise e nessuno si è accorto, il mondo va avanti, ma bisogna stare insieme, purtroppo tutto ciò è rimasto e ne leggiamo spesso. Una frase in Pirandello, nella scena in cui la madre chiede a lui di andare a consolarla, lui dice ‘si è macchiata della colpa più ignobile senza averne colpa’, perché scatta la difficoltà del marito di toccare la sua donna”.
“La difficoltà è che fin quando ci saranno guerre e violenze, dopo cento anni continueremo a chiederci se andiamo avanti o indietro, infatti, aumentano le guerre, si trasformano, anche i gruppi, quello che rimane è che siamo uomini e donne che hanno subito delle violenze. Lo stupro è l’omicidio dell’anima della donna, di un bambino è un trauma che dura tutta la vita, tende a distruggerla. Per la reazione di questa coppia sono grato a Michele, perché ci fa capire rispetto alla violenza bisogna reagire insieme con l’amore. Il cambiamento sta nella forza delle persone nel difendere i diritto delle donne, in questo modo qualcuna ha re-iniziato a vivere”.
“E’ la donna che rigenera il tutto – dice il regista -, altrimenti è la rovina della società. Secondo questo ruolo straordinario capiamo che sarà la donna a reagire in modo più positivo che l’uomo, lei riesce a portare il proprio compagno, forse perché faccia qualcosa in più, si fanno delle domande straordinarie che non possiamo porci, eventi che verranno nei prossimi secoli”.
“Il mio personaggio è la voce comune – dichiara Valeria Solarino -, forse diventa pregiudizio; ha un marito e un amante, due figlie meravigliose, ha tanto amore intorno che non sente, non vive, i consigli che dà alla sorella hanno il pregiudizio del pensare comune. L’amore assoluto tra due persone, e l’amore per qualcun altro che non ha colpe, per qualcosa di molto profondo, per cui bisogna cancellare il lato esteriore, lei va oltre, verso il miracolo della vita”.
“Quelle del film sono tematiche universali – prosegue - vita, morte amore, un tempo la protagonista avrebbe subito le conseguenze di questa scelta, qui decide di portare avanti la gravidanza, un fatto difficile da concepire un tempo, oggi è possibile perché la donna si è emancipata, al di là della famiglia, c’è il posto di deputate per le donne”.
“Io coinvolgo tutti – dice Placido -, voglio la totalità, sono abituato a lavorare teatralmente, questo è molto interessante e mi ha aiutato. Non ho voluto citare i tragici greci, ma ci sono temi ed echi che vengono da lontano, Lucky Red ci ha seguito, poi Rai Cinema e altri, non è un film facile, girare per un annetto.
“Ho voluto una corale di bambini che l’accompagnasse sempre - conclude Placido anche nel ruolo del commissario Emilio Nicotri -, se uno suona il violino se lo porta a casa, a me piace molto quest’idea. L’autore è stato indelicato? Non ho saputo di nessun altro che abbia raccontato con tanta dolcezza e durezza con cui il premio Nobel ha raccontata questa storia. Pirandello è stato all’avanguardia nel raccontare le donne. Era sbalordito dalla capacità donne, poi il rapporto con la venticinquenne Marta Abba, era incredibile per noi popolo italiano cattolico, e le sue storie facevano paura, mentre in Francia e Germania veniva premiato dai registi, fino al premio Nobel. Man mano la sceneggiatura si propagava a casa, da mia moglie al marito di Giulia, spaesati da personaggi e dalle scelte completamente diverse, veramente spiazzante”.
“Anch’io sono grato a Michele – chiude Bova – per avermi dato la possibilità di fare questo film e il personaggio. Un’occasione rara, molto bella perché ti permette di crescere, di superare le difficoltà, l’adrenalina per la paura reverenziale del personaggio, la voglia di superarti, di metterti alla prova, lottare per una storia bella e importante da raccontare. Non posso dire che la commedia non mi diverta e mi dia la gioia, però è sempre allettante fare scelte diverse. Non è facile per un uomo trovarsi in situazioni del genere, di comprendere le sue reazioni. Michele ha lavorato con grandissima attenzione, con delle letture e delle ricerche che dopo hanno dato degli input precisi e chiari sui cui abbiamo lavorato molto d’istinto per entrare profondamente nei personaggi, si respirava una certa difficoltà sul rapporto io e il mio personaggio, lei nel suo, ce li portavamo dentro, anche fuori dal set. Difficile trovarsi nella situazione in cui una donna, la tua, viene violata, violentata; la rabbia, la voglia di vendicarsi di chi – lei non denuncia - non ha corpo né nome, l’implosione è forte, la difficoltà di toccarla, riguardarla con gli stessi occhi, la stessa sensibilità. Era bello vedere le difficoltà di un uomo in questa situazione che passa attraverso stereotipi, che vorrebbe tirarsi fuori ma poi sceglie l’amore. Sono Laura e Giorgio, altre coppie, forse, avrebbero reagito in altro modo. Mi ha colpito la sorpresa dei personaggi, alla fine si ritrova ad accettare questo figlio anche se non è suo, tutti dovrebbero accettarlo, ma i problema è che raramente si superano le difficoltà”.
José de Arcangelo
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