giovedì 28 maggio 2015
Torna l'inimitabile Jean-Pierre Jeunet con "Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet", una gustosa favola contemporanea tra realtà e fantasia, sogno, emozioni e avventura
Dall’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, anzi direttamente da Alice nella Città – dov’è stato presentato in anteprima -, approda nelle sale italiane l’ultima fatica del non troppo prolifico Jean-Pierre Jeunet, dai primi “Delicatessen” e “La città perduta”, con Marc Caro, a “L’esplosivo piano di Bazil”, passando per “Alien – La clonazione” e, ovviamente “Amélie”.
Un autore che conquista e affascina sempre riportandoci nel suo fantastico mondo del cinema, tra fantasia e sogno, magia e realtà. Stavolta, tramite il libro “Le mappe dei miei sogni” diventato “Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet”, ha trovato nel giovane scrittore americano Reif Larsen una sorta di suo alter ego di trent’anni fa, visto che la sua visione e il suo immaginario hanno tanti punti in comune col mondo di Jeunet e per questo il romanzo ha subito sedotto l’autore del “Favoloso mondo di Amélie”.
T.S. Spivet (Kyle Catlett, minore rispetto al personaggio, e vera rivelazione) è un piccolo genio di dieci anni appassionato di cartografia e invenzioni. Vive in un ranch del Montana insieme alla mamma Claire (Helena Bonham Carter) eccentrica entomologa, al padre cowboy (Callum Keith Rennie) nato nel secolo sbagliato, a sua sorella quattordicenne, Gracie (la brava Niamh Wilson, una ragazza che assomiglia a Chloé Moretz), che sogna di diventare Miss America e a suo fratello gemello Layton (Jakob Davies).
Un giorno T.S. riceve un’inaspettata telefonata dall’Istituto Smithsonian che gli annuncia la vittoria del prestigioso premio Baird per la sua invenzione di un dispositivo del moto perpetuo. E, all’insaputa di tutti, per ritirare il premio e tenere il discorso di ringraziamento – ma anche elaborare il lutto e il senso di colpa per la morte del fratello Layton -, T.S. salta su un treno merci e intraprende il suo straordinario viaggio attraverso l’America verso Washington, ma allo Smithsonian nessuna sospetta che T.S. sia solo un bambino…
Passato e presente, contraddizioni e pregiudizi, incomprensioni e sentimenti, si intrecciano in un romanzo di formazione ante litteram, magico e on the road, che coinvolge e commuove fondendo favola del reale e racconto fantastico, avventura e vita vissuta, e come di consueto, fumetti, ‘animazione’ e cinema.
“Sono rimasto colpito dal protagonista – dichiara Jeunet sul libro -, un personaggio straordinario e dalla sua toccante storia, dalla ricchezza di particolari presenti nella storia, dall’ambiente descritto, dai treni, dal Montana, dagli ampi spazi aperti”.
Girato in Canada, adattato e sceneggiato dall’autore col fedele Guillaume Laurant - che ne ha scritto anche i dialoghi -, il film ha sviluppato alcuni personaggi (in primis quello della madre che nel romanzo è quasi una comparsa) e rinunciato ad altri, ma il centro e la sostanza restano intatti, tanto che lo scrittore ha partecipato attivamente alle riprese.
“La prima volta che ho incontrato Reif Larsen – racconta il regista -, mi ha detto: ‘Quando ho visto Il favoloso mondo di Amélie ho avuto l’impressione che qualcuno avesse rovistato fra i miei pensieri’. E mi ha fatto vedere un album fotografico che anch’io avevo appena regalato a tutti i miei amici! Così, è nata subito una complicità tra di noi, nonostante la differenza di età e di background. Ci sembrava di appartenere alla stessa famiglia: abbiamo gli stessi gusti, ossessioni, entusiasmi e interessi. Lui è com’ero io 30 anni fa! Ha seguito il progetto fino alla fine, veniva sul set e ha fatto anche la comparsa. Da quando ci siamo incontrati, ci siamo sempre tenuti in contatto via mail. Io, fin dall’inizio, ho desiderato subito di poter adattare il suo libro. Per me è stata l’occasione di fare un film consono al mio universo, ma allo stesso tempo ambientato in un luogo lontano, se non altro per via della lingua, degli spazi aperti e del paesaggio americano”.
E se qualcuno lo accusava di congelare le emozioni, stavolta non è stato così, però già qualcun altro parla di eccesso di romanticismo. Invece a noi la pellicola ci ha emozionato persino con le piccole cose, e poi chi ha detto che un cartoon non è capace di provocarle nello spettatore.
“Ne ‘L’esplosivo piano di Bazil’ (il suo film precedente ndr.) – ammette il regista – ho evitato qualsiasi emozione. Lo consideravo più come un cartone. E’ stato un errore, perché il mio punto di riferimento era la Pixar e con la Pixar ci sono sempre emozioni. L’emozione dipende anche dalla personalità: alcune persone amano sentire i violini, altre no. Sono molto schivo, le mie emozioni sono contenute, spesso solo accennate”.
A noi sono arrivate anche in tutti i suoi film precedenti, in questo più che mai, ma sono sempre non urlate, mai sopra le righe, casomai scaturiscono dal ‘disegno’ dei personaggi, sempre bizzarri ma straordinari come il piccolo grande protagonista. Così come la sottile e graffiante ironia che pervade personaggi e situazioni tipicamente americane. Vedere per credere, ne vale la pena.
Nel cast internazionale anche l’inconfondibile Judy Davis (signorina Jibsen dello Smithsonian), Rick Mercer (Roy), l’attore feticcio Dominique Pinon (Due Nuvole), Julian Richings (Ricky), Richard Jutras (signor Stenpock), Martin O’Carrigan (speaker), Michel Perron (guardia), Dawn Ford (cameriera), Harry Standjofski (poliziotto), Susan Glover (Cathy) e James Bradford (il presidente dello Smithsonian).
José de Arcangelo
(4 stelle su 5)
Nelle sale dal 28 maggio distribuito da Microcinema per IIF in collaborazione con Rai Cinema
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