A circa un anno e mezzo dalla presentazione al Festival Internazionale del Film di Roma 2010, esce finalmente in sala venerdì 24 "La scomparsa di Patò", tratto dal romanzo di Andrea Camilleri, diretto da Rocco Mortelliti e con un cast di tutto rispetto, distribuito da Emme
Cinematografica in 30 copie. Una sorta di giallo in costume, ma non solo, con tanti rimandi al nostro presente.
"Quando uscì il libro, Rocco se ne innamorò immediatamente - esordisce lo stesso Camilleri alla presentazione romana in un noto ristorante del centro - e mi confessò la voglia di farne un film. 'Se hai la possibilità e i mezzi fallo', gli dissi. E' stato un amore a prima vista, io ci ho messo mano pochissimo, così com'era stato per la fiction televisiva. Se ci sono buoni sceneggiatori sono loro i veri traduttori in immagini. Preferisco siano gli specialisti del settore a farlo, il film è del regista, a me è arrivata la sceneggiatura già pronta, scritta da loro (Mortelliti e Nichetti ndr.), c'erano tutte le esigenze principali del racconto. Il libro è strutturato in una sorta di dossier, l'autore ha una gran quantità di documenti, e si dice 'ora fai il tuo romanzo'. Un po' quello che è successo a Mortelliti, ha fatto il film basandosi su questi elementi. Il perché e il per come un uomo intende scomparire, uno spunto che mi è stato dato da tre righe con cui Sciascia chiude 'A Ciasciuno il suo': 'è scomparso come scomparve Patò...".
"Come tutti noi abbiamo pensato almeno una volta nella vita, Patò disse: 'piglio il treno e me ne vado, ora ve la vedete voi', e lo fece fregando anche la mafia. E' un racconto sulla supponenza, la stupidità del potere che vuole che un certo fatto segua le sue regole, sia visto con i suoi occhi, attraverso due poveracci subordinati che devono rischiare la carriera. E loro se ne calano fuori con uno escamotage, un'intelligenza e una furberia tutta meridionale. C'era già tutto questo nell'ambientazione e nei dialoghi. E così ho detto: Buon lavoro ragazzi!"
Vigata, 1890, Venerdì Santo. Nella piazza viene messo in scena il ‘Mortorio’ (la Passione di Cristo), nella quale l’integerrimo e irreprensibile direttore della sede locale della Banca di Trinacria Antonio Patò (Neri Marcorè) interpreta la parte di Giuda. Ma dopo la finta impiccagione Patò che, accompagnato dagli improperi del pubblico, cade in una apposita botola, scompare nel nulla…
"Il burocratese del libro mi piaceva tantissimo - ribatte Mortelliti -, e a indagare c'erano due siciliani, ma io volevo uno dal 'nord' (Napoli). Poi abbiamo 'tradito' il finale facendo vedere dove è finito Patò che nel libro non c'era. E il film si sta vendendo un po' in tutto il mondo, inclusi gli Usa tramite Raitrade. Il fatto è che
abbiamo visto per la prima volta Camilleri al cinema".
"Lo voglio ringraziare per questo romanzo epistolare - prosegue lo sceneggiatore Maurizio Nichetti – e per questa storia che nessun palinsesto aveva previsto. Per me è una passione che resta da tre anni".
"Quando si scrive ti scorrono in mente tante cose che hai visto - confessa lo scrittore -, Hitchcock l'ho sempre amato e adorato, è capace che ci ho messo inconsciamente anche lui. Lo scrittore è figlio di tanti padri; e anche di tanti film. Se c'è, è qualcosa di inconscio, quella certa ironia che Hitch metteva in tante cose".
"Questo Patò è di ieri, ma il fatto diverso è che ancora oggi ci sono tanti farabutti che fanno l'imbroglio ma mica scompaiono - chiosa Marcorè che è il protagonista della vicenda -. Guidano le navi, fanno i politici, solo che attualmente anche se ti trovi su un'isola sperduta del Pacifico non ti lasciano in pace, tanto che alla fine devi ritornare".
"Ho scritto la canzone 'vesto altri panni' – confessa il regista - e poi ho scoperto di averla preso inconsciamente da 'Arlecchino servitore due padroni'.”
"Sono contento che finalmente Patò ricompaia (nel senso di film ndr.) - riprende Marcorè -, non si sia 'demorso'. Rocco mi ha proposto le premesse per un lavoro anche divertente, interessante emblema dell'italiano contemporaneo, perché si fa sempre fatica a trovare il responsabile. Un politico tedesco si è dimesso dopo 5' per uno pseudo scandalo, invece qui mica se ne vanno. Interpretare i farabutti è sempre più divertente e poi ho avuto dei compagni di viaggio ottimi. Giravamo in Sicilia a febbraio e allora nevicò anche lì".
"Mi sono trovato benissimo con Antonio Casagrande - dichiara Nino Frassica, il maresciallo dei Carabinieri
Paolo Giummaro - perché viene dalla stessa scuola del teatro, quella della farsa dialettale. Per interpretare uno che vive in provincia, che conosce tutti quelli del paese, che dovrà forse arrestare parente, un vicino. Per uno che conosce il carattere, recitare in dialetto è più vero. Neri fa il siciliano ma ha imparato il dialetto del luogo. Una volta arrivato è andato in giro a parlare con le persone, il guaio che ha incrociato un bus pieni di bergamaschi – scherza -. E poi ha dovuto ricominciare da capo. Non era siciliano ma ora parlandolo sembra. Ma ci sono attori che parlano un siciliano che noi odiamo. Rocco è stato formidabile, ci ha dato la sceneggiatura già pronta, non dovevi inventare niente, e poi se avevamo qualche dubbio potevamo sempre chiamare l'autore ‘vivente’ del libro".
"Noi siamo abituati a fare personaggi visti dagli altri dall'alto, con un punta di superiorità - afferma Casagrande (che è Ernesto Bellavia, capo della Pubblica Sicurezza) -, invece arrivare dal ‘nord’ come personaggio, da una Napoli più colta, più industrializzata; ci si immerge in una realtà che sembra antica e insignificante ma poi scopre che è profonda. Una Sicilia ancora più profonda in quel periodo".
"Ho un minuscolo ruolo - aggiunge Guia Jelo -, ma sono sempre felice di farlo, mi sono buttata con amore ed entusiasmo in un film in cui anche mio padre ha una piccola parte, il parroco. Ed ora non c'è più, perciò lo dedico a lui".
Ma nel cast c’è anche Alessandra Mortelliti, figlia del regista e nipote dello scrittore nel ruolo della moglie dello scomparso, che dice “lavorare con mio padre è stato rassicurante ma allo stesso tempo difficile, perché mi riprendeva sempre e ho dovuto fare ‘meno’, mentre avrei preferito farla un po’ sopra le righe, anzi comica”. E poi: Flavio Bucci (Arturo Bosisio), Gilberto Idonea (Liborio Bonafede), Simona Marchini (principessa Imelda Sanjust), Manlio Dovì (Calogero Pirrello), Franco Costanzo (ragioniere Cardillo), Giacinto Ferro (prefetto Tirirò), Pippo Crapanzano (Artidoro Pecoraro), Alessia Cardella (Rachele Infantino), Giovanni Calcagno (Ciarramiddaro), Danilo FOrmaggia (Marchese Cantante), Alessandro Scarpetti (Giovanni Abbate), Francesco Capizzi (mastrodascia Vapano) e il grande Roberto Herlitzka (becchino Don Carmelo).
Il film è stato prodotto da Donatella Palermo per 13 Dicembre in associazione con Emme Cinematografica e S.Ti.C. Cinematografica con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con Rai Cinema (ma non distribuito da 01) e con la Regione Sicilia e Sicilia Film Commission.
José de Arcangelo
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