lunedì 27 febbraio 2012

Alla notte degli Oscar trionfa il cinema della memoria e della fantasia: 5 statuette a testa per "The Artist" e "Hugo Cabret"

Los Angeles, 26. Confermato il trionfo del francese “The Artist” – ma girato interamente a Los Angeles - alla Notte degli Oscar 2012, in una cerimonia quest’anno molto formale e seriosa, anzi piatta, nonostante la conduzione del veterano presentatore (per la nona volta) Billy Crystal, e la presenza delle star più amate e invidiate del pianeta. Dai Brangelina a George Clooney, accompagnato dalla nuova fiamma; da Tom Cruise (premiato il miglior film) a Penelope Cruz.
Pochi numeri musicali e scenette comiche come nelle vecchie edizioni - per un programma, come di consueto, rispettato al secondo -, tranne lo spettacolare omaggio al cinema dal Cirque du Soleil
, della figlia d’arte Victoria Chaplin. Non a caso ha vinto i maggiori premi un film muto e in bianco e nero, delizioso e impeccabile omaggio al cinema hollywoodiano fine anni Venti, ovvero del periodo di passaggio dal muto al sonoro. Cinque statuette alla pellicola francese – alla pari con il film di Scorsese “Hugo Cabret” che però si è aggiudicato altrettante ma ‘tecniche’ – per il miglior film, regia (Michel Hazanavicius) e attore protagonista (Jean Dujardin, scelta che ha tolto dall’imbarazzo gli amici Clooney e Pitt, entrambi nominati), oltre che per la colonna sonora di Ludovic Bource e i costumi di Mark Bridges.
Al film di Martin Scorsese, quelli più importanti per la miglior scenografia (per la terza volta dopo “The Aviator” e “Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Flett Street” di Tim Burton, e su nove nomination) ai nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo – che lo ha dedicato al regista e all’Italia, che da 13 anni non è in primo piano – e per la miglior fotografia a Robert Richardson (due Oscar già vinti per “JFK” di Oliver Stone e “The Aviator” dello stesso Scorsese su sette nomination). Gli altri tre per il montaggio (Philip Stockton, Eugene Gearty) e il missaggio (Tom Fleischman e John Midgley) sonori, e gli effetti speciali visivi (Robert Legato, Joss Williams, Ben Grossmann e Alex Henning)
Così prevedibile che non se lo aspettava nemmeno lei, quello alla pluripremiata (tra gli altri 6 Golden Globes) Meryl Streep che lo vince per la terza volta (su diciassette nomination), a scapito delle colleghe, e soprattutto di Glenn Close, ennesima nomination per “Albert Nobbs”, ma non ancora vincitrice dell’agognata statuetta.
“The Iron Lady” si è aggiudicato anche, meritatamente, quello per il miglior trucco (Mark Coulier e J. Roy Helland) che ha ‘trasformato’ l’attrice in una credibile Thatcher.
La miglior attrice non protagonista è l’afroamericana Octavia Spencer per “The Help” che ha superato le colleghe Jessica Chastain, la star in ascesa di “Tree of Life”, candidata per lo stesso film; la francese Bérénice Bejo per “The Artist” (e moglie del regista); Melisa McCarthy per “Le amiche della sposa” e Janet McTeer per “Albert Nobbs”. Per il miglior attore non protagonista finalmente ha vinto Christopher Plummer per “Beginners” (ancora inedito in Italia) che, a 82 anni, ha battuto il record per il vincitore dell’Oscar più anziano. Sconfitti l’altro grande, coetaneo, Max von Sydow per “Molto forte, incredibilmente vicino” (che vedremo prossimamente), Nick Nolte per “Warrior” e il giovane (rivelazione) Jonah Hill per “L’arte di vincere” dove recita accanto all’altro sconfitto della serata, Brad Pitt. Però tra i protagonisti erano candidati anche un’inimitabile Gary Oldman per “La talpa” e il messicano Demian Bichir per “A Better Life”.
A “Paradiso amaro” è andata la statuetta
per la miglior sceneggiatura non originale di Alexander Payne (anche regista), Nat Faxon e Jim Rash; mentre per quella originale a Woody Allen, premiato dall’Academy dopo venticinque anni, cioè da quello per la sceneggiatura di “Hannah e le sorelle”.
A “Millennium - Uomini che odiano le donne” l’Oscar per il miglior montaggio (Angus Wall e Kirk Baxter); e a “I Muppet” quello per la miglior canzone, “Man or Muppet” di Bret McKenzie.
Oscar per il miglior film straniero all’iraniano “Una separazione” di Asghar Farhadi, che ha giustamente sbaragliato gli altri film candidati dai rispettivi paesi, due europei (Belgio e Olanda), Israele e Canada, non usciti in Italia, che crediamo non siano all’altezza di questa lucida e originale riflessione sulla coppia e sulla società contemporanea.
Miglior lungometraggio d’animazione all’originale e cinefilo “Rango” di Gore Verbinski e miglior cortometraggio “The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore” di William Joyce e Brandon Oldenburg. Non ce l’ha fatta (per Pixar) Enrico Casarosa con “La luna”, l’altro italiano in gara.
Il premio per il miglior documentario di lungometraggio è andato a “Undefeated” di Daniel Lindsay, T.J. Martin e Rich Middlemas, e per il cortometraggio doc a “Saving Face” di Daniel Junge e Sharmeen Obaid-Chinoy, americano ma girato in Pakistan, dove le donne vengono deturpate dai mariti con l’acido. Miglior corto di finzione è “The Shore” di Terry George.
Insomma ha trionfato il cinema del sogno
e della memoria, tra viaggi nei ricordi del passato e avventure nella fantasia degli autori e degli spettatori. E per questa nostra era digitale non è male, perché bisogna sempre rivedere i capolavori del passato e riscoprire il potere onirico, magico e artistico del grande schermo, difficile da imprigionare in un dvd o in un cellulare.
José de Arcangelo

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