lunedì 31 ottobre 2016

Esce in Italia l'ultimo film di Rodrigo Plà con Jana Raluy. Una donna disperata in lotta contro "Un mostro dalle mille teste" e nessun cervello

Il regista, uruguayano di nascita e messicano d’adozione, Rodrigo Plà a Roma e poi in ‘tour’, da Torino a Perugia, per presentare “Un mostro dalle mille teste”, film d’apertura nella Sezione Orizzonti della 72.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Autore della sorprendente opera prima “La zona”, Leone del Futuro - Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis e premio Fipresci al Toronto International Film Fest, nel 2007. Ad oltre un anno dalla proiezione veneziana, il suo quarto lungometraggio (preceduto da
“Desierto adentro”, 2008, presentato alla Semaine de la Critique a Cannes e Premio Mayahuel per il miglior film a Guadalajara; e “La demora”, 2012, Premio della Giuria Ecumenica a Berlino) arriva ora nei cinema italiani, grazie a un distributore indipendente, Paolo Minuto, che ha detto “l’importante nel mercato italiano è fare resistenza con un cinema diverso dal prefabbricato, in un sistema ormai radicalizzato fra intrattenimento e cinema d’autore”. “Un mostro dalle mille teste” è un thriller della disperazione in una società in cui lo Stato è assente, dove la malasanità – soprattutto se affidata a compagnie d’assicurazione private e/o multinazionali, corrotte e negligenti – e la irremovibile burocrazia, trionfano portando alla disperazione i cittadini.
“Un animale che soffre non piange, morde”, quindi, nel disperato tentativo di salvare la vita a suo marito, Sonia Bonet (la rivelazione Jana Raluy, attrice proveniente dal teatro e al suo primo ruolo cinematografico), riuscendo ad ottenere per lui le cure mediche (soprattutto un farmaco salvavita) di cui ha bisogno per sopravvivere, intraprende una lotta contro la sua compagnia di assicurazione che nega il trattamento, e contro i rappresentanti complici, spingendo così, se stessa e suo figlio Dario (Sebastian Aguirre Boeda) all’interno di una vertiginosa spirale di violenza. “Se c’è una somiglianza con ‘La zona’ – esordisce il regista alla conferenza stampa – è nel fatto che privilegiamo (la moglie Laura Santullo è autrice del soggetto e cosceneggiatrice ndr.) personaggi che sbagliano, Sonia ad un certo punto comincia a fare cose sbagliate, errori che vanno contro i propri valori e principi. Personaggi che aborrono la violenza finiscono per usare la violenza. E’ disperata, in preda alla sua vulnerabilità, reagisce contro i suoi valori”.
Un dramma che nasce dall’osservazione della realtà e prende spunto – “è stato il detonatore” dice Plà - dalla visione anni fa del film canadese “The Corporation” e tutta la vicenda viene ricostruita in soggettiva, attraverso la memoria dei testimoni che narrano la loro versione dei fatti, spesso in contraddizione con quello che è realmente accaduto e che lo spettatore vede. Un po’ come nel non dimenticato capolavoro di Akira Kurosawa “Rashomon”, solo che qui ognuno racconta i fatti secondo il suo punto di vista, durante il processo che inizia quando il film finisce. Nato come un romanzo di finzione – ma ispirato a fatti che accadono nella nostra società contemporanea e non solo in Messico - che poi, sempre insieme alla moglie, l’autore ha sceneggiato offrendo agli interpreti la ‘prosa’ di ogni scena, per dar loro la
possibilità di improvvisare e vivere le situazioni e le emozioni della vicenda. E su tutto c’è un filo d’ironia, quasi di humour nero, che riporta al quotidiano, alla realtà che ci circonda. “Infatti, in questo film c’è una certa dosi di humour – confessa Plà -, come nella realtà, le situazioni tragiche, per assurdo, diventano umoristiche; non tutto è drammatico, ci sono delle sfaccettature. Il film analizza un sistema che agisce senza etica né morale, un problema di enorme importanza, e attraverso cui possiamo costatare l’assenza dello Stato, la presenza della violenza contro noi cittadini, che ci sentiamo fragili e indifesi. E’ una situazione drammatica perché queste ‘corporazioni’ godono dell’immunità, però non bisogna dimenticare che si tratta anche di finzione, ovviamente (e per fortuna ndr.) non sempre succede così. In realtà, io prendo in considerazione lo sguardo dell’altro, e spesso la ricostruzione della memoria è distorta. Sono tutti punti di vista che
abbiamo ricostruito cercando un equilibrio, ma forse mancano delle sfumature. La situazione può essere inimmaginabile per i messicani stessi, in Messico è così convulsa, squilibrata, che non è facile identificare i responsabili. Forse abbiamo messo poco in discussione la protagonista, ma sul set circolavano molte idee che sono poi finite nel film, tutte le interpretazioni sono valide, ma le società di assicurazione sanitaria agiscono senza responsabilità etica né morale. Appunto, ‘un mostro dalle mille teste e nessun cervello”. “Una madre, suo figlio e un’arma – spiega il regista nelle note -. L’incapacità di piangere e un errore. Una tragedia personale gettata nella pubblica piazza. La salute, un diritto umano minato, che diventa una questione di soldi. Le grandi aziende e la mancanza di responsabilità etica e morale visualizzati da questi ‘mostri’ dei tempi moderni. L’inefficienza, la burocrazia e la corruzione come tanti nemici del cittadino comune”.
Perciò il film colpisce lo spettatore, prima al cuore poi al cervello, e lo spinge a trovare il suo punto di vista. Non a caso, la protagonista si trova in una situazione simile a quella del protagonista del film di Ken Loach “Io, Daniel Blake”, anche lui, ma per lavoro, si trova a combattere contro la burocrazia di un sistema che dovrebbe aiutare e sostenere i cittadini ma, invece, finisce per ucciderli, e nemmeno indirettamente. “Con Loach condividiamo le problematiche sociali – spiega l’autore -, e si uno si ferma su un tema lo fa avvicinando le persone, concentrandosi su un personaggio, nel nostro caso su una donna che instaura una duello con la burocrazia ed è incapace di accettare il lutto. In una società in cui l’individuo diventa un numero, un dato statistico, si tratta di seguire le persone nel suo periplo.
Perciò all’inizio abbiamo avuto l’idea soggettivista, per mostrare la memoria distorta di chi la ricostruisce, e per questo viene enfatizzata dalla voce fuori campo che contraddice quello che stiamo vedendo: gli specchi, i fuori quadro o fuori campo, le immagini riflesse. E’ un esempio il personaggio che, negli spogliatoi, dice di aver visto sparare; in realtà non ha visto niente, si è voltato dopo aver sentito lo sparo, ha visto soltanto la donna impugnare la pistola. L’unico momento oggettivo è l’ultimo, dove il quadro è diviso in quattro (l’inizio del processo ndr.)”. “Ci piace pensare che ciò che siamo – dichiara il regista -, che ognuno di noi è, è relativo al mondo in cui gli altri ci vedono. Gli altri ci definiscono, persino, come soggetti. Ecco dove abbiamo preso l’idea di giocare con degli specchi che, allo stesso momento, riflettono e deformano la nostra visione della protagonista da punti di vista soggettivi. Questo lascia spazio all’empatia, ma anche alla paura e al rifiuto, a seconda dell’esperienza di ogni personaggio (e di ognuno di noi ndr.) che incrocia il percorso di questa donna nella sua ricerca frenetica”.
“Non tutti i registi americani vogliono andare a Hollywood – risponde all’ultima domanda, e conclude -, già quando avevo fatto un corto con Gael Garcia Bernal (“El ojo en la nuca, 2000) ho avuto tante richieste, ma in Messico lavoro in grande libertà, mi sono trasformato in produttore, ho soci e collaboratori con i quali lavoriamo in modo creativo libero e indipendente. Ho un paio di progetti, uno “Guardia e custodia”, e “L’altro Tom”, ambientato nel sud degli Stati Uniti ma prodotto con soldi messicani e che dovrei girare l’anno prossimo; storia di una giovane madre con un figlio piccolo, e tanti problemi: passiamo dall’assenza ad uno Stato onnipresente e ingerente nella vita dei cittadini”. Nel cast Hugo Albores (Dr. Villalba), Nora Huerta (Lilia), Emilio Echeverria (Enrique Sandoval Nunez), Ilya Cazés (il notaio), Noé Hernandez (portiere di notte), Veronica Falcòn (Lorena Morgan), Ursula Pruneda (Monica), Marisol Centeno (assistente di Lorena Morgan), Guillermo Castrejon (marito di Sonia) e Daniel Giménez Cacho (Nicolas Pietro). José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 3 novembre distribuito da Cineclub Internazionale in versione originale in spagnolo con sottotitoli italiani UN MOSTRO DALLE MILLE TESTE – FESTIVAL E PREMI Biarritz International Festival of Latin American Cinema: Premio Speciale della Giuria Friboug International Film Festival: nomination per il Gran Premio Havana Film festival: Premio alla Miglior Attrice (Jana Raluy) Hermosillo International Film Festival: Premio per la Miglior Attrice; la Miglior Sceneggiatura e Miglior Film del Futuro Istanbul International Film Festival: nomination per gli Spirit of Freedom Awards Miami Film Festival: nomination per il Knight Competition Grand Jury Prize
Morelia International Film Festival: Miglior Attrice protagonist Tokyo International Film Festival: nomination per il Tokyo Grand Prix Tromso International Film Festival: nomination per l’Aurora Award Warsaw International Film Festival: Premi per il Miglior Film e per la Miglior Attrice Ha vinto in Messico il Premio Ariel (l’equivalente dell’Oscar) come Miglior Sceneggiatura Adattata e Miglior Adattamento Cinematografico.

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