venerdì 19 ottobre 2012

La vera 'pulp fiction' dura e cruda è lo specchio della realtà contemporanea in "Cogan" di Andrew Dominik con Brad Pitt

Dal romanzo “Cogan” (Cogan’s Trade) di George V. Higgins (Einaudi Stile Libero), una commedia thriller omonima, anzi una vera e cruda ‘pulp fiction’ da grande schermo sceneggiata e diretta da Andrew Dominik. Non a caso i libri di Higgins erano stati pressoché dimenticati, perché considerati dozzinali e, soprattutto dal cinema, dopo il fiasco al botteghino del bell’adattamento del 1973 firmato Peter Yates de “Gli amici di Eddie Coyle” (considerato in GB, nel 1985, tra i venti migliori romanzi americani del dopoguerra ), con Robert Mitchum, che - vedendolo in tivù - aveva colpito Dominik per il “realismo dei personaggi, delle situazioni e dei dialoghi”.
Infatti, non si trattava di una trasposizione non riuscita ma di una pellicola forse in anticipo sui tempi, dato che allora la violenza al cinema stava diventando parte della rappresentazione della realtà, attraverso i film di Peckinpah e Friedkin; mentre da noi trionfava il ‘poliziottesco’, dove la violenza era spesso gratuita. Come dall’altra parte, il libro non era un poliziesco di serie zeta come si poteva pensare, ma diventava una sorta di metafora della realtà, valida ancora oggi, tanto che – fra spietata crudeltà e gelida ironia – il regista ha ‘scoperto’ quest’altro romanzo (tra dieci ritrovati nelle bancarelle dell’usato perché non rieditati finora) e ha puntato su questo versante, grazie a un ottimo cast capeggiato da un sorprendente Brad Pitt – già protagonista del suo lavoro precedente “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford -, qui anche in veste di produttore, visto che si tratta di un film indipendente e a basso costo.
“All’inizio l’ho immaginato come un film drammatico – confessa Dominik -, ma più mi ci addentravo, più mi sembrava la storia di una crisi economica (e vedendo il film lo spettatore pensa la stessa cosa ndr.), una crisi dell’economia criminale basata sul gioco d’azzardo e provocata da una mancata regolamentazione. In altre parole, una versione in scala della situazione attuale in America”. Non solo, appunto, visto i ‘giochi’ finanziari virtuali che, in gran parte, hanno provocato quella globale. Non a caso niente è più micidiale delle ‘guerre’ scatenate dal potere dei soldi. “Ho pensato ad una pellicola popolata da persone sempre in cerca di soldi – conferma l’autore -, senza una vaga idea di quanto siano infelici, che detestano il loro lavoro, vessate da capi indecisi e incompetenti che si anestetizzano con droga, sesso e alcol, che non guardano mai le loro vittime negli occhi e ho pensato deve essere una commedia”. Nerissima, ovviamente, zeppa di corrosivo cinismo e corrosiva ironia, dall’humour più caustico, cupo e pessimistico.
La storia è presto detta, perché quel che conta sono i personaggi, le situazioni e, di conseguenza, la riflessione. Non a caso, il regista ci fa arrivare tramite schermi televisivi (e altro) disseminati lungo il percorso dei protagonista, tra bar, uffici, alberghi e case, i discorsi di Bush e Obama, sulla situazione politico-economica dell’ultimo decennio, o quasi, che fanno da contrappunto alla guerra tra criminali. Due ragazzi sbandati, Frankie (Scott McNairy, che rivedremo in “Argo”) e Russell (Ben Mendelsohn, da “Animal Kingdom” a “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”) che credono di essere in gamba, compiono una rapina per conto di un terzo – Johnny Amato (Vincent Curatola) - a una partita di poker protetta dalla mafia, provocando il collasso dell’economia criminale locale. Per scoprire gli autori del colpo e riportare l’ordine tra gang viene ingaggiato un freddo killer professionista, Jackie Cogan (Brad Pitt). Naturalmente, le ‘indagini’ e la soluzione del caso lascerà una lunga scia di sangue e cadaveri.
“Credo che i film sulla criminalità – conclude il regista – siano fondamentali per il capitalismo, perché mostrano il funzionamento della teoria capitalista nella sua forma base. Inoltre è l’unico genere in cui viene totalmente accettato che i personaggi agiscano spinti solo dalla brama del denaro. Niente stronzate sulla morale come ‘valori della famiglia’ o ‘segui il tuo sogno’”. Vi ricorda qualcosa? Soltanto la sempre più inquietante realtà che ci circonda da tempo e principalmente oggi. Nel bel cast anche James Gandolfini (Mickey), che ogni volta sorprende di più; il caratterista di lusso Richard Jenkins (Driver); il redivivo e invecchiato Ray Liotta (Markie Trattman), Trevor Long (Steve Caprio), Max Casella (Barry Caprio) e, in un ruolo cameo, l’attore e drammaturgo Sam Shepard (Dillon).
Ottima l’ambientazione di “Kill Them Softly” (titolo originale) - in una cupa New Orleans che il regista ha scelto al posto di Detroit perché più funzionale alla storia e alla realizzazione -, firmata dal direttore della fotografia Greig Fraser (da “Bloody Story” a “Biancaneve e il cacciatore”), dalla scenografa e costumista Patricia Norris e dall’arredatore Leslie Morales. Il montaggio è stato curato da Brian A. Kates e John Paul Horstmann, mentre le musiche sono di Marc Streitenfeld e la supervisione di Rachel Fox. Nella colonna sonora “The Man Comes Around” di Johnny Cash. José de Arcangelo 4 stelle su 5 Nelle sale dal 18 ottobre distribuito da Eagle Pictures

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