sabato 1 settembre 2012

"La faida", quando antiche 'leggi' condannano gli adolescenti ad un futuro che non hanno scelto

Dall’autore americano di “Maria Full of Grace”, Joshua Marston, un nuovo tragico dramma ambientato ancora una volta lontano dalla sua terra ma sempre nella ‘periferia’ del nostro occidente, anzi nella nostra stessa Europa. Un dramma – prodotto e distribuito da Fandango Portobello e presentato alla 61a. Berlinale Special - che ha radici antiche quanto il mondo e che credevamo ormai superato, anzi cancellato per sempre.
E il film non può che ricordarci, l’esemplare tragedia shakespeariana “Romeo e Giulietta”, anche quando ambiente, situazione e cause siano diverse. Nik (l’efficace debuttante Tristan Halilaj) è un vivace diciassettenne all’ultimo anno del liceo nell’Albania settentrionale, sta vivendo la sua prima storia d’amore con una compagna di classe e pensa di aprire un Internet Point dopo il diploma. Rudina (intensa l’esordiente Sindi Lacej), la sorella, è invece una quindicenne matura e brillante che aspira a frequentare l’università. Ma, dopo una disputa per un terreno locale, il padre Mark (Refet Abazi) viene accusato di omicidio e la famiglia viene implicata in una tanto antica quanto terribile e sanguinosa faida. Le leggi del
Kanun, antico codice civile balcanico del XV secolo, danno alla famiglia del deceduto il diritto di uccidere il primogenito (o qualunque maschio adulto della famiglia) come compenso. A Nik viene immediatamente vietato di uscire di casa, condannato a un isolamento che potrebbe durare anni. La sua ragazza non è disposta ad aspettarlo (in questo non somiglia a Giulietta, ma siamo nel terzo millennio), mentre la sorella è costretta ad abbandonare la scuola e intraprendere il mestiere, nonostante la madre lavori fuori casa, e provvedere alla sopravvivenza della famiglia. Due adolescenti costretti ad affrontare le durezze, le sofferenze e le responsabilità della vita in anticipo, a fare delle scelte e delle rinunce drastiche su una forzata strada verso una maturità e un futuro che non avevano nemmeno immaginato. Una tragedia raccontata con lucidità e senza eccessi, una riflessione per constatare come mentalità arcaiche e ingiustizie siano creati e ‘rispettate’ dall’uomo, condannando i propri figli per odi e vendette, ancora oggi inspiegabili.
La pellicola è un quadro su come antichi usi (leggi?) e nuove tecnologie convivano insieme quanto il passato e il presente, mentre l’uomo non abbia ancora imparato a vivere (in pace) insieme, al di là della politica e delle etnie. Non a caso, dopo il crollo del comunismo nel 1992 in Albania, il Kanun è riemerso come alternativa non sanzionata al sistema legale governativo sovraccarico e intricato. Con una corruzione rampante, corti sovraffollate e il bando nazionale della pena di morte nel 2000, molti albanesi credono che lo Stato non faccia il proprio dovere nel risolvere le dispute o punire adeguatamente i ‘colpevoli’. José de Arcangelo

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