giovedì 27 ottobre 2016

Dal festival di Cannes al cinema, il nuovo film dei fratelli Dardenne "La ragazza senza nome". Una dottoressa ossessionata dal senso di colpa

Il nuovo film dei fratelli Dardenne si evolve come un giallo e, sebbene si svolga sullo sfondo dell’attualità sociale, è incentrato sui sensi di colpa della protagonista, una giovane medico
impegnata nella sua professione in modo giustamente altruista e disinteressato. Jenny (Adèle Jaenel), giovane dottoressa di base, si sente in colpa per non aver aperto la porta del suo ambulatorio dopo l’orario di chiusura - anzi di non aver nemmeno risposto al citofono perché impegnata a discutere con uno stagista -, a una ragazza di origini africane trovata di lì a poco cadavere nelle vicinanze. Dopo aver appreso dalla polizia che non c’è modo di identificarla, Jenny ha solo un obiettivo: scoprire la sua identità, così che possa avere un nome sulla tomba. Ma
così facendo dà ‘fastidio’ non solo ai concittadini, forse implicati, ma anche alla malavita locale e persino alla stessa polizia, dato che la ricerca della verità sul caso finisce per scoprire segreti e ricatti, corruzione e connivenza. Infatti, l’indagini di Jean-Pierre e Luc Dardenne porta a scoprire una società che condivide disagio e indifferenza, paure e sottomissione per cui tutti e ognuno finiscono per sentirsi in colpa anche di atti commessi da altri, che spesso non vediamo o ci rifiutiamo di vedere.
“La fille inconnue” (titolo originale), presentato al Festival Cannes, non aveva convinto né pubblico né critica, ma se il duo registico abbandona la camera in spalla per fare delle riprese tradizionali, non fa altrettanto con l’ambientazione – un quartiere popolare di Liegi – né col loro impegno, usando la protagonista, giovane (qualcuno ha obiettato persino l’età del medico) onesta e impegnata, ossessionata dal senso di colpa, da quel ‘se’ aprivo non sarebbe successo, per dire che
a volte basta un semplice gesto per salvare una vita, fatto che del resto la giovane fa ogni giorno, assistendo i suoi pazienti persino a domicilio. Di certo non si tratta di uno dei loro film migliori, magari meno radicale e forse più psicologico, ma comunque di un buon film, di un giallo che attraverso le indagini si scoprono più vizi che virtù della società contemporanea, globale in senso negativo, cioè attraverso problemi sociali, disagi, incertezze e sensi di colpa, appunto.
“All’inizio, c’era solo il personaggio di una dottoressa che chiamavamo Jenny – dice Jean-Pierre Dardenne -. Ne abbiamo parlato per diversi anni. Una dottoressa che si sente responsabile della morte di una giovane immigrata non identificata, e che cerca di scoprire il suo nome perché non venga sepolta in forma anonima e non scompaia come se non fosse mai esistita”. “I personaggi – ribatte Luc - manifestano diverse reazioni psicosomatiche: attacchi di vertigini, mal di stomaco, crisi epilettiche… Il corpo risponde sempre per primo: parla, esprimendo cose che
non riusciamo a dire con le parole. Jenny entra in sintonia con la sofferenza dei pazienti. E mentre cerca di aiutarli, continua le sue indagini per ricostruire l’identità della ragazza morta, la sconosciuta (del titolo originale ndr.)”. “Volevamo che Jenny fosse una persona capace di ascoltare le parole – aggiunge Jean-Pierre - e i corpi dei suoi pazienti. Questa sua capacità di ascolto fa di lei una ‘levatrice della verità’, e dell’ambulatorio un confessionale”.
In ruoli minori i loro attori feticci, Olivier Gourmet (figlio di Lambert), Fabrizio Rongioni (dott. Riga), Jérémie Renier (padre di Bryan), e assecondano la protagonista Olivier Bonnaud (Julien), Louka Minnella (Bryan), Christelle Cornille (madre di Bryan), Nadège Ouedraogo (cassiera cybercafé), Pierre Sumkay (sig.re Lambert), Yves Larec (dott. Habram), Ben Amidour (ispettore Ben Mahmoud), Laurent Caron (ispettore Bercaro), Jean-Michel Balthazar (diabetico), Thomas Doret (Lucas), Marc Zinga (protettore), Morgan Marin (gruista). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 ottobre distribuito da Bim Film

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