giovedì 11 maggio 2017

Un viaggio spaziale tra filosofia e spettacolo, thriller e horror in "Alien: Covenant", firmato dal suo 'creatore' Ridley Scott, per Fassbender

L’attesissimo prequel-sequel firmato dal suo ‘creatore’ Ridley Scott, “Alien: Covenant”, presentato in anteprima a Londra e, in chiusura, al Future Film Festival di Bologna, è – sempre tra fantascienza e horror – il ponte ideale tra il primo, sconvolgente, “Alien” (1979) e l’ultimo “Prometheus” (riproposto giorni fa
da Raidue), già prequel, di cui riprende il personaggio dell’androide interpretato da un raddoppiato Michael Fassbender, nei ruoli di David/Walter. Un’opera – esce in Europa prima che in America - che può deludere i fan della saga (riproposta nell’ultimo mese da Rai4) perché retta da una riflessione filosofico-esistenziale fra creazione e distruzione, potere e contaminazione, e i suoi riferimenti e citazioni vanno dal capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio” (l’inizio ma soprattutto in Hal 9000, l’invisibile cervello elettronico che controlla
l’astronave, non solo) e persino allo stesso “Blade Runner” (in arrivo il sequel firmato Denis Villeneuve, ambientato 30 anni dopo l’originale), da “A.I. Intelligenza artificiale” persino a “Solaris”. Non a caso già nel prologo viene fuori l’eterno quesito che riguarda tutti noi: “chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo”. Infatti l’androide domanda al suo creatore: “tu mi hai creato, allora sei tu Dio?”. E, forse, anche Alien ha un suo creatore (folle), o sono solo le nostre ambizioni e paure a generare i mostri? Così come chi si sente Dio sulla Terra.
Comunque il film, che sembra sigillare la serie – ma è previsto un terzo prequel-sequel – offre quel che promette e coinvolge, nonostante il susseguirsi di situazioni prevedibili per chi non solo conosce e l’ha seguita attraverso i sequel, diretti da registi diversi (da James Cameron a David Fincher e Jean-Pierre Jeunet). E se l’alieno è sempre lo stesso e ‘ricicla’ la sua nascita, incubandosi nei corpi umani, l’androide ha suo gemello, e secondo lo stereotipo umano, uno buono l’altro cattivo.
Dieci anni dopo la precedente puntata, l’astronave Covenant trasporta migliaia di coloni e di embrioni verso un pianeta dalle caratteristiche simili al nostro. Ma l’equipaggio dormiente, sotto la veglia del fedele androide Walter (Fassbender), viene risvegliato dall’esplosione di una stella che provoca danni alla nave ma anche decine di morti tra i ‘migranti’. Però durante la lunga traversata nello spazio s’imbatte in un altro pianeta che sembra avere le stesse caratteristiche e che è ‘otto anni’ più vicino dalla destinazione finale. Decidono di fermarsi lì ma, ovviamente troveranno, anziché un paradiso l’inferno… extraterrestre.
Sceneggiato da Michael Green, Jack Paglen e John Logan, “Alien: Covenant” non presenta grandi sorprese, si avvicina sempre di più alle misteriose origini dell’alieno madre, e riserva qualche attimo di suspense e brivido e si avvale di un Fassbender doppio, anche se lo spettatore riesce a prevedere in ‘lui’ dei particolari che l’equipaggio sembra non notare. Ma Scott recupera il suo tocco elegante e al tempo stesso ‘orrorifico’ del primo film, offrendo un’ottima resa ‘visiva’. Del resto la corretta Katherine Waterston (Daniels) ha il fisico (e il duro allenamento) ma non la grinta di Sigourney Weaver, affiancata da James Franco (Branson), Billy Crudup (Oram), Carmen Ejogo (Karine), Danny McBride (Tennessee), Demian Bichir(Lope), Jussie Smollett (Ricks),
Callie Hernandez (Upworth) e Guy Pearce (Peter Weyland) nell’accattivante prologo. La protagonista femminile l’abbiamo vista in “Animali fantastici e dove trovarli”. Le riprese sono durate 74 giorni tra lo studio Fox in Australia e in esterni a Milford Sound, in Nuova Zelanda (e si riconosce dai paesaggi che ricordano “Il Signore degli Anelli”) . E, come “Alien” (1979) è vietato ai minori di 14 anni, come lo stesso autore voleva. José de Arcangelo
(3 ½ stelle su 5) Nelle sale italiane dall’11 maggio distribuito da 20th Century Fox Italia

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