lunedì 19 novembre 2012

"Il peggior Natale della mia vita", una commedia all'italiana 'sofisticatamente' catastrofica

"Il peggior Natale della mia vita" è una sorta di sequel de "La peggior settimana della mia vita", quindi, squadra vincente non si cambia. Stesso regista, Alessandro Genovesi, stesso protagonista, Fabio De Luigi (anche autore del soggetto), ed entrambi sceneggiatori per una commedia natalizia che però arriva in sala il 22 novembre in 500 copie distribuito dalla Warner Bros. e prodotto sempre da Colorado
Film in collaborazione con RTI e Film Commission Vallée d'Aoste, in associazione con Banca Popolare di Vicenza ai sensi delle norme sul tax credit. In anticipo rispetto alla feste ma sperando di restarci, visto il successo del precedente, circa dieci milioni di incasso. Una commedia gradevole (niente più), non esilarante ma dalla comicità 'catastrofica', nel senso che il protagonista è uno che, involontariamente, combina solo disastri. I riferimenti sono illustri, però De Luigi non è Peter Sellers e, quindi, la sua comicità stavolta non fa centro. Tre giorni prima di Natale, Giorgio (Antonio Catania), sua moglie Clara (Anna Bonaiuto) e la loro figlia Margherita (Cristiana Capotondi) approdano nel castello di Alberto (Diego Abatantuono) per passare le vacanze, mentre Paolo (De Luigi), il marito della giovane (si erano sposato nella precedente pellicola), li raggiungerà in un secondo momento. Il castello (vero) è un piccolo gioiello tra le pendici innevate del Monte Rosa che Alberto ha acquistato e restaurato di recente, dopo essere scampato a una malattia per cui tutti lo davano per spacciato. Infatti, Alberto pensa di lasciare a Giorgio, già suo vice, il comando dell'azienda, tanto che l'amico è molto teso, sia per la promozione 'amicale' che per l'imminente arrivo di Paolo, oltre che per la gravidanza di Margherita, anche se manca qualche settimana al parto. Al castello c'è anche la figlia single di Alberto, Benedetta (Laura Chiatti), anche lei incinta e amica di vecchia data di Marghe. E l'arrivo di Paolo si annuncia come una sorta di tsunami irrefrenabile... "Sono contento di essere rimasto 'vivo' - afferma Abatantuono -, ho capito che interpretare un tipo ottimista a tutti costi porta bene, anche se non tutte le cose non sono fantastiche, ora mi sento diverso, sono cambiato dentro, questo è il risultato de 'Il peggior Natale della mia vita'."
"Confrontandomi con Fabio all'inizio - dichiara il regista -, l'idea mi è piaciuto, raccontare una storia natalizia in una commedia su quest'aria particolare che ricorda quando eravamo bambini. Ho cercato di raccontare una fiaba dal contenuto comico che aprisse una strada verso un mondo reale, perché succedono delle cose reali anche leggermente esagerate all'interno di un mondo di fantasia. Questa era la sfida, riuscire a trasformare anche il cast, con nuovi arrivi che andassero ad arricchire la storia, con un piccolo argomento sottonerraneo come nascita e morte che è archetipa, questa è stata più o meno la prassi. Lavorare con archetipici ma non solo in superfecie ma andare, senza caricare troppo, leggermente in profondità". Incitati dai giornalisti poi, gli interpreti cercano di raccontare il loro 'peggior Natale', anche se la maggior parte lo associa alla 'scoperta' di Babbo Natale. "Quando ero militare, una storia tristissima - confessa Catania -, un Natale da caserma, con panettoncino e spumante; il migliore per me è in famiglia. Bisognerebbe formare una famiglia perfetta e poi affittarla, con mia moglie no". "A 6 anni - ribatte la Capotondi -, la vigilia ho sentito un rumore, mi sono alzata da tavola e ho visto il fratello di mia madre con la bicicletta e mi sono convinta che mio zio era Babbo Natale. E poi ho capito che non esisteva e ho detto una parola molto grossa che avevo imparato dalle orsoline". "Tutti e due - chiosa De Luigi -, anche se io dico che ho scoperto che Babbo Natale non esiste soltanto l'anno scorso". "Io cerco sempre le empatie con le cose che scrivo - dichiara il regista -, quindi per me è stato l'anno scorso".
"Quando ho perso una persona molto cara - dice la Chiatti -, perciò il peggior Natale è stato lo scorso anno. Certo, anche da bambina quando ho scoperto che non c'era Babbo Natale, a 10 anni". "Il film è nato dalla bontà di Alessandro e di Maurizio Totti (produttore con Alessandro Usai ndr.) – dichiara De Luigi -, ed è firmato in gran parte da Genovesi, il quale ha stabilito una collaborazione che ho condiviso fin dall'inizio. C'è stata una sintonia immediata, nel cercare il tono giusto per raccontare questa storia, e proseguita anche durante la lavorazione film, anzi per tutto il processo creativo". "Ho visto l'altro film di Alessandro e ho constatato che c'erano gli spunti surreali e grotteschi della precedente – ribatte la Bonaiuto -, dall'ambientazione realistica ma animata da maschere. Il protagonista è il tipico combinaguai, la figlia è la ragazza che vuole una famiglia 'normale', la madre invece non vuole diventare nonna. Alessandro ha voluto dar vita ad un tipo di commedia surreale basata sugli equivoci e sulle situazioni paradossali; avendo lavorato a lungo come attore e autore teatrale ha puntato su un rapporto divertito con i suoi interpreti e sulla precisione dei tempi comici. Lavorare sopra le righe e sul grottesco è interessante". "Sono diverso da prima - ribatte Abatantuono -, raramente mi sono sentito così, non mi è mai successo. Ho cambiato carattere grazie a Fabio e Alessandro. Ero ancora in terapia con Ale, ma non possiamo dirvi quello che abbiamo detto. Ogni film è un viaggio, e con una bella storia e fare un film anche con diverse attrici con cui non avevo mai lavorato è un vantaggio, speriamo di esseci riusciti".
"Ho conosciuto Diego - dice Catania -, e sono d'accordo sul discorso delle maschere perché lo diventiamo anche durante le feste. Non c'è più la famiglia tradizionale: il padre è un po' all'antica, segue tutta la tradizione natalizia, del matrimonio della figlia. I genitori vorrebbero i figli a loro immagine, una famiglia come hanno avuto loro. E' un po' una macchietta/maschera che, nello sforzo di normalizzare tutto, diventa un po' ridicolo, ma getta la spugna davanti alla potenza devastatrice, con l'imbranatossità del protagonista". "Sono un po' lagnosa - conferma la Capotondi sul suo personaggio -, e sulla maternità so poca roba, quello che ho sentito dire alle madri, però Margherita deve affrontare la scheggia impazzita del marito, mentre la famiglia concentrata sullo scopo di questa festa, la promozione. Io ho deciso di non vedere il film prima, ma in sala. E' favolistico, ma sicuramente la nascita porta gioia, anche se lei dice al marito quando prende la neonata: ti prego stai attento". "La chiave del film è il realismo nell'iperrealtà del fatto che raccontiamo - prosegue -, ma io non ho fatto scuole di recitazione, ma l'università. La felicità è leggere copioni la cui chiave è il divertimento senza volgarità, e dover arrivare a divertire comunque".
"Spero di aver fatto una fiaba comica - aggiunge De Luigi -, con l'effetto copertina, invece degli occhialini 3D, noi daremo la copertina (di lana ndr.) da mettere sulle gambe", scherza visto che nel film nevica di continuo. "Dopo Verdone (‘Io, loro e Lara’ ndr.) ci voleva un ruolo comico in una commedia ricercata - afferma la Chiatti -, una sceneggiatura molto carina che ho letto in mezz'ora in treno e ridevo come una pazza. Dalla scrittura al film diventa più difficile, ma è un grande stimolo in più, anche se non avevo visto l'altro film prima ma dopo. Con Cristiana siamo cresciute insieme professionalmente ma non avevamo mai lavorato prima; poi c'era Fabio. Un'esperienza molto formativa con un gruppo di lavoro pazzesco. Io sono molto materna e poter raccontare due gravidanze diverse, la mia drastica, perché sceglie di portarla avanti da sola, rispetto a quella di Cristiana che è molto più semplice, comune". "L'intenzione di tutti è far ridere senza parolacce - conclude Abatantuono su 'cinepanettone' e non -, nessuno in passato ha voluto scegliere questo percorso, ma si potevano fare film senza parolacce soprattutto a Natale. Chi invece li faceva, ha continuato a farlo finché il pubblico gli ha segnalato che, forse, non è più il caso. Per noi il risultato è più tangibile, divertente, bello nella confezione, senza parolacce, con l'intento che arrivi (resti al botteghino ndr.) fino a Natale".
"Non c'è stata contrapposizione - ribatte Genovesi con 'l'altro' film natalizio -, semplicemente perché penso di scrivere cose in maniera differente da altri. Grazie al cielo ho avuto la grossa occasione di poter fare un film natalizio - e ci sono tantissimi e di bellissimi -, nessuno ha pensato a delle etichette che potesse avere, non ha mai pregnanza con la realtà. Non ci sono riferimenti sociali, mira ad una cosa un po' eterna, senza presunzione, perché è una questione di codice". "Nessun intento di contrapposizione - ribatte il coproduttore Usai -, in passato noi abbiamo fatto 'Kamikazen' e gli 'altri' 'Yuppies'; poi 'Puerto Escondido' e gli altri 'Sognando California'. Il nostro film non è tipicamente italiano, abbiamo cercato di mettere insieme delle persone che potessero lavorare per affinità. Abbiamo presentato Fabio a Genovesi e hanno un modo molto affine di gestire la comicità. Sono molto ottimista, poi vedremo". "Non abbiamo preoccupazione sugli incassi – continua -, non lo colleghiamo al numero di parolacce, al di là della commedia natalizia volgare o non. E' un problema di format, se funziona cerchi di portarlo avanti. Un buon film non ha paura degli incassi". "Sono contento di far ridere in una forma bella - aggiunge De Luigi -, come anche le immagini. Un film deve far divertire in qualche modo, l'ho scritto in modo di trovarmi a fare un tipo di comicità che diverte anche a me, quando ho visto l'originale televisivo inglese (da cui è tratta l'idea ndr.) mi divertivo come un pazzo".
"Non è stato facile girare nel castello - conclude il regista -, la produzione ci aveva datto sei settimane che poi sono diventate sette. Perché abbiamo dovuto 'portare' tutta le neve che vedete, perché quando ci serviva sul set arrivava un sole primaverile, così i camion portavano la neve, perché tutto quello che vedete ha avuto pochissimi interventi in digitale. All'inizio facevo fotografia, poi ho fatto l'attore in teatro, perciò con gli attori riesco a fare meglio. Cerco di pormi in un certo modo perché tutti hanno lavorato più di me, hanno fatto più film, e questo lavoro si fa tutti insieme, è la cosa particolare che ha il cinema. Io mi sono sentito accettato, perché se a loro piace quello che fai sono propositivi, è la condizione migliore per lavorare. Un lavoro aggiunto a quello che poi verrà fuori. Inoltre, ad attori come loro è stupido limitarli alle battute imparate a memoria. Certo, la recitazione va pilotata e gestita, ma non è facile. Loro sono tutti pezzi da 90, così metto da parte la mia visione creativa del mondo, ci si incontra, loro lasciano da parte l'essere delle star. C'era un grande freddo, un ambiente da ricreare, una casa. Il film è nato girando, sono stato fortunato perché ho lavorato in condizione produttive e umane ideali". "C'erano tanti castelli medioevali - dice Usai -, molto umidi e abitati, ma a primavera fa più freddo; poi abbiamo trovato questo da mettere a posto, non aperto al pubblico, e che dovevamo lasciarlo come l'abbiamo trovato. Ma, nonostante Fabio in casa, serviva la neve che se c'è c'è, altrimenti la devi rimediare e così ci sono voluti i camion. Comunque, niente di eroico, è stato molto più semplice di Argo".
"Quando ho letto la sceneggiatura ridevo come un pazzo - dichiara Pivio De Scalzi, autore delle musiche col fratello Aldo -, ho ripetuto le note come un Django Reinhardt scalcinato, e stavolta con un'orchestrazione più complessa, per cui sono stati aggiunti un po' di fiati. E' stato semplice perché Alessandro è stato preciso dandoci indicazioni molto forti per poi lasciarci andare. Anche Andrea Mingardi (nel ruolo di Dino, il padre di Paolo ndr.), su nostre sollecitazioni, ha riveduto e corretto i suoi standard, e anche dopo continuavamo a dare indicazioni. Il risultato è notevole". Nel cast anche Dino Abbrescia (Pino, il maggiordomo), Ale & Franz (truccatore e becchino) e la giovanissima cantante Rachele Amenta ( figlia di Dino) José de Arcangelo

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