martedì 25 settembre 2012

In questo nostro mondo contemporaneo rischiamo tutti di diventare "Le Belve"

In arrivo nelle sale italiane – dal 25 ottobre in circa 350 copie distribuito da Universal Pictures International Italy – il nuovo film di Oliver Stone, dal romanzo di Don Winslow “Le belve” (Savages), un action thriller duro e crudo, violento e inquietante come la storia che racconta. E chi lo fa confessa: “Il fatto che io ti stia raccontando questa storia non significa che alla fine ne esca viva. E’ una di quelle storie in cui le cose vanno molto fuori controllo”. A presentare il film sono sbarcati a Roma il regista Stone, e due dei protagonisti John Travolta e Salma Hayek. Infatti, all’appello mancavano i giovani Taylor Kitsch (“John Carter”), Aaron Taylor-Johnson (“Kick-Ass”), Blake Lively (“The Town”) e, soprattutto, Benicio Del Toro.
Laguna Beach, sfavillante stazione balneare di Orange County, in California, è la dimora di privilegiati e di annoiati. La bella O (Lively) – diminutivo di Ophelia – è una persona molto particolare, come i suoi coinquilini, gli ‘imprenditori’ Ben (Taylor-Johnson) e Chon (Kitsch), un trio che condivide un amore unico nel suo genere (un po’ come dei ‘Jules e Jim’ contemporanei). Conducono una vita tranquilla, benestante, libera e senza problemi, resa possibile dall’attività lucrativa di Ben e Chon: producono la migliore marijuana mai coltivata prima d’ora. Impresari indipendenti ed ‘onesti’, sono gli eroi locali che forniscono il prodotto migliore e più richiesto. La loro famosa erba e il loro innovativo business hanno attirato l’attenzione del cartello dei narcos messicani di Baja, capeggiato dalla spietata Elena ‘La Reina’ (Hayek), affiancata dal suo brutale scagnozzo Lado (Del Toro), e dall’avvocato senza scrupoli Alex (Demian Bichir). Elena si impone ai giovani come socio e nessuno può opporsi alla
‘Reina’, senza sacrificare qualcosa a cui si tiene… “Mi è piaciuta soprattutto la struttura del romanzo – esordisce Stone -, ma gli autori non sempre sono d’accordo con i cambiamenti ma li devono accettare. Winslow (che ha scritto la sceneggiatura con lui e Shane Salerno ndr.) ci ha sostenuto, anche perché nonostante il suo sia un linguaggio veloce nel libro ci sono circa 350 scene e nel film soltanto venti. Ed è solo una la voce narrante e due i finali. Il personaggio di John (Travolta, il poliziotto corrotto ndr.) è diventato più importante e camaleontico, non solo conduce il gioco ma è un manipolatore, una sorta di burattinaio che esce con più soldi, vincente”. “Mi attirava la sceneggiatura, la più originale degli ultimi anni, e su una questione d’attualità che riguarda non solo il Messico – ribatte Travolta -, una storia fresca, universale, senza luoghi comuni e dove ci sono tutti gli ingredienti che amo in un film. Volevo farne parte perché il mio è un personaggio interessante, tutto da scoprire attraverso ricerca e studio, e dai risvolti inimmaginabili”. “Se mi avesse chiesto di fare un albero, l’avrei fatto – chiosa Salma Hayek -, ma poi ho capito che si trattava di interpretare un grande personaggio e mi sono detta ‘sarà un incubo, sarà qualcosa di terribile’. E ho avuto un’ulteriore sorpresa, ho scoperto che lavorare con Oliver è straordinario”.
“Gli americani devono fare i conti con una guerra alla droga che va avanti da 40 anni – prosegue il regista – ma non funziona, regna la confusione perché non si sa più chi è cattivo e chi no; poi ci sono le guerre sparse nel mondo, in Afghanistan, in Iraq; e io credo che non ci sia futuro nelle guerre. Nel libro, Winslow fa riferimento ai suoi personaggi, ma belve (savages, letteralmente selvaggi ndr.) lo diventano tutti, fanno un salto in un’altra dimensione. Salma/Reina è vedova di un boss della droga, cattolica osservante, e lo diventa per salvare i figli, ed è vulnerabile cercando di proteggere la figlia. Sono come gli squali quando sentono l’odore del sangue. Ben è un botanico, uno scienziato che coltiva la marihuana per scopi medici e usa il business per fare del bene in Africa, ma è costretto a partecipare ad un assassinio, contraddicendo tutti i suoi princìpi. La belva John è un doppiogiochista che ‘parla’ con tutti, il suo è un gioco sulla morale in una storia di sopravvivenza. E’ paradossale che entrambi le parti identifichino l’altra parte come delle belve”.
“Nel cinema contemporaneo è diventato tutto molto oscuro – ribatte Travolta -, tanto da non riconoscere più nessuno. Oliver visivamente si ispira al cinema più vecchio, classico, come quello di Sergio Leone. Nonostante la storia sia cupa c’è una luce accecante e tanti colori; fa vedere i volti degli attori, il vestito blu di Salma. E la guerra è alimentata dal denaro e non vedo una fine in breve. La crisi economica sembra una guerra senza soluzione”. “Sono tempi difficili – chiosa la Hayek ¬-, ma dobbiamo cambiare tutti. Le cose che si fanno devono essere buone per tutti, anziché pensare al proprio interesse bisogna pensare alla comunità. Prima che essa stessa diventi interamente selvaggia”. “Amo essere la musa di sceneggiatori e registi – afferma Travolta -, anche perché non sono mai stato in grado di scrivere. Mi piace recitare un ruolo per menti brillanti, ricercando tutte le possibilità, le sfumature, e riportarlo in vita. Non c’è niente di simile a questo progetto creativo, che è anche meravigliosamente avventuroso”.
“Mi piacciono moltissimo le scelte morali – conclude Stone, a proposito ‘del doppio finali’, uno ovviamente ‘rassicurante’ -, la messa in scena nel deserto è un’immagine straordinaria, molto lontana dal mondo, in cui tutti devono prendere una decisione e scoprire ‘chi è il delatore, la gola profonda’. C’è uno scontro di sentimenti, di attrazione/repulsione, un po’ come nei finali di ‘Duello al sole’ oppure dei film di Leone, straordinari e originali. E qui diventa una sorta di western con tanti elicotteri. Ci siamo molto divertiti con Benicio, attore fra gli attori, ossessionato dai dettagli, e che ha chiesto a Salma persino di dargli lo schiaffo veramente più forte”. “A me, invece, mi ha costretto a lavorare con lo sguardo – ribatte Travolta -, non bastavano le battute dovevo convincerlo con gli occhi”. José de Arcangelo

Nessun commento: