giovedì 2 marzo 2017

I troppi mali del Bel Paese vengono fuori follemente nella commedia "Omicidio all'italiana" di Maccio Capatonda, fra turismo horror e tivù del dolore, anzi dello sciacallaggio

Approda nelle sale l’attesa ‘commedia seconda’ sceneggiata, diretta, interpretata e montata da Maccio Capatonda, ovvero Marcello Macchia, “Omicidio all’italiana”, dopo l’esordio del prolifico e instancabile autore - popolarissimo grazie al web -, nemmeno due anni fa con “Italiano medio”. La sua comicità post-demenziale, o surreal-parodistica che dir si voglia, prende spunto dalla realtà per farci ridere e al tempo stesso riflettere sui mali del Bel Paese. Infatti, stavolta viene messa alla berlina la tivù una volta denominata spazzatura, oggi cosiddetta del dolore, cioè i reality che fanno leva (sciacallaggio) sui fatti di cronaca più efferati ed è disposta a tutto in nome dello share. Ma, ovviamente, non è l’unico male che ci affligge.
La vicenda è presto detta. Un misterioso omicidio sconvolge la triste routine di Acitrullo, sperduto paesino dell’entroterra abruzzese. Quale occasione migliore per il sindaco Piero Peluria (Capatonda) e il suo stralunato vice Marino Peluria (Luigi Luciano alias Herbert Ballerina, reduce dell’esordio da protagonista in “Quel bravo ragazzo”) per far uscire dall’anonimato e dar nuova vita all’ormai disabitato (popolazione 16 anime) borgo?
Oltre alle forze dell’ordine, infatti, accorrerà sul posto la troupe del famigerato programma televisivo “Chi l’acciso?” e la cinica star che lo conduce, Donatella Spruzzone (irresistibile Sabrina Ferilli, una via di mezzo tra la criminologa Roberta Bruzzone e Barbara D’Urso), detentrice della ‘verità’. Grazie alla trasmissione e alla furbizia – si fa per dire - del sindaco, Acitrullo diventerà in men che non si dica famosa tanto quanto e più di Cogne! ‘Ma sarà veramente un efferato crimine o un… omicidio a luci grosse?’ A voi scoprirlo, anzi ne sarete testimoni, tra una risata e un sorriso.
“Il film non condanna il giornalismo – spiega Capatonda -, ma soprattutto il turismo dell’orrore. Prima di scrivere sono stato a Cogne, dove mi hanno raccontato che allora i reporter, e non la gente comune, addirittura spiavano dalla finestre delle case. Ogni volta scatta una curiosità morbosa come si trattassi di una fiction, una soap-opera o del calcio. La conduttrice-presentatrice è spietata, ma la realtà è peggio. Ho calcato la mano sul tour operator, ma le idee più cattive, sono state superate dalla realtà”.
Perché la comicità di Capatonda è tutta un gioco di parole, di nomi storpiati e di rimandi, di citazioni e riferimenti non solo alla cronaca nera, ma anche al sociale, al (mal) costume, al cinema e persino al politico. Tra corruzione e sfruttamento, verità e menzogna, non si salva quasi nessuno, nemmeno in sala. Forse l’unico personaggio positivo è la poliziotta Gianna Pertinente (nome omaggio a Pertini, interpretata da Roberta Mattei) perché, onesta e responsabile, si ostina a portare le indagini fino in fondo per arrivare alla verità, comoda o scomoda che sia.
“Salverei la categoria della poliziotta – prosegue -, il personaggio della Pertinente è la cartina di tornasole della situazione. Poi salverei il sindaco, il mio personaggio, perché ci si identifica in lui, in fondo è simpatico e agisce con ingenuità. Il film è incentrato sulla ricerca di notorietà, ma alla fine si capisce l’importanza del ‘non’ essere famosi. Infatti, ci sono cose che meritano di non essere sapute; anzi tante che potremmo benissimo non conoscere fino in fondo”.
La comicità virale del fenomeno della rete Capatonda colpisce tutti, spettatori inclusi, dato che la tivù spazzatura continua ad esistere perché il pubblico la sostiene anche con una curiosità morbosa, anzi mostruosa, tanto da far scattare una sorta di turismo dell’orrore nei luoghi dove sono accadute tragedie (vedi l’Isola del Giglio) o dove sono stati commessi degli omicidi tanto efferati quanto inspiegabili (da Novi Ligure a Cogne, appunto). E nella sua commedia – scritta con Luciano-Ballerina, Gianluca Ansanelli, Daniele Grigolo, Danilo Carlani e Sergio Spaccavento - tutto funziona (o quasi) perché, come hanno dichiarato attori e tecnici, l’autore-
attore-regista è un ‘stakanovista pazzesco’ che è riuscito a inventarsi addirittura un nuovo dialetto (un “terronese strano nato al primo ciak, dopo mesi di prove”), a interpretare tre personaggi (oltre il sindaco, Filippo Bello ed Eugenio Normale) e ad amalgamare le ‘new entry’ con la sua squadra: Ivo Avido (agente Farina), Fabrizio Biggio (Antonello), Lorenza Guerrieri (Contessa Ugalda Martirio in Cazzati), Ninni Bruschetta (agente di viaggio), Antonia Truppo (Fabiola Normale) e Gigio Morra (commissario Fiutozzi). José de Arcangelo
(2 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dal 2 marzo distribuito da Medusa Film in 400 copie

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