giovedì 3 settembre 2015

Direttamente dalle Giornate degli Autori del Festival di Venezia alle sale, un dramma di denuncia di Stefano Chiantini, con Marco Giallini e Alessandro Tiberi, "Storie sospese"

In anteprima alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia e il giorno dopo nelle sale, approda “Storie sospese”, terzo lungometraggio dell’abruzzese Stefano Chiantini – dopo “L’amore non basta” e “Isole” – che si ispira alla realtà, quella dura di chi lavora in montagna rischiando la vita ogni giorno, ma anche a quella delle grandi opere di solito travolte da polemiche, corruzione
e misteri. Infatti, il film racconta la vicenda di un gruppo di rocciatori in un cantiere d’alta montagna, tra cui Thomas (un inedito Marco Giallini) che lavora per mettere in sicurezza le pareti dell’impervio versante di un monte. Per un tragico, improvviso, incidente – la morte di uno di loro – provoca la chiusura del cantiere
e il licenziamento dei rocciatori. Thomas è costretto a tornare a casa dalla moglie e dai suoi tre figli, una realtà a cui non è più abituato, e per di più non riuscirà nemmeno a mantenerli. Un vecchio e ambiguo ‘collega di roccia’, Ermanno (Antonio Gerardi), gli offre un lavoro in un paesino abruzzese dove la sua ditta sta costruendo un tunnel autostradale.
Ma la situazione nel paesino non è serena, anzi, perché la costruzione del tunnel sembra provocare gravi danni alle case, e qualcuno accusa la società costruttrice di continuare gli scavi nonostante il pericolo imminente. A capeggiare la protesta sono il geometra Bucci (Giorgio Colangeli) e Giovanna (Maya Sansa), maestra della scuola materna chiusa proprio a causa dei lavori perché diventata pericolante.
Thomas, assistito dal giovane geologo Alessandro (Alessandro Tiberi), inizia immediatamente un lavoro di ‘monitoraggio’ e messa in sicurezza della zona, ma le polemiche sugli scavi crescono e gli abitanti si dividono tra chi considera i lavori una possibilità economica e chi si preoccupa dell’incolumità delle persone.
E l’uomo, di fronte alle difficoltà e immerso nella realtà di un paese che si sgretola, subisce un crollo emotivo e si vedrà costretto a una scelta difficile: perdere un lavoro sicuro e affrontarne le conseguenze, oppure tacere e tradire il compagno e la comunità.
Siamo di fronte ad un dramma di denuncia, al cosiddetto film impegnato a cui ci aveva abituato il nostro cinema negli anni Settanta, ma purtroppo Chiantini non riesce a trovare il giusto equilibrio tra forma e contenuto, realtà e finzione. Comunque, racconta con onestà una realtà che ben conosce, cercando di evitare la retorica che è sempre in agguato, soprattutto quando si affrontano temi socio-politici. E fa sempre piacere scoprire che il nostro cinema torna a occuparsi della realtà che ci circonda, anche quando non la racconti nel modo giusto e/o rischia di confondersi con la fiction di stampo televisivo, a cui il regista si è dedicato negli ultimi anni (da “Tutti pazzi per amore 3” a “Una mamma imperfetta 2”). Perché, comunque, il ‘contenuto’ invita alla riflessione e anche alla sana discussione, quelle che trent’anni fa, continuavano dopo l’uscita dal cinema.
Confessa l’autore: “L’esigenza di raccontare questa storia è nata – come sempre forse accade – da un bisogno personale, un bisogno che si insinua dentro di te quando un gesto, un’emozione e una situazione ti colpiscono, a volte, senza che tu te ne sia neanche reso conto, amplificandosi in seguito pian piano, fino a non poter più essere controllati. Quando non è più possibile contenerle quelle sensazioni ti salgono dallo stomaco e vengono fuori sotto forma di storia”. Nel cast anche Pietro Bontempo (Tonino), Simonetta Solder (Sandra) e Sandra Ceccarelli (Aurora). José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 3 settembre presentato da Pablo Distribuzione

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