venerdì 15 giugno 2012

Un demenziale "dittatore" che ricorda qualcun altro, anzi tanti altri

Chi ama e ammira l’attore e il personaggio Sacha Baron Cohen, lo segua e si divertirà anche più del solito; gli altri – inclusi i detrattori – forse, saranno sedotti e coinvolti perché stavolta si tratta di un vero e proprio film - demenziale quanto volete e preceduto da pellicole illustrissime - che funziona principalmente sul versante comico-satirico, non solo sull’esempio del famigerato Gheddafi, ma anche della politica statunitense e internazionale. Quindi c’è una storia e anche una sostanza. Anche qui, come nell’intramontabile capolavoro di Charlie Chaplin “Il grande dittatore” (su Hitler e nazismo), c’è un sosia/controfigura, anzi più di uno, ma la sua vicenda si evolve in modo del tutto diverso. Casomai, è debole il finale, da commedia sentimental-romantica, quasi da favola che mal si adatta alla spietate cattiveria di personaggio e impostazione. Non mancano riferimenti e (corrosive) frecciate per tutti, incluse le spesso ingenue iniziative solidali, le cui buone intenzioni vengono ‘sfruttate’ da speculatori e profittatori. Non solo. La sua, si sa, è una comicità trasgressiva e caustica che non ha paura di cadere nella volgarità (visto che oggi ci circonda) né di scatenare polemiche, perché mette a repentaglio personaggi, situazioni e ambienti socio-politici che ben conosciamo. Diretto dal produttore e regista Larry Charles – che aveva firmato i precedenti “Bruno” e “Borat” -, Baron Cohen prende in prestito da Chaplin anche gli equivoci e la sorpresa, naturalmente rovesciandoli, dell’anziano, malinconico e deluso “Un re a New York”, per combinare invece guai e gag sempre catastrofiche ma in allegria. L’ammiraglio generale Haffaz Aladeen, dittatore che rischia la propria vita pera assicurarsi che la democrazia non arrivi mai nel paese che opprime con ‘tanto amore’, è a capo dello stato nord africano di Wadiya, ricco di petrolio ma isolato. Il paese è governato dall’antioccidentale e feroce Aladeen, fin da quando aveva sei anni, quando venne nominato Supremo Leader in seguito alla sfortunata morte del padre, ucciso in un ‘incidente di caccia’, dopo essere stato raggiunto da 97 proiettili vaganti e da una bomba a mano! Da sempre, il consulente di fiducia del ‘dittatore’ è stato lo zio Tamir (Sir Ben Kingsley), capo della polizia segreta, della sicurezza e procuratore di donne. Però il tanto disprezzato Occidente ha cominciato a ficcare il naso (e gli interessi) negli affari di Wadiya, tanto che l’Onu negli ultimi dieci anni ha ripetutamente sanzionato il paese, mentre “The Dictator” (titolo originale) non ha alcuna intenzione di ricevere un ispettore del consiglio di sicurezza nel suo impianto ‘segreto’ di armi. Ma dopo un attentato alla sua vita, lo zio lo convince di andare a New York per parlare alle Nazioni Unite delle loro preoccupazioni e lì per lui, iniziano i veri guai, perché si ritroverà straniero, sconosciuto, solo e senza un soldo in una sorta di esilarante e caotica versione contemporanea del “Principe e il Povero”. Baron Cohen è anche sceneggiatore con Alec Berg, David Mandel e Jeff Schaffer (tutti e tre anche produttori) ed è assecondato da un efficace cast: una Anna Faris (Zoey) quasi irriconoscibile in un look alla garçon, tanto che Aladeen la scambia per un ragazzo, dalla saga “Scary Movie” a “I segreti di Brokeback Mountain”; Sayed Badreya (Omar), Jason Mantozoukas (Nadal), camei di Megan Fox nel ruolo di stessa e di John C. Reilly (non accreditato). 2 (voti su 5) – José de Arcangelo Nelle sale dal 15 giugno distribuito da Universal Pictures International Italia

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