giovedì 20 aprile 2017

La dolce-amara opera seconda di Ciro De Caro "Acqua di marzo", il ritratto di una generazione (la sua) senza occasioni né meritocrazia

Reduce del successo nazionale e internazionale dell’opera prima autoprodotta “Spaghetti Story”, Ciro De Caro affronta nuovamente la sua generazione in una commedia più sentimentale che brillante, dolce-amara ed esistenziale, per disegnare un quadro dell’Italia dei nostri giorni, dove mancano soprattutto le occasioni e
la meritocrazia. Un racconto ad incastri tra sogno e realtà, passato e presente, costruito in modo ellittico così come lo (ri)vive il protagonista, in parte alter ego del regista. Infatti, De Caro confessa “l’importante è essere un po’ presuntuosi attingendo a cose che accadono a me e a chi mi sta intorno, auto analizzarsi o autoanalizzarci”.
Libero (Roberto Caccioppoli), chitarrista costretto a lavorare in pubblicità, torna nella natia Battipaglia per dare l’addio alla nonna in fin di vita (ha 99 anni). Ma l’anziana non muore, e il passato che pensava di essersi lasciato alle spalle lo travolge. Libero viene catapultato in quel limbo adolescenziale mai superato veramente, mentre la fissità, non solo apparente, di quell’universo cristallizzato gli urla che il tempo
vola, e le cose cambiano. Però, un evento inaspettato come un acquazzone primaverile – di marzo, appunto – segna la fine dell’inverno. E in un atto di libera, sincera incoerenza, Libero chiude finalmente il cerchio. Sceneggiato, come il precedente, con Rossella D’Andrea (anche protagonista femminile nel ruolo di Neve), “Acqua di marzo” si discosta dalle solite commedie nostrane sugli ‘immaturi’ alle prese con la ‘crisi’, per dare voce e respiro ad una generazione costretta a prolungare all’infinito l’adolescenza, a bruciare i sogni di un futuro che per essa è già qui ed ora, se non è stato addirittura superato. E De Caro, con obiettività
ed intelligenza riserva alle donne la forza e il coraggio di cambiare e di andare avanti, nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Dalla ragazza che è stata il primo amore – oggi separata con figlia – all’attuale compagna, aspirante attrice lasciata a Roma, persino alla madre che avrà il coraggio di affrontare drasticamente il cambiamento. “Acqua di marzo” – dice il regista – “si può definire una commedia sentimentale, in cui si affrontano vari temi e vari aspetti psicologici dei ‘giovani adulti’, delle coppie dei nostri giorni, dei figli che non
riescono a smettere di essere figli anche se in apparenza sembrano maturi e indipendenti, dei genitori che non riescono a smettere di essere ‘genitori’. Ma soprattutto, pur raccontando il presente, racconta il passato, racconta l’adolescenza, anche se non si vede, racconta come tante persone taglino i ponti con le proprie radici, per fuggire, apparentemente dalla provincia, in realtà da qualcosa che non riescono ad affrontare, un mostro interiore, da un rimpianto, da un’adolescenza problematica che non è mai stata superata e che bisogna affrontare, prima o poi, per crescere veramente”.
Gli altri interpreti Claudia Vismara (Francesca), Nicola Di Pinto (il padre), Anita Zagaria (la madre), Sara Tosti e per la prima volta sullo schermo Gianni D’Andrea (il prete). Prodotto da Bruno Altissimi, Lino Banfi, Fabio Leoni e Walter Zagaria, “Acqua di marzo” era stato presentato in anteprima ad Alice nella Città - Kino Panorama nell’ambito della Festa del Cinema di Roma 2016. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 20 aprile distribuito dalla Mediterranea Productions

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