venerdì 7 settembre 2012

Torna 'Bourne' senza Bourne, ma sempre con tanta azione e suspense mozzafiato

Dopo il successo internazionale al botteghino della trilogia sulla saga (ha incassato un miliardo in tutto il mondo) e a grande richiesta dai fan, l’ideatore Tony Gilroy – che era partito dall’universo creato da Robert Ludlum - è stato costretto a prendere le redini, quindi anche la regia, del nuovo episodio. Un nuovo capitolo che, dopo la defezione del regista Paul Greengrass e anche del protagonista Matt Damon, propone anche un nuovo personaggio - altrettanto enigmatico, forte e duro – alle prese con gli oscuri meccanismi e le mortali manovre di governo, servizi segreti e ‘agenzie’ varie.
Ideato e sceneggiato dallo stesso Gilroy, col fratello Dan, “The Bourne Legacy” è sempre un thriller d’azione mozzafiato, che riparte ‘virtualmente’ dallo stesso momento in cui finiva “The Bourne Ultimatum”, ovvero dalla stazione londinese di Waterloo, dove Bourne era coinvolto in una sparatoria e, poi, dal pazzesco inseguimento in auto sulle strade di New York, dove era sul punto di rivelare i crimini del governo statunitense ed è sparito. Il sipario si apre ora – con una sequenza quasi gemella - per rivelare un ulteriore intrigo, un storia sempre complessa e un nuovo eroe che deve lottare per restare in vita quando il suo programma diventa improvvisamente un problema serio e deve ‘scomparire’ senza lasciare tracce.
Infatti, è proprio il ‘lascito’, il risultato e le conseguenze di ciò che è avvenuto precedentemente, da cui scaturiscono le vicende di cui siamo testimoni ora. L’esposizione pubblica di Bourne ha accesso un fuoco che minaccia di bruciare decenni di ricerca e di sviluppo dedicati alla creazione di abili guerrieri e superspie. Esistono vari programmi dell’Intelligence, Treadstone è solo uno dei primissimi messi a punto dalla Cia, ma le azioni di Bourne rischiano di svelare altri segreti, anzi tutti. Aaron Cross (Jeremy Renner) è uno dei sei agenti che appartengono al programma Outcome che, a differenza di Treadstone, è stato creato ad esclusivo appannaggio del Dipartimento della Difesa. Più che ad uccidere, gli agenti Outcome sono stati addestrati a svolgere compiti isolati, ad altissimo rischio, nel corso di un lungo periodo. La scienza comportamentale che costituiva la base della formazione degli agenti Treadstone, è stata potenziata e avanzata, tuttavia, è proprio l’origine comune di questi due programmi a rendere Outcome così vulnerabile.
Il colonnello Eric Byer (Edward Norton), direttore dell’agenzia segreta NRAG (National Research Assay Group) che è al centro del mondo di Bourne, ha costruito questi programmi, ha lottato per farli finanziare e li ha venduti a vari servizi segreti generati dalle vaste operazione di spionaggio nate dopo l’11 settembre. Ma è proprio il suo mondo ad essere minacciato quando la Cia non riesce a contenere Bourne e, consapevole che la caduta di Treadstone renderà noto lo stretto legame tra i due, Byer non ha altra scelta che sacrificare Outcome: eliminare chiunque sia legato al programma, compresi scienziati e agenti. Eliminare il suo programma ‘infetto’ per preservare il resto del suo lavoro. Ma Cross, sfugge alla trappola mortale, e raggiunge la scienziata Marta Shearing (Rachel Weisz), che lavora nel monitoraggio degli agenti, anche lei finita nel mirino… E, come nei capitoli precedenti, protagonisti e personaggi (e spettatori) sono costretti a riflettere su morale ed etica, su scelte e sopravvivenza, su principi e sacrificio, insomma su Bene e Male. Certo meglio non fare paragoni, perché questa è una storia soltanto legata a “Bourne” (che per il momento risulta disperso), il protagonista è sempre un personaggio complesso ma non certo uguale, e questo ‘spin off’ è tutt’acqua del mulino dei Gilroy, nemmeno ispirato ad un nuovo libro. Ma lo spettacolo, tra suspense e tensione, non manca.
Nel cast anche, tra veterani e new entry, Stacy Keach (Turso), Joan Allen (Pamela Landy), Albert Finney (Hirsch), David Strathairn (Noah Vosen) e Scott Glenn (Ezra Kramer). La fotografia è dell’illustre Robert Elwitt, vincitore dell’Oscar per “Il petroliere”, attivo da oltre trent’anni e che ha firmato, tra gli altri, “Magnolia” e “Boogie Nights”. Le scenografie sono di Kevin Thompson, il montaggio di John Gilroy, i costumi di Shay Cunliffe e le musiche di James Newton Howard. José de Arcangelo

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