lunedì 1 ottobre 2012

Due ragazzi, un sogno e la disarmante 'semplicità' della vita quotidiana in "Un giorno speciale" di Francesca Comencini

Dopo la presentazione ufficiale - in concorso - alla 69a. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, approda nelle sale "Un giorno speciale" di Francesca Comencini, tratto dal romanzo "Il cielo con un dito" (Garzanti Libri) dell'attore Claudio Bigagli – sceneggiato dalla regista con Giulia Calenda -, con Filippo Scicchitano e Giulia Valentini. Un film liquidato in fretta e furia come 'sorpassato' e su una storia 'trita e ritrita', magari senza leggere quello che il film racconta in filigrana, un'amara realtà che colpisce soprattutto i giovani ma che rispecchia la 'brutta fine' del nostro Belpaese, dominato da degrado morale e politico.
Gina (Valentini) e Marco (Scicchitano) sono due giovani decisi a diventare ‘qualcuno’. Si incontrano una mattina in una periferia stralunata alle porte di Roma. Lei ha un appuntamento con un uomo politico che potrebbe mettere una buona parola e aiutarla ad entrare nel mondo dello spettacolo, lui è l’autista – al primo giorno di lavoro – che ha il compito di condurla all’appuntamento. Ma niente va come deve andare e i due si ritrovano a passare insieme una ‘giornata speciale’, nello squallore della quotidianità che li circonda. Certo, non è il film che ci aspettavamo dall’autrice ma bisogna riconoscere il tentativo di mostrare una storia che ormai abbiamo fatto passare come ‘normalità’, perché se politici e uomini d’affari sono corrotti e ‘sfruttatori’ (una parola che ha perso tutta la sua valenza morale e sociale), ci dicono, perché lo siamo tutti. Ma perché? I sogni e le favole si possono avverare solo attraverso l’incubo, spinti dalla disperazione? Forse. "Quella che conduce il film è Gina - esordisce la regista -, ma alla fine c'è un ribaltamento. Per tutta la giornata Marco tende a seguirla ma è più passivo, poi questa forza/debolezza passa dall'una all'altro. Quello che mi ha colpita osservando le bambine, le adolescenti,
è che sono molto più forti dei coetanei. Dopo, arrivate al punto di diventare adulte, di entrare nel mondo, affrontando questo passaggio scoprono che il mondo intorno non è preparato ad accoglierle. Alla fin fine nel confronto esterno, Marco, il ragazzo diventato uomo, ha la possibilità di stare in un mondo costruito più per lui che per lei. La 'coerenza' per me è un concetto molto caro e questo è un film su due personaggi, mi sono innamorata di questi ragazzi, del loro modo di essere, è su loro due che mi sono concentrata. Il tema c'è dietro, forte, necessario. La forza di reagire, Marco l'ha presa da Gina, nella giornata è lei disubbidiente, sfrontata, ribelle per arrendersi alla fine. Questa forza l'ha presa come una spugna da lei". "Ho cercato di non giudicare né Gina né la madre - prosegue parlando dei personaggi -, vuole il bene della figlia Tutta la preparazione iniziale è come un rito di passaggio, tanto da sembrare di non stare capendo cosa sta succedendo veramente, come se dovesse andare quasi ad un matrimonio, il passaggio dall'adolescente alla donna. La madre non lo fa per cattiveria, lo fa perché probabilmente è la 'normalità' di un giorno speciale. Non lo è affatto nel comportamento possibile di normale, pensa che il miglior modo di lanciare la figlia sia questo, per farla esistere, per poter fare qualcosa. Ho visto e io mi sono interrogata su questo, anche come madre, per capire e capirci tutti quanti che vale la pena di non rimuovere. Forse il film a Venezia è stato molto legato al Bunga bunga, speriamo che sia ormai alle nostre spalle, ma non rimosso. Ma non è legato solo a quello lì, anche ad un'idea di etica pubblica. Noi adulti, i 'vecchi’ - inclusi politici, amministratori, quelli che ci rappresentano – dobbiamo pensare quale valore hanno le vite di ragazzi come loro. Al di là di ciò che ha appiattito il film". "Il caso della scelta produttiva (indipendente ndr.) non è stata un obbligo – dichiara -, ma è andata di pari passo con la scelta artistica, e l'ho fatto con questa libertà. E per farlo sono arrivata sull'orlo dell'abisso, perché è stato difficilissimo da montare ". "Da questa incursione nella città - ribatte Laura Degli Colli, presidente del SNGCI - viene fuori un ritratto di Roma un po' diverso, molto forte quest'anno al cinema (Woody Allen incluso). Anche perché nel raccontarla non deve essere scontata, e quella del film non è una periferia solo al sangue. La città è un'altra protagonista".
"Ho pensato a Filippo dopo aver visto 'Scialla!', ho chiamato il regista e poi lui e ci siamo parlati. E' stata una folgorazione, Marco era lui! Anche se non ero ancora sicura che avrei fatto il film. Per il casting ho fatto dei volantini in cui cercavo ragazzi ventenni per fare un film, e li ho messi nelle bacheche delle scuole, delle palestre, delle scuole di danza. Le ho lette tutte le mail e tra di loro c'era la risposta di Giulia. Ci siamo messe a chiacchierare e mi è sembrata giusta, anche se non aveva mai recitato. Le ho dato una scena molto lunga per un provino con Marco/Filippo e l'ha fatto benissimo. La mamma di Giulia nel film (Daniela Del Priore ndr.) è una parrucchiera. Anche Rocco (Miglionico, altro giovane interprete ndr.) l'ho trovato in un negozio da parrucchiere, è diplomato al conservatorio e ha fatto una cantata mentre pettinava una signora. Ho sentito centinaia di ragazzi, e alla fine dell'incontro ho fatto a tutti la domanda: 'tu politicamente come la pensi? Hai un partito di riferimento?' Tutti hanno risposto in modo unanime: 'A me non me ne frega niente, si scannassero fra di loro". "Anche quando è toccata a me la risposta è stata quella – conferma Schiccitano -, nel complesso, in generale la risposta è quella, perché i giovani pensano ai loro festini, alla corruzione, tralasciando la politica. Nasce da un principio sbagliato, i giovani osservano e si ritrovano a giudicare, è istintivo. La politica è importante ma, forse, non ci andranno nemmeno più a votare, perché si passa alla fase passiva, che è la cosa peggiore di tutte. Ma bisogna combatterla".
"Riuscire a guidare è stata la parte più difficile - confessa il diciottenne Filippo che ha preso la patente da poco -, ho fatto l'esame tre volte. Il primo a dicembre è andato malissimo, al secondo - quando mi hanno confermato che sarei stato io Marco - sono stato bocciato per un errore. Alla fine del provino, ho detto ho quasi 18 e Francesca mi ha chiesto 'Ce l'hai la patente?' E poi finalmente l’ho presa. Ora ho quasi 19, ma era soprattutto il direttore della fotografia che non si fidava". "Poi guidava benissimo - ribatte la regista -, visto che giravamo con un camera Red Epic, digitale di ottima qualità, e spesso dal portabagagli". "Sto come ero prima, oggi non ho nemmeno la voce - afferma Giulia, cresciuta Tor Bella Monaca -, ma non ho passato attraverso questa esperienza, però nella vita reale mi è stato chiesto di cedere, di fare dei compromessi, e ho detto sempre di no. Credo che, comunque, qualcosa riesci a fare anche se non vai a letto con qualcuno. Secondo me, succede sempre con le donne che rimangono incinte molto presto – a proposito della madre del film -, e non sono riuscite a fare quello che volevano. La madre ha avuto la figlia giovanissima e ha dovuto rinunciare al futuro che lei voleva, forse aveva voluto fare l'attrice, ed è per quello manda me/lei. Credo che quelle che diventano madri molto presto non hanno un valore del sesso e dell'amore, e pensano 'posso avere qualsiasi cosa col sesso'. Io, invece, ora sono riuscita ad entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia".
"Secondo me – afferma Claudio Bigagli -, nel personaggio di Gina c'è una reazione indiretta attraverso la sua esuberanza. E’ diverso nel libro, scritto da un uomo, la ragazza alla fine ha un gesto di ribellione che si intuisce lungo tutto il racconto. Francesca, con tutta la sua libertà, ha interpretato la storia e nell'essenza mi riconosco pienamente, e sono felice della sua scelta. Un altro fatto sorprendente, è che la ragazza, vista da una donna, apparentemente questa ribellione l'ha messa dentro questa sua esuberanza, una forza che è più avanti del ragazzo, ma diventa più vulnerabile quando viene ferita. E’ più forte, nella realtà è difficile avere una reazione così, perché di solito chi subisce accetta. Questa ribellione sotto traccia lei ce l'ha, è qualcosa di animalesco che usa per poter cambiare la sua situazione, la sua vita: nella realtà lo si dovrebbe fare studiando, oppure facendo altro, ma nella nostra società i giovani sono costretti a cercare altrove". "Ho visto in ritardo Bellocchio ("Bella addormentata" ndr.) e l'ho trovato stupendo, molto bello. Da vero maestro ha fatto quello che ho tentato di fare anch'io, affrontare un argomento che ci ha scossi tutti quanti, tornando su una riflessione cinematografica molto poetica, guardare in faccia quello che è intorno a noi, decodificarlo in modo più profondo. Non è affatto dietro di noi, il rapporto maschi potere e ragazze, al di là del bunga bunga, esiste. C'è una frase del Talmud che dice 'la colpa è come la neve, ci ricopre tutti'. Gina è figlia del nostro paese, ha vent'anni, cose che loro hanno interiorizzate sono ricoperte di neve. Colpa anche di quello che ha fatto una certa televisione, rendendo normale ciò che normale non è.
Credo che siano temi su cui ognuno deva tornare con le sue chiavi interpretative. Quale regista avrebbe immaginato quelle immagini in cui le ragazze baciano uomini mascherati con teste di maiale, quella immagine è passata dappertutto, tutti i ragazzi le conoscono. Nel mi ultimo percorso ho cercato di farlo con la parola chiave, quella della 'semplicità'. Penso che con la maturità, forse, sono riuscita a fare un film molto semplice, in cui il mio occhio doveva solo 'indagare'. Mi hanno fatto i complimenti dicendomi ci è sembrato di 'essere attraversati da un momento di vita'. Un qualcosa che con l'ambizione artistica cerco di arrivare al pubblico, attraverso aspetti documentaristi, da appassionata della realtà ma non del realistico. E riuscire a comunicarla è un grandissimo lavoro, un passaggio in più della semplicità che io cerco". Quindi questa disarmante attualità, la quotidianità, è quella che porta fuori strada, forse, lo spettatore, perché è quella che sfioriamo ogni giorno, spesso con indifferenza e che, appunto, accettiamo come normalità e la tiriamo dietro le spalle. “Quando i film sono di stretta attualità invecchiano subito – dice la Degli Colli -, ma infatti questi film non sono sul bunga bunga, caso Eluana (Bellocchio), GF (‘Reality’ di Garrone), ti entra dentro perché è accaduto drammaticamente, producono un sistema. Secondo me questi film dicono molto, ognuno nella sua parte”. "Questi argomenti sono legati alle immagini – riprende l’autrice de “Le parole di mio padre” e “Lo spazio bianco” -, e il mio mestiere è fare immagini, è una saldatura dolorosa e molto sentita; qualcosa in questo paese ci è cambiato sotto gli occhi, provare a farne qualcosa, lo sento come responsabilità maggiore. Proporre belle immagini perché quello che ha ricoperto questo paese sono proprio brutte immagini. Un ribaltamento delle immagini usando lo stesso linguaggio dello spazio di cinema".
"Conoscevo Claudio – dice a proposito del romanzo di Bigagli - perché l'avevo visto al cinema come attore, e quando ho letto il libro l'ho chiamato, perché da un po’ non trovavo la chiave del film e l'ho trovata proprio nel suo libro". "La scarpa – ribatte l’attore-scrittore, a proposito di un rimando alla favola, a ‘Cenerentola’ - è molto presente nel libro, e mi riconosco nello spirito che Francesca ha dato al film; in questo percorso è bello mettersi nelle mani di un regista, perché interpreta la storia a modo suo, rispettandone lo spirito. E il romanzo finisce proprio con l’immagine di due scarpe su una spiaggia". “Non sono ottimista – afferma la regista di “Mi piace lavorare” -, ma cerco di reagire, lo faccio prima come cittadina poi come regista, a volte insieme, c'è una speranza (di un cambiamento ndr.). Sento la responsabilità creativa di mostrare la sua risposta (a proposito del finale sospeso ndr.), mi confronto con gli sceneggiatori, col produttore, e ci sembrava giusto lasciare un'incertezza, finire con un'immagine così semplice: il tavolo vuoto, la televisione. Avevo girato altre scene in cui lei si affaccia, ma mi sembrava giusto chiudere su una ragazza bellissima, ferita nella sua bellezza, davanti alla tivù, mentre qualcuno sta cercando di risvegliarla da questo torpore, credo rappresenti il nostro paese. Mentre la tivà urla Dai rispondi, dai ce la facciamo”.
“Sono contento di aver lavorato con una produzione indipendente come Palomar - dice il produttore Carlo Degli Esposti - e che abbia deciso di fare da sola il film. Un argomento del genere era giusto misurarlo da autore e da produttore senza mediazione, senza una prevendita o coinvolgimento di altri che poteva condizionare il tutto. Speriamo venga coronato da un risultato positivo al botteghino. Una nota amara viene da Venezia, in cui lo si dipingeva come film sorpassato, ma spero non sia l'ennesima rimozione del tessuto di vita del paese. Di questi ultimi vent'anni di degenerazione nel rapporto politica e giovani ragazze, porteremo i segni nei prossimi anni, e si potrà risolvere solo se ci ragioniamo su". "Detesto la parola bunga bunga, il fatto che mio figlio di 13 anni la conosca, sono parole entrate a far parte del lessico quotidiano; e un certo fastidio in parte c'è anche in questo, credo che se vogliamo tornare ad una normalità democratica dovremo fare da noi. Nel cinema bisogna accettare i diversi ruoli,registi, critici, e io non mi esprimo mai sulle critiche. Mi dà fastidio pensare alla ‘rimozione’, che quello che è accaduto l'anno scorso, adesso sia ormai dietro di noi. Dobbiamo lottare perché ci sia uno spazio di riflessione attraverso l'immagine, perché è successo, ma ce ne dobbiamo ricordare ancora fra vent'anni".
Dopo 'Scialla' abbiamo dato una menzione alla giovane rivelazione Filippo Scicchitano, di cui si diceva che sarà ‘il nuovo Mastroianni’ – ricorda la Degli Colli -, abbiamo puntato su di lui subito, speriamo continui a crescere. Quest'anno, invece, Giulia comincia a crescere". Il giovane protagonista ringrazia, anche se il paragone gli sembra eccessivo, ma conferma di guardare spesso i film del grande attore-divo e la commedia all’italiana degli anni d’oro. Il film vanta una troupe di ottima qualità che la stessa autrice ha segnalato e ringraziato. Dal direttore della fotografia Luca Bigazzi alla scenografa Paola Comencini (sua sorella); dai montatori Massimo Fiocchi e Chiara Vullo alla costumista Ursula Patzak. Le musiche originale sono di Ratchev & Carratello. La pellicola, prodotta dalla coraggiosa Palomar, esce giovedì 4 ottobre in 50 copie, distribuita da Lucky Red. José de Arcangelo

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