mercoledì 24 ottobre 2012

Dal libro al film "Io e te" di Bernardo Bertolucci da Niccolò Ammaniti

Un dramma esistenziale ‘minimal’ (la definizione è dell’autore) firmato Bernardo Bertolucci, dal romanzo breve di Niccolò Ammaniti “Io e te” (Einaudi editore), che coinvolge e affascina, chi ha amato e ama ancora il suo cinema e la sua cifra stilistica. Perché, se la storia non è completamente nuova, non è nemmeno il consueto ritratto di ragazzino al passaggio dall’adolescenza alla maturità – di cui il cinema se ne occupa, forse, troppo spesso -, ma dall’infanzia all’adolescenza. Inoltre il ‘punto di vista’ è non solo particolare e originale, e l’opera è anche la cronaca di un rapporto prima inesistente che man mano prende forma, diventa sempre più profondo, affiatato, emotivo e, finalmente, fraterno.
Ritratto di un quattordicenne solitario e 'incompreso', soprattutto da se stesso, il quale decide di andare in 'vacanza' in cantina, mentre la madre è convinta che sia partito per una settimana bianca a Cortina con i compagni di liceo. Presentata 'fuori concorso' al 65° Festival di Cannes 2012, e sceneggiata dallo stesso scrittore, il regista (e anche la moglie Clare Peploe, non accreditata), Umberto Contarello e Francesca Marciano, la notevole opera esce nei cinema italiani cinque mesi dopo l’anteprima internazionale alla Croisette. Sulla scia dei suoi ultimi film, da "L'assedio" (1999) a "The Dreamers" (2003), la nuova pellicola è come e più claustrofobica dei precedenti, visto che è ambientata nel polveroso e oscuro seminterrato di un palazzo signorile romano (la prima volta ai Parioli per un film di Bertolucci), mentre il protagonista, Lorenzo, è invece
‘affetto’ di claustrofilia, ovvero amore per il chiuso. Un ragazzo che ama la solitudine e per il quale la cantina è il rifugio ideale per la sua ‘fuga’ lontano da tutto e tutti. Un dramma coinvolgente e, a tratti, sorprendente sullo scontro-incontro di due solitudini, dove il maestro ritrova le sue costanti, voglia di vita e indifferenza, ribellione e sofferenza, ambiguità e inadeguatezza, anche raccontando sentimenti estremi, al limite dell’incesto (vi ricordate “La luna”?), ma le riscopre con ritrovate freschezza e speranza, rinnovate intelligenza e saggezza. Bertolucci torna, inoltre, a raccontare una storia completamente italiana – né esterni, né location e/o cast straniero – dopo trent’anni, affrontando temi quali crescita e sentimenti, emozioni e disagio, dubbi e scoperte; quindi una storia intimista, personale che diventa universale. L'introverso Lorenzo vive ha dei rapporti difficili sia con i suoi genitori sia con i compagni e per un'intera settimana ha deciso di chiudere fuori dalla porta tutti. Ha organizzato tutto fino all’ultimo particolare ma non ha fatto i conti con il caso: la sorellastra Olivia (hanno lo stesso padre), per lui pressoché una sconosciuta, piomba in cantina alla ricerca di un scatolone con le sue cose e irrompe nella sua solitaria vita rovinando i piani di fuga dalla realtà. Una venticinquenne ex tossica in crisi di astinenza, ribelle, problematica e fragile, e anche lei in cerca di riparo in quell’improvvisato bunker.
La convivenza forzata fa scaturire litigi, discussioni, gelosie e rivincite, ma porta entrambi alla scoperta del sentimento fortissimo, di cui avevano grande paura ed erano invece immensamente bisognosi. L'amore tra fratello e sorella. Bertolucci che non aveva amato l’epilogo del libro, ha cambiato finale, perché la morte di Olivia non solo gli sembrava prevedibile, ma moralistica. Infatti, le tossicodipendenti anche nei nei e nelle commedie vengono ‘condannate a morte’, un po’ come accadeva alle prostitute nei vecchi western. E il film, anziché con lacrime, si chiude con un sorriso, quello di Lorenzo che ha infranto finalmente la sua solitudine, mentre Olivia ha una seconda chance, la possibilità di cambiare vita. Volti nuovi però con il fisico e l’età del ruolo, giusti ed intensi, i giovani protagonisti Jacopo Olmo Antinori, figlio d'arte (il secondo nome è stato preso dal personaggio di "Novecento", quello interpretato da Depardieu) e Tea Falco, fotografa e attrice catanese, scelti tra centinaia; e per la prima volta sul grande schermo da protagonisti.
Completano il cast Sonia Bergamasco (Arianna, la madre), Veronica Lazar (la nonna), Tommaso Ragno (Ferdinando) e Pippo Delbono (psicologo). La troupe tecnica è composta soprattutto da fedeli collaboratori dell’autore: dal direttore della fotografia Fabio Cianchetti al montatore Jacopo Quadri, dallo scenografo francese Jean Rabasse alla costumista Mefka Kosak, dai tecnici del suono Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini alle musiche di Franco Piersanti. 4 - José de Arcangelo Nelle sale dal 25 ottobre distribuito da Medusa in 300 copie

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