giovedì 19 luglio 2012
In bilico tra supersantino e supereroe il Lincoln "Cacciatore di vampiri" delude gli appassionati
I fan del produttore Tim Burton e del visionario regista Timur Bekmambetov (“Wanted - Sceglie il tuo destino”) verranno delusi perché l’avventura fanta-horror – ovviamente inventata -, che vede protagonista il padre della patria americano nelle vesti di supereroe, è troppo ‘seriosa’ per coinvolgere e non possiede quel pizzico di sana ironia che in questi casi si rivela una sorta di ‘mano santa’ per la riuscita di una storia che già in partenza sappiamo che non è altro che un irreverente falso storico.
Fin dal titolo si allude alla ‘leggenda’ (ma quello americano recita “Abraham Lincoln: Vampire Hunter”), ma poi la narrazione e l’ambientazione sono realistiche, a tratti convenzionali, anche quando lo stesso Burton afferma che “l’intera vita di Lincoln rispecchia la classica mitologia dei supereroi dei fumetti. E’ un dualismo: di giorno presidente degli Stati Uniti; di notte cacciatore di vampiri”.
Infatti, la pellicola ‘funzionicchia’ soprattutto nella prima parte, in cui il giovanissimo Lincoln agisce per vendicare la madre, uccisa quando lui era ancora un bambino da un oscuro male personaggio della notte, prima ancora che per un senso di giustizia e tolleranza, visto che tutta la vicenda non pretende essere altro che una palese metafora della ‘nascita di una nazione’, ovvero il nord tollerante e giusto contro il sud razzista e schiavista (sostenuto, appunto, dai vampiri padroni di piantagioni, ma anche banchieri ed altro).
Non è un caso che il nemico principale dei vampiri sia una delle più amate figure storiche mai esistite – l’autore del libro, visto che in occasione del bicentenario della nascita di Lincoln, aveva notato che i libri più venduti erano quelli su di lui e sui vampiri (“Twilight” e “True Blood” in primis) ha pensato che era il caso di unire le due cose -, che molti considerano il più grande presidente degli Stati Uniti. La pellicola racconta 45 anni della vita di Abraham Lincoln, dal 1820 al 1865, ed è ambientata nel Kentucky, Illinois e Louisiana, e ovviamente nella capitale, Washington. Forse questo fatto, che l’accomuna ai classici biopic, fa inceppare un meccanismo suggestivo visivamente e, soprattutto, nelle atmosfere della Lousiana e nelle ricercate immagine del regista russo, esaltate da un corretto uso del 3D, inclusi i soliti ‘effettacci’.
Però il difetto maggiore del blockbuster risiede proprio nella sceneggiatura – voluta da Burton – adattata dallo stesso autore del romanzo Seth Grahame-Smith (già autore dello ‘scandaloso’ “Orgoglio e pregiudizio e zombie” e produttore esecutivo), che sarà sicuramente fedele allo spirito, però manca di coerenza, diventa didascalica in una corsa (quasi frenetica) verso il finale e perde addirittura tutta la pur bonaria irriverenza dell’originale, che invece sul grande schermo doveva addirittura debordare per evitare di distrarre lo spettatore, con un protagonista (uno spaesato Benjamin Walker, fisico del ruolo e alto 1,90 m, e una certa somiglianza con Liam Neeson) in bilico tra supersantino e supereroe armato di ascia. Segno che non tutti gli scrittori sono per forza dei buoni sceneggiatori, anzi.
Inoltre, nel tagliare per ridurre la ‘corsa’, ha scollegato i diversi momenti, e non ci viene mai spiegato quale ‘metodo’ usano questi terribili signori della notte per spadroneggiare anche alla luce del sole, e perché sia l’argento il loro letale nemico (di solito riservato ai licantropi), mentre non spunta nemmeno una croce. Non saranno né romantici né sensuali né simpatici, come nelle ultime variazioni letterario-cinematografiche, però non sono nemmeno i ‘classici’, ambigui e fascinosi, succhiasangue di una volta.
Nel cast anche Dominic Cooper (da “Mamma mia!” a “Marilyn”) nel ruolo dell’unico vampiro ‘buono’ (anche lui nemico degli altri), Henry Sturges; Anthony Mackie (da “Million Dollar Baby” a “The Hurt Locker”), l’amico-assistente afroamericano Will Johnson, personaggio assente nel libro e, forse, aggiunto perché ‘politically correct’; Mary Elizabeth Winstead (da “A prova di morte” di Tarantino a il recente “La cosa”) in quello della moglie Marie Todd Lincoln; la modella e attrice Erin Wasson che è Vadonna; il grande Rufus Sewell (da “The Illusionist” a “Dark City”) in quello del terribile Adam; e Marton Csokas (da “Evilenko” alla trilogia del “Signore degli anelli”) in quello di Jack Barts.
2 – José de Arcangelo
Nelle sale dal 20 luglio distribuito da 20th. Century Fox Italia
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