venerdì 31 agosto 2012
In raro equilibrio tra melodramma iberico e fantascienza, la coinvolgente storia di "Eva"
Ancora una pellicola presentata – fuori concorso - alla 68a. edizione del Festival di Venezia che approda nelle sale italiane mentre è in corso la 69a. Un riuscito e suggestivo mix di dramma introspettivo e fantascienza possibile nell’opera prima “Eva” del catalano Kike Maillo.
Una pellicola – sceneggiata da Sergi Belbel, Cristina Clemente, Marti Roca e Aintza Serra - dove sentimenti e cibernetica si intrecciano per offrire a questo nostro mondo la possibilità di un futuro in cui uomini e macchine possano convivere senza necessariamente fondersi.
Alex (Daniel Bruhl, da “Goodbye Lenin” a “Bastardi senza gloria”), rinomato ingegnere cibernetico, torna nella cittadina di Santa Irene per portare a termine una missione molto particolare per la Facoltà di Robotica: creare un robot bambino.
Nei dieci anni in cui è stato molto lontano, il fratello David (Alberto Ammann, di “Cella 211”) e Lana (Marta Etura, da “Le 13 rose” a “Bed Time”) sono andati avanti con le loro vite. Il destino vuole che la routine di Alex venga vivacizzata dalla nipote Eva (Claudia Vega, una vera rivelazione), una bambina molto speciale e carismatica. Fin dal primo incontro, tra Eva e Alex nasce un legame speciale. E insieme affronteranno un viaggio che li condurrà a una rivelazione finale. Il tutto raccontato come un lungo flashback perché il prologo in realtà fa parte dell’epilogo, è il primo indizio per trovare la chiave del finale (a sorpresa).
Un film in cui Maillo riesce a fondere ottimamente - raggiungendo un raro equilibrio fra toni ed emozioni - il classico mélo cinematografico spagnolo con la fantascienza d’autore, ricca di citazioni e riferimenti, a partire da un’ambientazione contemporanea e al tempo stesso senza tempo – dai colori pastello come le favole, appunto -, ma che ricrea atmosfere anni Sessanta/Settanta del cinema mondiale del genere, e non solo americano.
“Tutto risale a quando ero piccolo – aveva detto al Lido l’autore -. Dovevo avere circa undici anni. Dopo un episodio di Dr. Who, popolato dai dalek, ho iniziato a fantasticare di girare un film ‘sul futuro’. Costruivo robot con le scatole da scarpe e delle uova, poi li facevo muovere con il filo da cucito. Naturalmente ciò accadeva molto prima che mi rendessi conto che i film devono raccontare delle storie, per lo più storie di esseri umani. E che raramente hanno successo quando si basano soltanto sulle convenzioni di un unico genere, come in questo caso la fantascienza. Eva è senza dubbio un film dal taglio malinconico, forse perché parla di un ritorno, o
magari perché descrive un futuro che ricorda il passato, oppure ancora perché sono io che mi rifiuto, per ragioni nostalgiche, di lasciare la mano di quel ragazzino che sognava di girare film sui robot”.
Bella la fotografia di Arnau Valls Colomer ed efficaci le musiche di Evgueni e Sacha Galperine.
3 (voti su 5) – José de Arcangelo
Nelle sale dal 31 agosto distribuito da Videa CDE
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